di Evan Dawson
Uno dei più grandi piaceri dell’esplorazione del mondo del vino non è solo imbattersi in qualcosa di nuovo ma in qualcosa di speciale. L’Italia è piena di cose nuove. Un consumatore curioso può trovare dozzine di nuove varietà di uva da scoprire, rosse e bianche, con grappoli ricchi o più spargoli. Non è assicurato che tutte queste cose nuove offrano qualcosa di speciale ma il vino non può essere sempre intenso ogni volta, non è così?
Ma poi c’è il Gaglioppo, quella rara combinazione di nuovo e speciale. Unico e intenso, se preferite.
In Calabria, la punta dello stivale dell’Italia, troverete montagne. Guardando questo paesaggio non risulta immediato pensare che sia una zona dove vengono coltivate uve di grande qualità. Il clima è caldo e asciutto, più adatto a boscaglia e vegetazione spontanea.
Guidando verso la costa scoprirete una specie di barriera tra le montagne e il mare. Non è un’ampia striscia di terra ma è il posto ideale per la produzione di vino da queste uve. Suoli ricchi, brezze favorevoli, molta luce solare e aziende agricole che lavorano sodo fanno lo scenario della produzione vinicola. Qui non ci sono grandi imprese ma aziende a conduzione familiare. Le loro mani sono spaccate e indurite dal lavoro dei campi svolto per tanti anni.
Il Gaglioppo è l’uva che prospera in questo posto speciale. La maggior parte delle uve rosse darebbero vini che sanno di frutta cotta e uva passa a causa del clima. Questa varietà unica offre struttura e sentori fruttati che non sono predominanti. In questo modo si ottiene il Gaglioppo, così come il Mourvedre ha la sua patria spirituale nel Bandol, vicino al mare, resistendo al caldo e contrastando sistematicamente la produzione di vini che sanno di frutta matura.
Ho assaggiato il Gaglioppo la prima volta in Italia durante una grande degustazione di molte varietà. Un vero Gaglioppo ha un colore caldo, rubino ma non nero. Questo vino ha il colore della fragola, ci ho visto rose scure. La struttura del vino mi ha colpito. Una contraddizione in termini, ha mostrato ciò a cui Jeremy Parzen si riferisce quando parla della “insopportabile leggerezza” del Gaglioppo. Parzen, scrittore, traduttore e autore di liste vini, ama guardare amici e colleghi quando bevono il Gaglioppo per la prima volta.
“Sembra così semplice ma è così avvincente, un mistero”, mi disse. “Come può un vino far tutto questo? Così sai che stai coltivando qualcosa nel suo luogo naturale”.
Da quella degustazione ho continuato a seguire il Gaglioppo nello sforzo di imparare di più sul suo fascino e sui suoi sporadici tranelli. Non è un vino che si trova facilmente; il miglior Gaglioppo si chiama Cirò allo stesso modo in cui il miglior Cabernet Franc si chiama Chinon. E’ un nome regionale. Potete trovare il Cirò on line ma non è facile. Fortunatamente il Cirò non è costoso. Troverete bottiglie a meno di 19 dollari con quelle di alta qualità tra i 25 e i 50 dollari. Ho organizzato una degustazione alla cieca con alcuni amici e professionisti del settore del vino che non avevano mai assaggiato il Gaglioppo. Ve ne parlerò tra un attimo.
Il Nebbiolo del Sud?
Per prima cosa volevo avere il punto di vista dei sostenitori più entusiastici del Gaglioppo. La famiglia di Paolo Librandi fa uno dei Cirò più pregiati. Paolo è un poliglotta felice di parlare del Gaglioppo, pare in qualsiasi momento del giorno. Non sono sicuro di quando dorma.
