6 luglio 2002
C’è una tappa prima di arrivare in Paradiso: Furore sospesa tra il mare di Positano e le cime dei monti Lattari, capperi e fichi d’india, un po’ di ulivi e ottime viti tra i dirupi, neanche una piazza dove spettegolare, ogni balcone la tolda di una nave o il finestrino di un aereo, scegliete. Qui, scavata tra la roccia, di fronte all’albergo-ristorante Bacco, una medaglia d’oro del concorso «la selezione del sindaco» organizzata dall’Associazione Città del Vino che proprio da queste parti è stata a convegno un mese fa. Nomen omen, ché il vino premiato è un grande bianco, il Fior d’Uva dell’azienda Marisa Cuomo (via G.B.Lama, 14. Telefono 089.830348, sito www.granfuror.it) fatto in casa Ferraioli, Andrea con Marisa in cantina, il vulcanico Raffaele al Comune da una vita. Diciamo la verità, i riconoscimenti lasciano sempre il tempo che trovano ed hanno un sapore d’altri tempi, quando le medaglie e le pergamene farcivano le etichette oggi invece sempre più essenziali ed austere. Ma questo bianco è sicuramente tra i migliori della Campania, il riserva 1998 (cinque grappoli nella guida Ais) fatto con falanghina, ginestrella e biancolella mentre il 1999 viene da fenile e ginestrella. È un vino da masticare, come oggi piace alla guide e anche a noi, importante, ricco di profumi al naso e avvolgente al palato. Bisogna però ricordare il rosso riserva da piedirosso e aglianico che tanto piacque a Schroeder e soprattutto i prodotti base,il parametro principe del valore di un’azienda che si vuole misurare con il mercato oltre che con i critici, il Furore rosso, il Furore bianco e il Ravello bianco. Entrambi, questi due, da falanghina e biancolella, il secondo è più morbido e meno fresco del primo: effetti del terreno e dei microclimi interni della Costiera Amalfitana l’uva soffre e si nobilita e diventa elegante. Il rosso muore sui totani ripieni, il piatto nazionale tra Praiano e Conca dei Marini, il bianco sposa facilmente lo sperimentalismo legato al territorio dei grandi chef della Penisola Sorrentina, al nostro Fior d’Uva va meglio un prosciutto di Pietraroja. Così parlò Plinio il Vecchio.