I Cirò Boys a Radici del Sud. L’ennesima conferma del potenziale enorme di uno dei vini più sottovalutati di sempre dalla critica negli ultimi vent’anni.
La strada che ha portato tutti ad uscire dall’anonimato è sempre la stessa: puntare sul carattere e lo stile del vitigno senza cercare di somigliare ad altri vini. Non è importante piacere a tutti, ma piacere alla gente che piace, come recitava una vecchia reclame. Francesco De Franco, Cataldo Calabretta, Francesco Scilanga, Cristian Vumbaca, Mavi Pena e Francesco Scala sono alcuni di questo cambiamento profondo di prospettiva che sta regalando nuovo appeal a questo vino fantastico, che non cerca di stupire con effetti speciali.
‘A Vita Cirò Rosso Classico Superiore 2013
Il rosso di Francesco De Franco ha fatto da apripista a questa tendenza. Era il 2008 a noi colpì subito la bevibilità, la trama tannica presente ma ben risolta, la grande freschezza. Note che si ritrovano in questo millesimo, decisamente favorevole, ma ancora da attendere. Sapido, presco, lungo.
Cataldo Calabretta Cirò Rosso Classico Superiore 2013
Più recente la storia di Cataldo Calabretta che però sin dal suo esordio si è allineato alla strada aperta da ‘A Vita, Cote de Franze e Arcuri. Al naso appre più concentrato, con una frutta più matura i cui sentori virano alla conserva di amarena. In bocca è più giovanile e scattante che al naso, la trama tannica è ancora da risolvere completamente.
Scala Cirò Rosso Classico Superiore 2012
C’è buona frutta in questo rosso, ben integrata al legno con dei rimandi di cenere e fumé al naso. Al palato resta fresco, il tannino ficcante e ben presente, l’acidità resta la sensazione dominante della beva.
Cote di Franze Cirò Rosso Superiore 2012
Anche qui una frutta ben matura in un corredo preciso: i tannini appaiono più setosi e aggraziati dei tre precedenti e l’acidità meno scissa. Lungo, piacevole.
CONCLUSIONI
L’aspetto sostanziale di questa degustazione è il tratto comune di queste quattro interpretazioni: colore non concentrato, tannini ben presenti, frutto intero, sensazione di freschezza, sapidità e di leggero tostato al palato. Il Cirò da solo Gaglioppo (purtroppo il disciplinare è stato follemente modificato dalla precedente gestione del Consorzio) è un vino facilmente identificabile e non bisogna essere grandi esperti per riconoscerlo. Proprio come avviene con i vini di territorio capaci di costruire un proprio profilo identitario ben preciso. Il Cirò appare sempre inizialmente più stanco di altri rossi del Sud, ma la sua caratteristica è quella di restare uguale per un numero infinitodi anni regalando grandi sensazioni agli appassionati. Ci potete scommetere, queste quattro bottiglie saranno ancora molto valide tra dieci, venti anni!
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