Uva: chardonnay
Fermentazione e maturazione: legno
Fascia di prezzo: nd
La vera ricchezza di oggi è il tempo, che scorre inesorabilmente. Ciascuno di noi ne ha una dote, nessuno sa con precisione quanta, ma è possibile averne una idea sicché il segreto della vita è saperlo amministrare tra gioventù e anzianità, ricchezza e povertà, bisogno e soddisfazione.
Purtroppo non sono padrone del mio tempo ed avere la possibilità di usarlo come dico io mi capita di rado. Come poter bere questo bianco in santa pace mangiando pesce davanti al mare senza guardare l’orologio.
Amo molto il pranzo di Capodanno davanti al mare, anzi sul mare come ad Acciaroli. Stavolta la scena è stata Lido Miramare, nella zona orientale di Salerno dove abito.
Un pranzo nato quasi per caso e solo di materia prima: triglie marinate, pesce al forno, calamari arrostiti e fritti. Con Antonio Fumarola ci siamo scialati, anche perché ciascuno di noi ha portato una bottiglia: io un Solaia 2003 e lui questo Gaia&Rey 2002 assolutamente perfetto.
Si tratta di vini che riaffermano la necessità del classico, in cui frutta matura e note speziate di legno si fondono alla perfezione, una fusione sostenuta dall’acidità decisa che rende la beva impegnativa, facile ma non banale.
Siamo molto lontani dallo stile secco e sapido, essenziale e minerale, dei grandi bianchi della Campania: in questo caso lo Chardonnay è più rassicuramente, più facilmente leggibile anche da chi non è esperto di vino.
Il piacere della chiacchiera, il sole che ti carezza il viso, l’aria di mare respirata a pieni polmoni, il fascino del Capodanno al Sud, lontano dagli stereotipi imposti dalla televisione con neve, freddo e gente impaccottata in felpe e cappotti.
La fine di qualcosa di fronte all’orizzonte libero dalla terra è tranquillizzante perché c’è la possibilità di fuggire verso il mare che non aspetta altro che abbracciarti.
E il vino amplia questa sensazione di potenza perché ti fa sentire parte di questa natura meravigliosa introducendoti all’atarassia, la sospensione dei sensi in piena coscienza che è lo stato più bello a cui ti può portare il bicchiere ben gestito.
I sentori del bianco in stile anni ’90, pur essendone il 2002 la prima forte rottura, sono alla fine rassicuranti, come un sapore provato da bambino, un timasù dopo il dolce di Uliassi, Bottura o Crippa, ti riportano agli entusiasmi di quel decennio fatto di scoperte e di rilancio del vino italiano dal quale il Sud deve liberarsi.
Ricordandolo però con nostalgia perché lo ha messo in pista.
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