di Stefano Tesi
Una delle cose che mi piace del Vinitaly è che il clima febbrile, ma anche un po’ scanzonato della fiera rende a volte possibili esperimenti che in altre occasioni mai ti sarebbe venuto in mente di fare. E spesso con risultati che vanno oltre ogni aspettativa.
Una di queste pensate è venuta tempo fa all’enologo e direttore tecnico di Gancia e al collega giornalista Riccardo Viscardi: proporre una degustazione di abbinamento tra Asti Docg Metodo Classico di varie annate e ostriche. Non ostriche qualunque, però: di tre tipologie diverse (Golden, Black e Sant’Antonio) e tutte allevate nell’Adriatico dalla Co.de.go di Goro. Scelta quasi patriottica e un po’ provocatoria, come spiega il direttore del Consorzio, Giacomo Pondini: “Provengono da un laboratorio italiano, a differenza di altre varietà allevate nel nostro paese, ma provenienti da seme francese”. Viva l’Italia e il prodotto nostrale, insomma.
Al di là del messaggio patriottico, gli scopi erano in sostanza due.
Uno, ovvio: suggerire un ulteriore ampliamento delle potenzialità di consumo offerto dalla versatilità dell’Asti. E un altro, meno ovvio: addentrarsi nei meandri ancora in buona parte inesplorati della capacità di invecchiamento di questo vino, spesso un po’ snobbato.
“Un salto in avanti è possibile?”, si è chiesto infatti Viscardi prima di cominciare la degustazione. E riferendosi volutamente a tante cose: strategie di marketing, individuazione di nuovi mercati, mentalità del consumatore, orientamento dei critici.
Alla luce dei fatti, la mia risposta è sì. E non solo nel senso delle potenzialità di nuovi sbocchi che l’esperimento ha messo in evidenza. Ma anche, più sottilmente, in quello dell’approccio all’Asti e ai suoi abbinamenti. Un approccio edonistico, anzi godereccio, più familiare, certamente poco consueto, per alcuni perfino impensabile. In realtà, però, niente affatto facile, né banale. Di sicuro meno paludato di quelli già collaudati, anche meno rassicurante sotto il profilo esteriore, pure meno ingessato se vogliamo. Eppure interessante, direi pure intrigante nella prospettiva di un’accoppiata diversa dal solito di bollicine e molluschi. La grande sapidità delle ostriche è andata a nozze con le nouance dolci e cremose, ma non stucchevoli, del Moscato d’Asti e certe note salmastre si sono fuse bene con i sentori a volte erbacei, a volte asciuttamente floreali degli spumanti.
I quali, a loro volta, sono stati una sorpresa. Eccoli.
Marcalberto 2020 Asti Docg Metodo Classico
Spuma media, bolla fine, colore oro metallico, ha un bel ventaglio di eleganti sentori salmastri e floreali, mentre in bocca è gentile, cremoso, morbido.
Tressesanta Cuvèe 2020 Asti Docg Metodo Classico Cantina Alice Bel Colle
Colore dorato, bollicine medie, naso con interessanti marcate note vegetali, di verde e di erba che tornano in bocca.
Cuvage 2018 Asti Docg Metodo Classico Millesimato
Oro pieno, perlage molto fine, al naso offre delicati sentori floreali che richiamano il mughetto, in bocca è pieno , sobrio, con una punta di dolcezza in più.
De Miranda 2017 Asti Doch Metodo Classico De Miranda
Oro ramato, bolla media, ha un complesso bouquet di fiori appena appassiti mentre al palato è profondo, quasi pastoso, ricco di sfumature.
Gancia Cuvèe 24 Mesi Asti Docg Metodo Classico 2013
Colore dorato, perlage fine, al naso dà un ventaglio vastissimo di note vegetali grasse, erba vetriola, orto umido mentre in bocca l’eleganza e la lunghezza smorzano la dolcezza.
In sintesi: se faranno ancora una simile degustazione, ci andrò di corsa.
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