di Angelo Peretti
Ebbene sì, ho bevuto un vino fatto con un’uva che si chiama cividin. Non so quanti siano al mondo a fare un vino con il cividin, ma io l’ho bevuto, quel vino, ed è un vino bianco che mi è veramente piaciuto tanto tanto.
A fare il vino col cividin è un vignaiolo che si chiama Emilio Bulfon e sta a Valeriano, dalle parti di Pordenone, nel Friuli, e se ci fosse un Nobel per i vignaioli lo meriterebbe lui, perché da anni si è messo in testa di recuperare le vecchie varietà di vigna che si coltivavano un tempo da quelle parti e le ha tirate fuori dai boschi e dai rovi e le ha riprodotte e coltivate e ci fa dei vini che sono unici (non so quanti altri coltivino il cividin, oppure l’ucelut, il piculit-neri, lo sciaglin e il forgiarin, che sono le altre uve cui ha ridato dignità) e che sono buoni, a volte anche molto buoni, come in questo caso.
Era da anni che non ribevevo i vini di Emilio Bulfon. Li ho ritrovati per caso qualche giorno fa. Ero a Pordenone per un convegno e parcheggiando, a sera tarda, ho visto che nel negozio in fianco all’albergo dove alloggiavo c’era un negozio che aveva in vetrina proprio i suoi vini. La mattina, alle 8.30 in punto, orario di apertura, mi sono presentato in bottega per comprarli. Volevo i rossi, che mi ricordavano interessanti. Siccome i rossi erano cinque e la confezione per trasportarli era da sei, ci ho fatto mettete anche un bianco. Ora sono qui a benedire il fatto che la confezione fosse da sei e che ci abbia dovuto mettere anche un bianco, questo bianco, il Blanc di Sanzuàn, il bianco di san Giovanni.
Ecco, appena l’ho versato, annusato, assaggiato, ho preso in mano la bottiglia e l’ho guardata perché credevo di essermi sbagliato. Accidenti, se me l’avessero servito alla cieca l’avrei scambiato per un bianco della Valle del Rodano, tutt’al più della Languedoc.
Eh, sì. Polposo di frutto maturo senza però essere grasso, e poi freschissimo e vibrante, perfino salato, secco (bene!), di lunga persistenza nel palato. Una meraviglia, uno di quei bianchi che piacciono e me, e perfino senza l’eccesso alcolico di troppi bianchi che si fanno oggi in certe parti bianchiste d’Italia. Uno di quei vini che non parlano le lingue consuete dell’enologia contemporanea, che non hanno qualcosa, a mio avviso, che gli si possa paragonare in altre zone viticole nazionali e neppure, permettetemelo, nella sua area d’origine, nei vigneti friulani. Un unicum, ma un unicum proprio, proprio buono, che sa di antico e che è dunque modernissimo, e non sto giocando con le parole.
A proposito, sul sito di Bulfon leggo che la vigna è nel comune di Pinzano al Tagliamento, provincia di Pordenone, la zona del Friuli Grave, per capirci (ma questo è un “vino bianco”, che una volta si sarebbe detto un “bianco tavola”, fuori denominazione), colline dell’area pedemontana del Friuli Occidentale. Il sito dice anche che è un “uvaggio di uve bianche con prevalenza di uva da vitigno cividin”. Io ripeto che va bevuto.
Ho solo un problema, ora, ed è che chissà quando ci torno a Pordenone per comprarmene ancora. Se vi capita, provatelo, fate il possibile per provarlo, ché ne vale la pena. Almeno, io penso che ne valga la pena.
A proposito: i vini di Bulfon li ho pagati, in negozio, 8 euro l’uno. Vedete voi.
Blanc di Sanzuàn 2016 Emilio Bulfon
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