di Andrea Petrini
A Gaiole in Chianti, nel cuore del Chianti Classico, Bertinga è una delle realtà vitivinicole più giovani e, a guardare bene le sue caratteristiche, potrebbe essere descritta aiutandoci con le dita di una mano: un territorio, due vitigni, tre vigneti e quattro vini.
Adagiata su colline che arrivano a sfiorare anche gli 800 metri s.l.m., l’azienda, attualmente capitanata da Luca Vitiello (direttore commerciale), Elisa Ascani (direttore di produzione) e dall’agronomo David Picci, dispone attualmente di circa 17 ettari di vigneto, in conversione biologica, suddivisi in tre località: Bertinga, appunto, Vertine e Adine.
Il corpo principale, come facile pensare, si trova in località Bertinga, ai piedi del borgo di Lecchi in Chianti, e il suo toponimo sembra risalga agli insediamenti Longobardi del VI sec d.C. facendo riferimento ad antico proprietario di nome “Berto”, da cui “Le Bertinghe” e, più di recente, “Bertinga”.
Nome a parte, si tratta di una alta vallata suddivisa in cinque parcelle, i cui suoli, di origine eocenica (50 milioni di anni fa), sono di colore chiaro, marno-calcarei, compatti, pesanti e “freddi”, dove il Sangiovese e il Merlot danno il meglio di sé. La vallata offre diversi orientamenti e in particolare gli appezzamenti rivolti a nord sono proprio quelli maggiormente argillosi dove il Merlot ha trovato il suo habitat ideale.
L’appezzamento di Vertine, quello più settentrionale, conta 3 ettari, completamente esposti a sud. Si trova ai piedi dell’omonimo Castello, è un vigneto, diviso in 3 parcelle, che insieme disegnano un ventaglio. Qui la pendenza è molto severa, tanto che i piccoli trattori utilizzati per le attività agronomiche in vigna riescono con difficoltà a risalire la china.
Ad Adine si trova infine il terzo corpo e anche la cantina. Le viti di questi ulteriori 4,5 ettari (altri 3000 metri quadrati sono in fase di impianto) sono unicamente destinate al Sangiovese le cui piante, con esposizione sud/sud-ovest, sono piantate su suoli di origine marina talmente ripidi che sembrano precipitare letteralmente ai piedi della cantina, oggi in fase di ampliamento, che risulta completamente mimetizzata grazie ai materiali con cui è costruita ovvero pietra e corten, dal caratteristico col ruggine.
La cantina, diretta dal winemaker Stéphane Derenoncourt, affiancato da Romain Bocchio, prevede una zona vinificazione composta da tini di acciaio termocontrollato e vasche di cemento, mentre alla maturazione sono dedicati botti grandi, tonneaux di rovere austriaco e barriques di rovere francese.
Attualmente l’azienda produce un Chianti Classico e, soprattutto, quattro rossi IGT Toscana che, secondo l’intenzione della proprietà, hanno il compito di tradurre l’essenza del terroir nella maniera più semplice e diretta possibile.
“Sono chiantigiani per DNA, non per denominazione” specifica l’enologo Stéphane Derenoncourt. “E neanche si specchiano pedissequamente nelle loro – pure nobili – varietà. Sono vini profondamente territoriali e per questo emozionanti”.
Per cercare di comprendere al meglio il progetto con Luca Vitiello ho avuto il piacere di degustare a Roma le ultime annate della produzione aziendale iniziando dal Sassi Chiusi 2018, vero e proprio second vin di Bertinga, composto da sangiovese, in netta prevalenza, e merlot. Concepito con l’obiettivo di leggere i vigneti aziendali in modo orizzontale e con un approccio più fresco e accessibile, è un vino dinamico e luminoso i cui cinque anni di affinamento, tra acciaio, cemento e vetro, hanno solo regalato tridimensionalità senza cedere nulla alla piacevolezza di beva.
L’IGT Toscana Bertinga 2017, col suo cuore metà sangiovese e metà merlot (ovviamente le percentuali possono leggermente variare in base alla vendemmia), rispecchia la summa del territorio di provenienza delle uve che vengono vinificate, in acciaio e cemento, per singola parcella dopo di che la maturazione, avverrà in legno (tonneaux per il sangiovese e barrique per il merlot) per almeno un anno e mezzo a cui seguono altri 18 mesi di bottiglia. Il vino degustato, prodotto in un’annata decisamente siccitosa, ha toni mediterranei e sfumature minerali e in bocca mostra una grande armonia tra morbidezza, tipica dell’annata, e sapidità. Affiora nel lungo e caldo finale una peculiare nota di ginepro ed eucalipto.
Punta di Adine, è sangiovese in purezza prodotto dalla parcella numero 100, la terrazza alta, ovvero la punta, del vigneto Adine, che rappresenta per l’azienda il cru più “verticale” ed elegante vista anche la sua esposizione. Vinificato in cemento e maturato in botti da 25 hl di rovere austriaco, questo IGT Toscana, degustato anch’esso nel millesimo 2017, vanta uno scenario aromatico prepotente di ciliegia, ribes, tabacco conciato e ghisa, poi più lieve nella successione di alloro e tabacco mentolato. Di grande sapidità e freschezza, caldo e graffiante nel tannino, percorre il palato con dinamismo e carattere per poi distendersi in un lungo finale balsamico.
Il Volta di Bertinga, degustato nell’annata 2016, è invece un merlot in purezza proveniente da singola vigna, l’unica rivolta a nord, posta all’interno del vigneto Bertinga. Non essendo amante del vitigno, il Volta di Bertinga è sicuramente tra i quattro vini presentati da Luca Vitello quello che, a mio gusto, mi ha stupito maggiormente per il fatto di non essere il solito merlot magniloquente e lussurioso in grado di affossare le potenzialità del territorio che in questo caso, fortunatamente, esce fuori in maniera prepotente imprimendo una fattura chiantigiana a questo merlot che potremmo definire “d’altura” grazie a molti connotati eterei. Al naso, infatti, esprime chiare sensazioni floreali di peonia, ferro, grafite, agrumi rossi e macchia mediterranea. Al sorso è succoso, salino, pur mantenendo ricchezza gustativa ed articolata struttura. Finale vibrante, fresco e misurato.
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