Francesco Martucci: Futuro di Marinara e di Margherita, tre cotture per una rivoluzione

Pubblicato in: 50 Top Pizza

di Albert Sapere

Never Say Never Again (mai dire mai) quando hai pensato di vedere tutto, che tutto già sia stato inventato e provato, arriva qualcosa o qualcuno che mette in discussione tutte le tue certezze.

Dopo la rivoluzione di Ciro Salvo (1° posto con 50 Kalò London in 50 top Pizza Europa 2020 e 4° posto con 50 Kalò Napoli in 50 Top Pizza Italia 2020) sulla pizza napoletana, allungando i tempi di lievitazione e ragionando sull’idratazione, che poi tanti bravi e giovani artigiani giovani hanno evoluto, dando così vita al movimento dei così detti “canotti”. Ad Enzo Coccia (5° posto con La Notizia 94 in 50 Top Pizza Italia 2020 e Margherita dell’anno 2020) che sempre nella pizza napoletana ha innovato la ricerca e la qualità sulla materia prima utilizzata.

Alla rivoluzione di Simone Padoan (3° classificato in 50 Top Pizza Italia 2020 e Pizzaiolo dell’anno), in un concetto di pizza che si allontanava dal passato, con uno studio e una ricerca incredibile, che poi negli anni ha portato a dare vita ad un vero e proprio stile di pizza. A quella di Gabriele Bonci (1° classificato nelle Migliori Pizze in Viaggio per 50 Top Pizza 2020) sulle pizze al taglio, restituendo dignità ad un prodotto fino a quel momento poco considerato, dando vita ad un vero e proprio movimento, che oggi produce qualità e adepti e l’attenzione ai prodotti artigianali sui topping, è arrivato il “carro armato” Francesco Martucci (1° classificato per 50 Top Pizza Italia 2020 e Pizza dell’anno con la “Futuro di Marinara”).

L’impasto che ripercorre la tradizione napoletana, quello di Martucci, morbidezza e scioglievolezza all’interno a cui si aggiunge un mini crunch all’esterno, sovvertiva le regole. Già questo sarebbe bastato a metterlo al vertice di un movimento, quello della pizza, che nonostante l’Annus Horribilis, legato ai problemi sanitari che tutti conosciamo, continua a sfornare idee e qualità. Ma i fuoriclasse non riescono a stare fermi e la voglia di lasciare un segno nella storia di questo prodotto è prevalso su tutto. Arrivano nell’ordine prima il “Futuro di Marinara” e poi il “Futuro di Margherita”.

Tre cotture a tre temperature diverse. Prima a vapore a 100° circa, poi fritta a 180° circa e poi nel forno a legna a 400° circa. Croccantissimo e asciutto l’impasto, dentro morbidissimo e umido. Come se la stessa canzone venisse cantata nello stesso momento dalla voce graffiante e rock di Janis Joplin e da quella suadente e melodica di Édith Piaf. Impossibile immaginare qualcosa di più moderno, qualcosa di meglio proiettato nel futuro al momento, non solo per il nome, ma per l’intuizione, lo studio, la curiosità, la voglia di approfondire, del pizzaiolo casertano. L’altra considerazione, oltre all’impasto già di per se’ strabiliante, è sul pensiero dei topping. La concentrazione del gusto, il non volere aggiungere materia grassa a tutti i costi, nell’estrarre la vera essenza del sapore di un pomodoro o quello di usare il basilico in estratto, per esaltarne il sapore, la tecnica al servizio della materia per esaltarla.

In un mondo della pizza che guarda sempre con maggiore attenzione alla cucina e ad abbinamenti ricercati, che a volte sono dei veri e propri pasticci, piani di formaggio e creme che ingrassano inutilmente, Francesco, attraverso lo studio e la ricerca, prova ad innovare i classici, che più classici non si può, marinara e margherita. La mossa vincente è quello di non aver provato a snaturare o a rinnegare la tradizione, ma soltanto provare ad aggiornarla, usando la tecnica, usando la curiosità, usando il rispetto per centinaia e centinaia di anni di storia di questo prodotto.

Da grande appassionato di sport, mi ricorda quello che ha fatto Robert Beamon, detto Bob, lunghista statunitense nel 1968 alle Olimpiadi di Città del Messico. Il 18 ottobre del 1968, erano le ore 15,45 di venerdì, l’atleta americano è pronto per il suo turno nel salto in lungo. Il giudice incaricato delle misurazioni fece scivolare l’apparecchio ottico sulla barra di scorrimento. Incredulo, cercò di spingere: troppo corta! Gli incaricati dovettero quindi utilizzare il decametro a nastro della dotazione di emergenza, cosa che richiese interminabili secondi. Finalmente, sul tabellone luminoso si accesero questi numeri incredibili: 8,90 m. Un record durato 23 anni, un salto che ha proiettato l’atleta statunitense nel futuro e nei libri di storia.

Ma come abbiamo iniziato, così finiamo, Never Say Never Again e se resta agli atti la rivoluzione di Martucciland, non è detto che il prossimo anno non ci sia qualcuno che alzerà l’asticella ancor di più. Perché il mondo della pizza è vivo, vegeto e pieno di energia.

 


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