TERRE DI SYLVA MALA
Uva: falanghina e coda di volpe
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Quando tutto sarà finito resterà il Vesuvio.
Dopo il ciarlare umano di millenni, il silenzio minaccioso del Vulcano cattivo parlerà più di tutte le centinaia e centinaia di generazioni di agricoltori e villici che si sono impudicamente accampati alle sue falde per rubare il segreto della vita, quello della fertilità del suolo che ne ha fatto, da sempre, uno dei posti più popolosi e decantati del mondo.
Siamo gente fortunata in questo secolo, beviamo bene ed è possibile grazie a tecniche agricole e vinificatorie aggiornate intrigarsi meglio e più efficacemente degli umori del vulcano di quanto non fosse possibile, poniamo, anche venti anni fa. A patto che ci siano persone in grado di capirlo consapevoli del privilegio unico che hanno: lo scrutano, lo fotografano, lo invocano, lo coltivano e ci parlano, proprio come Miriam e Kira.
Il loro tempo è speso in queste vigne perfette, con i pali di castagno e la conduzione non stressata del suolo, sorpassato di continuo dal Fruscio da cui prende il nome questa strada sui cui affaccia la proprietà acquistata dal padre, e dunque chiamato anche il primo Lacryma Christi.
Un bianco già in equilibrio, con un colore giallo paglierino carico e brillante, rivela la maturità di un bere da aspettare però ancora un po’, ancora un poco. Il vino del Vesuvio non è il più buono del mondo perché è inimitabile, il terreno lascia un sacco di sale nel bicchiere e per questo lo rende pratico, abbinabile.
Come abbiamo fatto noi legando la fresca energia di Miriam e Kira alla voglia giovanile di far bene del Poeta Vesuviano al secolo Carmine Mazza, 25 anni da cucinare e lì la misura didattica è stata colma: con la delicata zucchina in tre preparazioni ha duettato con il dolce dell’ortaggio, limitato la frittura del gambero e la morbidezza piaciona della patata impanata con rucola e in tortino con cacio, omeopatico con la salinità della calamarata e la struttura dei paccheri ripieni di baccalà mantecato. Superbe, excellent, con il dentice del Golfo. Raro momento conviviale con gli amici vesuviani in una estate immolata al lavoro altrui. Ennesima lectio sulle grandi possibilità offerte oggi ai bianchi dalla cucina moderna, praticamente quasi tutta pensata per loro.
Sì dirà, va bene il sale. Ma il resto? Il naso è un po’ sulfureo, ma poi agruma eccome se agruma, più arancio che limone a dire proprio il vero, lungo e intenso, come la beva in bocca che ti agganci senza ruffianeria, senza sconto dolce, nemmeno del frutto che ritorna per un po’ a mezzo palato, prima di chiudere concettuale, si fa rincorrere, non ti insegue.
Ecco qua, allora: il vino è vero se lo devi cercare nel bicchiere, è finto se rincorre il tuo presunto bisogno di dolcezza e morbidezza, la differenza è tutta qui. La stessa che passa tra una Donna e una escort.
Il suo nascere è in acciaio, senza altro ancora: un grande Lacryma Christi, energico e vitale come chi conduce il fondo. E il Vulcano lo sa, per questo rinvia ogni decisione quando vede menti operaie e non debosciati palazzinari da condominio prendere il sopravvento.
Siamo fortunati a poterlo bere mentre Lui sta quieto. Non è sempre così, e bisogna dunque approfittarne, capirne l’essenza, il mistero della vita, qui, adesso, in terra. Senza affidarsi a trascendenze che nei paesi cattolici sono alibi all’immobile.
Ti bevo Vesuvio.
Sede a Boscotrecase, Via Fruscio, 2.
Tel 081.8289480 Fax 081.5298492
www.terredisylvamala.it
info@terredisylvamala.it
Ettari: 8 di proprietà.
Enologo: Alessandro Mancini.
Bottiglie prodotte: 30.000.
Vitigni: coda di volpe, falanghina, piedirosso, aglianico
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