“Quando le persone bevono il Gaglioppo per la prima volta si dovrebbero aspettare qualcosa di prezioso ma molto particolare”, mi disse Paolo. “Quando versi un vino a base di Gaglioppo la prima cosa che noti è un colore chiaro se è un vero Gaglioppo. E così molti si aspettando qualcosa di leggero al gusto e nella struttura, come la Schiava. Ma non lo è”.
Allora cos’è? Disse Paolo. “Se dovessi descriverlo con un po’ di fantasia? Direi che il Gaglioppo è qualcosa a metà strada tra un giovane Nebbiolo e un Pinot Nero. Ma non è nessuna di queste due cose”.
In parecchie degustazioni ho visto stimati professionisti guardare perplessi nel loro bicchiere. Abbiamo assaggiato parecchie nuove annate di Librandi e abbiamo provato sia la nuova (2009) che la più vecchia (1996, 1997) di Ippolito 1845.
Il parere che è ritornato sempre è che il giovane Cirò è ben fatto, bevibile ma difficile da tenere a freno; c’era un po’ di preoccupazione che i vini delle bottiglie più recenti fossero più scuri e di stile più internazionale. I due vini del 1990 erano considerevoli, ammalianti e in evoluzione.
In una di queste degustazioni mi sedetti vicino a Oskar Bynke, uno svedese che fa il direttore marketing di Hermann J. Wiemer, uno dei fiori all’occhiello delle cantine della zona di Finger Lakes.
Bynke è un membro abituale di un gruppo che scova insolite varietà di uve. Ecco cosa dice di una varietà tipica: “Alcuni negozi che vendono vino sono un po’ strani, hanno tanta roba che non è molto buona. Ci siamo imbattuti in molti vini scadenti, vini dalla Svizzera e altri posti”.
Dopo aver assaggiato il suo primo Gaglioppo, un Ripe del Falco 1996 di Ippolito 1845, Bynke fu colpito. Degustando alla cieca, all’istante andò in Italia e fece notare, “Forse Nebbiolo? Se è Barolo ha probabilmente 15 anni ed è molto buono”. Tuttavia non poteva credere del tutto a quella supposizione e disse “Forse è un po’, un po’ leggero al palato ma non molto e al naso è meraviglioso. Facile dire Italia ma difficile dire di più”.
Nessuna meraviglia; non aveva mai assaggiato un Cirò. Ma Bynke ha lasciato quella degustazione incuriosito da quella varietà e dal suo potenziale.
Questo non significa che tutti i Cirò sono eccezionali. I Cirò più giovani possono essere piacevoli ma ordinari, specialmente quelli fatti con uno stile internazionale. Qualche Gaglioppo è tagliato con Cabernet e il legno è predominante.
Questo argomento è stato toccato in profondità sia da Parzen (Do Bianchi) che da Alfonso Cevola (On the Wine Trail in Italy).
E’ difficile biasimare i produttori che vogliono rendere un’uva sconosciuta più riconoscibile al mondo ma, nel fare questo, c’è una reale opportunità che il Gaglioppo perda il suo carattere, la sua insopportabile leggerezza.
Paolo Libradi crede che il Gaglioppo ha combattuto per due motivi significativi: il primo è che la qualità è migliorata nei decenni passati, e il secondo è che questa non è una regione che ha una reputazione di essere aperta verso i turisti.
I Librandi ancora non hanno molti visitatori.
Ma questa situazione potrebbe cambiare. Paolo è disposto ad essere paziente col mercato del vino e crede che la vera natura del Gaglioppo creerà un seguito. Per ora, più o meno 400.000 casse di Gaglioppo vengono prodotte ogni anno, di tutti i produttori messi insieme. Se vi sembra una grande quantità tenete a mente che una grande ma non enorme azienda vinicola con California può produrre mezzo milione di casse. Non c’è molto Gaglioppo in giro ma, con una domanda piuttosto bassa, rimane di grande valore. Spesso è buono e all’occasione raggiunge quella rara combinazione di unicità e intensità.
Traduzione di Novella Talamo
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