I Masanielli di Francesco Martucci a Caserta
I Masanielli di Francesco Martucci
Viale Giulio Douhet, 11, 81100 Caserta CE
Telefono: 0823 184 9030
Sempre aperta, chiusa lunedì
Ci sono solo due persone al mondo che quando vado in pizzeria mi fanno dimenticare il desiderio di pizza napoletana (marina e margherita per la precisione): Francesco Martucci e Simone Padovan. Entrambi stanno alla pizza moderna come Marchesi alla cucina italiana moderna, entrambi con radici profonde popolari, una lunghissima gavetta alle spalle e anche se appartengono a generazioni diverse hanno l’accanimento instancabike al proprio lavoro, la mania dei particolari, una vita di sacrifici, la capacità di aggiornarsi ma soprattutto la dote che a me più piace in una persona impegnata in questo lavoro: sono assolutamente veri e non cercano il consenso raccontando storielle ai gonzi. Ma soprattutto nel piatto c’è una profonda, molto profonda, conoscenza della materia prima senza compromessi. Intendiamoci, i compromessi sono legittimi e ognuno a casa sua è padrone di fare quello che vuole, anche fare il finto paladino dei produttori del proprio territorio e poi magari ricattarli se non ha l’esclusiva e vendersi intanto come brand alle grandi multinazionali. Tutto va bene, tutto legittimo. Credo che il problema non è mai di chi prende per i fondelli, ma di chi abbocca perchè ci è o perchè ci fa. E non so quale delle due cose sia peggio!
Ma altre due caratteristiche assimila il terrone e il polentone: il valore della famiglia e il restare inchiodati al forno quasi tutti i giorni dell’anno. Li trovate sempre, ma dico proprio sempre.
Diverse cotture, ogni pasto con la sua farcia pensata, mentre adesso c’è la moda del padellino che “inchiomma” prima ancora di mangiare la pizza per quanto leggero e bene possa essere fatto, Francesco propone Asimettria di Antico, pochissima farina, una incredibile capacità di tirare fuori sapori ancestrali, contadini, talmente poveri che si sono persi nella memoria a partire dalla generazione X: il pane al pomodoro e il pancotto con i broccoli e patate che era proposto da Berardino Lombardo nella sua mitica Caveja di Pietravairano, il primo a dare dignità di ristorante ai piatti della povera gente di campagna. Bene, in entrambi il sapore del vegetale è clamoroso, insuperabile e rivela il filone moderno a cui sta lavorando Francesco, una impostazione vegetariana che lambisce la filosofia vegana. E se il morso del primo è una sorpresa, quello del secondo è una golosità per il rimando amaro con il pecorino utilizzato come esaltatore di sapore, non coprente.
La golosità è la pizza che fa il verso al vitello tonnato, addirittura un miglioramento rispetto alla ricetta tradizionale piemontese grazie all’uso sapiente della cipolla e del limone che rinfresca il morso, fa salivare e ripulisce il palato.Con Saturnia, la Cipolla in sette Modi e l’omaggio a Massimo Bottura si esplorano nuovi gusti, si cerca con determinazione l’umami che Francesco ha conosciuto nei tanti ristioranti mondiali in cui ha mangiato negli ultimi anni e dai quali ha tratto spunto. Nell’omaggio alla famosa crostatina di Bottura navighi sul crinale del dolce e del salato che impone una attenzione mentale incredibile, il palato non può rilassarsi neanche per un secondo tante sono le sollecitazioni diverse e continue che vengono dall’incorcio degli ingredienti e dalla capacità di costruire la ricetta insieme all’impasto di stile napoletani che ha pochi eguali in questo momento.
Per chi ama la cipolla come me è l’apoteosi, il miglior modo di mangiare la cipolla mai visto in precedenza, freschezza e terrosità, rimandi fume e diverse consistenze, uno studio senza eguali della materia prima prodotta dalla vicina Alife, grande centro contadino casertano famoso appunto per questo tubero. In questa proposta vegana non ci sono proteine animali ma niente le fa rimpiangere tanto il gusto è pieno e moderno. Dal sapore comfort e rassicurante delle diverse zuppe che girano per l’Europa, ad una interpretazione moderna che a prima vista potrebbe peccare di manierismo per il numero di modalità in cui la cipolla è proposta ma che, fatto il morso che le comprende tutte e sette, ha una sua logica simile a quella della pizza dedicata a Bottura.
