MARISA CUOMO GRAN FUROR
Uva: falanghina, biancolella
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Ho sempre pensato a quanto sia complicato vivere all’ombra di un fratello più celebre. Pensate al calcio. Deve essere stato così (sportivamente parlando, s’intende) per Simone Inzaghi, professione attaccante: un fratello che si chiama Pippo con 280 gol all’attivo tra campionati e coppe, altri 71 tra Nazionale e Under 21.
E così, per certi versi, per “l’altro bianco di Marisa Cuomo”, un fratello di nome Fiorduva, grappoli e bicchieri a go go. Sulle spalle l’11 e non il 9, spesso costretto a fare i conti con un cognome o un’etichetta pesanti, sempre e comunque ricordato per essere “il fratello di”. Anche se poi, come nel caso appunto del Furore Bianco e del Fiorduva, il paragone è pure forzato: differenze di uvaggio a parte, il primo vede il legno come – secondo alcuni – uno dei due Inzaghi la porta.
Ma la storia (sportiva, e non solo) ha conosciuto anche le vittorie del gregario che vince in volata la tappa e indossa la maglia “rosa” o quella “gialla”; del “secondo pilota” che si vede sventolare davanti per primo la bandiera a scacchi sul traguardo o conquista il Mondiale. E così quella del “Furore Bianco”, che finalmente viene riconosciuto come “attore protagonista” di un territorio, quello di Furore e del suo fiordo, teatro di una viticoltura eroica; e che, tanto per dire (leggi polemiche sulle guide a parte), stavolta si becca 5 grappoli e qualche bicchiere.
Un blend di uve falanghina al 60% e biancolella per il rimanente 40%: impatto iniziale intenso e un non so che di esotico.
Il colore è un tenue giallo paglierino, con una bella luminosità. Prima ancora di dare sollievo al palato, si intuisce di che pasta, o meglio di che uve, è fatto: non appena l’acidità svanisce lungo le pareti del bicchiere ecco venir fuori una bella trama di lacrime e archetti.
Il bouquet dei profumi è vivace e esprime puntualmente il territorio di provenienza: sono nitidi i sentori di pesca, ginestra, salvia e timo, che ricompaiono poi al palato.
Il sorso regala piacevoli sensazioni di morbidezza – un’importante nota alcolica (i gradi sono 13,5%) e un residuo zuccherino forse appena accennato – che riequilibrano la marcata mineralità (ereditata dal mare e dalle rocce dolomitiche calcaree della costa) e la viva freschezza; e una piacevole persistenza in cui riaffiorano i ricordi dei limoni della costiera e delle erbe della macchia mediterranea. Bel carattere e apprezzabile equilibrio, tenendo comunque bene a mente un naturale spostamento dell’asse verso le componenti dure del vino.
Conserverò per un po’ (o almeno ci proverò) l’altra bottiglia, quella rimasta delle due che Marisa e Andrea mi hanno regalato durante la visita alla loro bellissima cantina, fiducioso di poterne osservare una futura evoluzione. Salute!
Questa scheda è di Alessandro Marra
Sede a Furore, Via G.B. Lama, 14.
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Enologo: Andrea Ferraioli con i consigli di Luigi Moio.
Ettari: 2,5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 100.000.
Vitigni: aglianico, piedirosso, falanghina, biancolella, fenile, ginestra.
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