Nonostante i suoi 8300 chilometri di costa e la ricchezza dei mari oltre che delle tradizioni regionali, la stragrande maggioranza dei cuochi è impegnata a dimostrare la propria bravura con le carni, steccando in pratica il tema del giorno dell’enogastronomia mondiale che è la sostenibilità, mare più orto. Sono davvero pochissimi i cuochi che si sono concentrati sul pesce.
I cuochi specializzati nella cucina di mare
Ma sarebbe meglio dire sul mare come spiega Gianfranco Pascucci impegnato a Fiumicino: «Siamo passati dalla cucina di pesce alla cucina di mare per rispondere ad un mio bisogno di andare oltre il già visto. In carta, uno dei nostri menu degustazione si chiama “Come è profondo il mare”, ed è una sorta di viaggio che parte dalle zone salmastre e via via scende in profondità. Si parte con il muggine, che deriva da una pesca di selezione nell’oasi del lago di Burano, un progetto realizzato insieme a Wwf Italia. Il muggine ha una carne straordinaria, che cerco di valorizzare con la tecnica shabu shabu, la tecnica giapponese di cottura delle pietanze per immersione in un liquido bollente per pochi istanti) e poi fiammeggio con un cannello. Poi si passa al “Mare”: una scritta sul piatto realizzata con polvere di cozze e alghe, accompagnata da una spugna intrisa di acqua di lupini, maionese di ostriche e alghe fermentate».
Naturalmente due cose influenzano profondamente questa strada percorsa da pochi: le tecniche elaborate dai giapponesi nel corso dei secoli che stanno conoscendo una grande fortuna ovunque nel mondo e la rivoluzione spagnola che ha resettato la gerarchia degli alimenti e dei piatti guardando in modo nuovo alla materia. Pesano le tradizioni ancestrali dei nostri pescatori, da cui nasce, ad esempio, la colatura di alici.
Giappone e Adrìa influenza profondamente il duo di Senigallia, il tristellato Mauro Uliassi e il bistellato Moreno Cedroni.
Il primo scava letteralmente nei sapori del mare con menu spinti di ricerca partiti dal 2017. L’ultimo, il Lab 2021 è una sintesi tra note iodate e amare, nessuna concessione piaciona, una vera delizia per gli appassionati in cerca di nuove sensazioni. Si tratta una cucina in continua evoluzione, ogni anno anche trattando ingredienti simili, hai un punto di vista diverso, come quando guardi un prisma, cambia in base alla luce. Una avanguardia che ha già i suoi classici replicati, come le tagliatelle di calamari o la prima secca che restituisce il mare alle vongole.
La ricerca nella cucina di mare
La profondità di quello che stanno facendo Moreno Cedroni con Luca Abadir a capo della cucina della Madonnina del Pescatore è davvero sorprendente. Prima di tutto hanno deciso di avere un approccio scientifico, dedicando uno spazio a queste ricerche: The Tunnel. Uno spazio in cui farsi delle domande, usando la tecnologia come strumento e non come fine, dove mettere insieme professionalità diverse e tracciare una rotta per come potrebbe evolvere quello che mangiamo. L’altra grande novità di Cedroni è l’orto sul mare. Uno spazio deve di fronte al ristorante dove coltivare tutte le erbe che poi verranno utilizzate in cucina. Un modo anche per riqualificare un piccolo pezzo del lungomare di Senigallia.
In Sicilia c’è la sorprendente cucina di Martina Caruso, quasi una sintesi: c’è la capacità di estrazione del sapore di Uliassi, quella di combinare e giocare con gli ingredienti di mare di Cedroni e la scuola della pasta e della gioia dell’orto mare di Gennaro Esposito. Abbiano così piatti di carattere, che non sono preoccupati di non piacere, che non vengono adeguati al gusto omologato e omogeneizzato, ma che invece spingono con decisione senza paura, facendoti rivivere gli odori forti di una pescheria, le sensazioni della macchia mediterranea, il sapiente uso del liquido come trasmettitore di sapore, una estetica che è sempre subordinata al gusto e al piacere del piatto.
Chiudiamo con lo stellato Doningo Schingaro al lavoro a Borgo Egnazia di Savelletri, in Puglia.
Quest’anno lancia un favoloro menu dedicato al Mediterraneo di ricerca pura e assoluta sulla materia prima, a cominciare dal fegato della rana pescatrice. Libero di esprimersi grazie alla concomitante presenza di altri locali di tradizione, Schingaro dimostra il suo valore intuivo proprio nel rapporto con il mare che bagna la sua regione per oltre 800 chilometri.
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