di Mario Sposito
Frascole è un’azienda condotta dai coniugi Elisa ed Enrico Lippi (16ha – 65.000 bt). Sorge in località omonima, frazione del comune di Dicomano, dove il Mugello e la Valdisieve si incrociano ed il Torrente Comano confluisce nel Sieve. I vigneti esposti a Sud-Ovest sono locati ad altitudini che variano dai 350 ai 470 metri sul livello del mare, nella parte settentrionale del Chianti Rufina. La ventilazione costante allontana le nebbie, asciuga l’umidità e tiene le vigne fresche e salubri consentendo dal 1998 la conduzione biologica delle uve. Il cuore dell’azienda è il Podere Vico a 400 metri sul mare, piccolo borgo di origini medievali sorto su costruzioni preesistenti di epoca etrusca e romana, ridestinato a seguito delle ristrutturazioni degli anni 90′ all’accoglienza agrituristica.
E’ qui che il pomeriggio di sabato 12 novembre Enrico Lippi mi accoglie, assieme a due giornalisti di Mosca per una breve ma interessante chiacchierata. I suoi vini li avevo incontrati la sera precedente e la mattina dello stesso sabato in occasione dell’Anteprima Chianti Rufina 2011. Mi erano piaciuti per la tensione gustativa sempre viva, per una beva appagante e succosa che riusciva a mantenere il tratto fresco ed elegante della Rufina, per un uso del legno che si esprimeva in armonia.
Enrico Lippi è una persona cordiale e simpatica, autentica. Mi racconta che la 2010 non è stata un’annata facile, con considerevoli perdite in vigna e che per quell’annata non farà Riserva. Il suo Frascole 2010 non sembra accusare però il colpo. In esso, mancando il Riserva, sono confluite le uve migliori dell’annata e si impone in assoluta evidenza tra i pari categoria offerti in anteprima.
Dopo una panoramica esterna sui vigneti entriamo per assaggiare qualcosa.
Il suo Bitornino 2009, da uve sangiovese, canaiolo, colorino, trebbiano e malvasia, è fresco e beverino. Fermenta in acciaio e matura in cemento. Sapido e leggero riesce comunque riscaldare il palato. Il Chianti Rufina Frascole 2008 si fa più vellutato e succulento esprimendo in maniera brillante l’estrazione chiantigiana. Fermenta in acciaio a temperatura controllata, per passare in cemento per la malolattica. Una parte va in barriques di rovere francese per circa 10 mesi.
Nei bicchieri sono poi finite le riserve 2004, 2006, 2007. Alla svinatura il vino passa in barriques da 225 lt per la malolattica dove rimane per circa un anno a cui ne segue un altro di affinamento in bottiglia.
Esprimono tutti una certa complessità ed un filo conduttore aromatico giocato sul trinomio fruttato-speziato-balsamico che non tradisce il bevitore nel finale. Il 2007 esprime appieno una splendida annata, è avvolgente e pieno e mostra un forte potenziale di invecchiamento. Il 2006 parla con chiarezza mostrandosi pronto. Il 2004 nasce da un processo di vinificazione diverso rispetto alle seguenti annate. Il contatto con le bucce prima della svinatura era più lungo, il vino è più austero ha bisogno di maggior tempo per giungere all’armonia ed aprire tutto il suo potenziale, tempo che per il mercato era eccessivo. Il mio di tempo per capirlo a pieno è stato appena sufficiente, stappato ed assaggiato in 30 minuti, evolveva nel bicchiere esprimendo profumi animali. Il sorso è ricco e complesso.
L’incontro non poteva avere migliore chiusura del Vin Santo Del Chianti 2001, trebbiano e malvasia. Matura per oltre 9 anni in piccoli caratelli di legno di castagno, da circa 40 e 80 litri e senza alcuna filtrazione viene poi imbottigliato. E’ opulento, con un residuo zuccherino di 250gr/litro sostenuto da una grandissima acidità. Pieno, profondo e intenso. Raccoglie e trasporta.
Piace Frascole. I sui vini fanno esprimere il territorio e l’ambiente che li ha visti nascere. Due anni di chiocciola Slow Food sono li a testimoniarlo.
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