L’apoteosi è comunque Olio e Pomodoro, la pizza di ingresso che fa salivare: la capacità di estrare il sapore delle diverse cultivare in un solo piatto è impressionante, a cominciare dalla mousse di ragù che è una piccola genialata per come è usata, nella quanità giusta per sostenere il resto senza diventare protagonista come sarebbe ovvio vista l’intesità. La semplicità degli ingredienti, il vero innoa alla cucina mediterranea attraverso il grano, il pomodoro e l’olio: solo tre in partendo per arrivare ad una complessità che si risolve in un boccone semplice e insuperabile.
Conosco Martucci dai tempi di viale Kennedy ma devo dire che questa volta è riuscito a spiazzarmi nel piatto come, ripeto, solo con Padovan mi è capitato in vita mia. Lasciando stare la pizzeria, il servizio, la varietà di offerta, la cantina, le birre artigianali, in questo campo troviamo molti esempi simili se non anche superiori, ma se ci fermiamo al piatto in quanto tale, direi che nella loro navigazione professionale Martucci e Padovan sono gli unici veramente arrivati alle colonne d’Ercole che separanano il mestiere di pizzaiolo da quello di cuoco. Della serie: non basta partecipare a congressi con chef stellati o farsi le foto con loro per diventare chef, ci vuole studio, rigore, disciplina, aggiornamento.
E la cosa bella è che con tutto questo il locale di Martucci resta una pizzeria, con gente che va e che viene, il vociare delle persone, le famiglie, i bambini, la fila fino a mezzanotte. La degustazione costa 70 euro, ma lo scontrino medio si aggira sui 20/25 e il locale è accessibile a tutti.
“Quando non ce la farò più mi fermerò. per adesso mi piace troppo stare qui dentro e poi chissà, mio figlio si è iscritto all’Alberghiero…”
Le pizze di Francesco Martucci
CONCLUSIONI
Insomma, una serata di cose buone, buonissime. Ormai l’astronave Martucci ha lasciato la Via Lattea portando con se solo l’essenziale: la capacità di entrare nella materia come solo pochi grandi cuochi al mondo sanno fare. La pizza olio e pomodro, quella con la cipolla e quella con i broccoli sono l’inno ai sapori della natura, latticini e formaggi, quando ci sono, servono solo come esaltatori di sapori. L’impasto resta incredibile. No, non è una Mercedes vecchio tipo, ma neanche una Ferrari di ultima generazione: è una astronave che esplora nuovi mondi restando al tempo stesso umile, sempre al forno con i ragazzi. Se volete entrare nel futuro, venite qui. Ma anche se volete una marghertia come Dio comanda, venite qui. Il Paradiso per vegetariani e vegani. Il Paradiso per i ghiottoni onnivori come me
Scheda del 3 dicembre 2023
Il nuovo menu degustazione 2023 de i Masanielli di Francesco Martucci, la migliore pizzeria al mondo
I Masanielli di Francesco Martucci 5 volte di fila la migliore pizzeria al mondo. Vincere è difficile, ripetersi lo è molto di più, per cinque volte di fila sul tetto del mondo per 50 Top Pizza è un’impresa quasi epica. Quando vinci, a qualsiasi livello ed in qualsiasi campo il senso di appagamento è legittimo e umano, un piccolo calo di tensione è quasi fisiologico, non in questo caso. La dimostrazione è il nuovo menu degustazione, che con una licenza poetica Francesco Martucci, dedica all’indimenticato cantautore Luigi Tenco. L’acceleratore è a tavoletta, non c’è alcun segno di voler rallentare in nessun modo. Francesco fa avanguardia sulla pizza, ma la vera cosa che fa la differenza è ancora la ricerca e la voglia di perfezionismo sull’impasto. Il concetto di pizza e pizzeria è cambiato profondamento in questi anni, però ci sono due cose da tener sempre ben presenti. La prima è che la pizza è prima di tutto l’impasto.
La seconda è che il 60% del mercato è fatto di Margherita e Marinara. Ed in questo Francesco Martucci che continua a spingere, l’impasto o meglio gli impasti, da quello più classico, alle tre cotture (al vapore, fritto e al forno) o quelli più fantasiosi, sono al top, frutto di una ricerca continua e del perfezionismo che diventa ossessione. Poi, ma in un secondo momento, ci sono i topping. La grazia e l’eleganza con cui Francesco riesce ad abbinare ingredienti e tecniche è sorprendente. Si legge la voglia chiara non di diventare un cuoco o di scimmiottare un cuoco, ma di essere un pizzaiolo che ama talmente tanto i suoi impasti che di volta in volta trova il modo migliore per valorizzarli. In questo piccolo, ma significativo e importante passaggio, per me, c’è tutto. Quando un pizzaiolo scimmiotta un cuoco diventa la caricatura di sè stesso. Prima di entrare nel dettaglio del nuovo menu, due altre considerazioni.
