Nei giorni scorsi è scivolata sulle agenzie e sui siti questa notizia in modo seriale: “Nei menù sottolineavano l’impiego di prodotti Dop ma nella preparazione delle varie tipologie di pizze venivano utilizzati in realtà prodotti non iscritti al circuito tutelato. Per questo motivo sono stati denunciati per frode in commercio i titolari di 13 note pizzerie gourmet ed elevate sanzioni per euro 12.000. Il blitz, denominato ‘Margherita Due’, è dei carabinieri per la Tutela Agroalimentare che hanno eseguito sul territorio nazionale una serie di controlli in note pizzerie ‘a grande firma‘. Si tratta di un copia e incolla seriale di una comunicazione effettuata dalle forse dell’ordine.
Giusta, sacrosanta operazione.
Solo in Italia però sappiamo trasformare una cosa buona in un pessimo risultato finale.
Precisamente.
1-Non avendo diffuso i nomi, i 13 titolari non hanno avuto alcun danno pagando meno di mille euro a testa di multa, visto che l’ammontare totale delle multe è stato di 12mila diviso 13 locali multati.
2-Sono sputtanati invece tutti quelli, ha ragione Padoan, che non hanno fatto niente, magari sono risultati in regola, ma che per il semplice fatto di essere “grande firma” come recita il comunicato entrano nel novero dei sospettati.
Scrive Padoan su Instagram: “Note pizzerie a grande firma” credo di farne parte e quindi, come custode de i Tigli, mi sento preso in causa!! Certo, anche noi abbiamo avuto un controllo da parte dei carabinieri, ben venga e magari avessero la possibilità di farli più spesso e a tappeto, ma nessuna contestazione, nessuna sanzione e nessun sequestro di materie prime. Vorrei ricordare alla redazione di telenuovo che la libertà di penna finisce nel momento in cui ledi la libertà e onestà altrui. Un articolo scritto così travolge come uno tsunami tutti indistintamente, palesemente scritto per attirare lettori e non sicuramente per informare le persone.
Non ho né il tempo ne la voglia, anche se l’avvocato non la pensa come me, di fare polemica ma allora non chiamatela cronaca ma gossip“.
Chi ci guadagna allora? Soprattutto i Carabinieri che possono irrobustire la rassegna stampa da presentare nei report di fine anno. E quei siti che con questo titolo hanno sicuramente aumentato le letture.
Non il nostro perché queste notizie incomplete non sono pane per i nostri denti.
La vicenda mi spinge a fare due riflessioni. Sono ormai quasi vent’anni che in nome della legge sulla privacy, l’ennesima cazzata burocratica italiana diventata lo scudo di chi viola la legge e non delle persone perbene, che ai giornali arrivano comunicati di arresti con le iniziali e notizie di operazioni simili a Margherita Due senza che vengano indicati i locali.
Si tratta evidentemente di una notizia incompleta e spesso gravemente lesiva di intere categorie come in questo caso perché la gente comune non ama la complessità e fa due più due: pizzeria famosa uguale pizzeria multata.
Le testate dovrebbero rifiutare di dare notizie incomplete anche se fornite da fonte ufficiale ma non lo fanno perché temono poi di essere escluse dal flusso di notizie
Al contrario, se tutte le testate si rifiutassero di fare da cassa di risonanza a comunicati così stupidi, probabilmente le forze dell’ordine, malate di fama come qualsiasi altra categoria, farebbero meglio il loro dovere fornendo almeno i nomi delle pizzerie coinvolte ed evitando una interpretazione restrittiva della privacy perché se la pizzeria è a grande firma allora la legge consente di pubblicare il nome
Ecco dunque come il sistema si infracida: le forze dell’ordine danno una notizia incompleta ma che a loro interessa per fare rassegna stampa.
I giornali la riportano per mantenere buoni rapporti o semplicemente perché temono che la concorrenza lo faccia. Chi è multato la fa franca con mille euro, chi è onesto finisce sputtanato.
La normalità sarebbe un comunicato con nomi e cognomi, una stampa che verifica le accuse e la difesa prima di dare la notizia.
Ma è un sogno nell’Italia dove una minoranza di svalvolati no vax detta l’agenda al 90 per cento della popolazione.
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