La prima è che sono arrivato alle 12.34 di un sabato a pranzo, la pizzeria era stracolma, 200 persone sedute e altrettante fuori, in fila ad aspettare il proprio turno. La seconda più una piacevole sorpresa, aver trovato Antonio Mellino, patron dei Quattro Passi, neo tristellato Michelin italiano, cliente abituale.
- Impasto tre cotture, bufala, capasanta, mousse di alghe, limone fermentato, polline. Note sapide, acidità soffusa, tutto molto delicato, accennato e non urlato. Le scale di grigio sono più interessante dei contrasti bianco/nero. Sfumature tremendamente eleganti.
- Assoluto di cipolla. Base fior di latte e cipolla in 7 consistenze, crema, bruciata, croccante, maionese, fermentata, marmellata, gel. Oltre al gesto tecnico di usare un solo ingrediente, resta la golosità e l’intensità della cipolla. Carezzevole.
- Tartare di viletto al siero di latte, cumino, curcuma, salame croccante, uovo al cannello. Un boccone che ha il sapore di Bangkok, dell’utilizzo sapiente delle spezie. Esotico.
- Cicoria saltata, crema acida di bufala, al te matcha, e riccio di mare. Che sapore ha l’amaro? Anzi che sapore ha una scala di amari, supportati dalle note sapide, su una pizza? Ho avuto la mia risposta, hanno il sapore di questa pizza.
- Carne alla pizzaiola, pomodori in varie consistenze, ragù, wagyu di Hokkaido, origano, aglio. La tradizione campana della carne alla pizzaiola si contamina con la cultura giapponese. Il pregiato wagyu di Hokkaido non viene cotto con nel pomodoro ma sono scottato a parte con il cannello per non perdere la succulenza. Una pizza senza olio che gioca sul grasso rilasciato dalla carne stessa. Pensieri raffinati.
- Crema acida di bufala, caviale Beluga, gel di camomilla. Due morsi che danno la cifra stilistica di un pizzaiolo che pensa da pizzaiolo, quindi come valorizzare il proprio impasto. Bocconi da Re.
- Impasto con farina di funghi porcini e cipolla, (lievitazione verticale), ricciola dry aged, caviale, garum di funghi champignon. Anche i pensieri complessi, soprattutto sulla pizza, non devono mai perdere due cose: La golosità e la centralità dell’impasto. Qui l’impasto è più forte di tutto e resta alla fine dell’assaggio. Ben fatto è meglio di ben detto.
- Base fior di latte, giardiniera all’aceto di champagne, vermut, mousse di cocco, mousse di barbabietola, sedano rapa croccante, garum di manzo. Dopo aver girato intorno a sapidità e amaro e la volta dell’acidità, con la solita grazie ed eleganza. Gol a porta vuota.
- Come un gyoza, impasto bollito e rosolato al burro di Normandia, ripieno di genovese, zest di limone, sedano e carota con maio di passion fruit. Ancora una contaminazione tra la cultura orientale e quella napoletana. Un ponte che funziona in maniera quasi inaspettata e che diventa uno dei bocconi più impressivi di tutto il menu. Sorprendente.
- Montanarina con zucca marinata, tartare di seppie, burro di anacardi, menta. Il boccone che serve a rinfrescare ed a chiudere il percorso.
Conclusioni
Un menu degustazione in pizzeria non è il giro pizza. Per proporre un menu degustazione, ci deve essere un fil rouge che collega tutti gli assaggi, un percorso studiato e non solo far provare uno spicchio di pizza tra le pizze che hai in carta. La cosa che mi ha sorpreso più di tutto è proprio questo aspetto, il senso complessivo degli assaggi, la varietà delle sensazioni palatali e soprattutto la centralità dell’impasto, anzi la centralità degli impasti, perché se gli impasti passano in secondo piano non sei pizzaiolo. Il menu costa 70 euro e li vale tutti, ma potrete anche spendere solo 7 euro per la classica e deliziosa Margherita, nella migliore pizzeria del mondo da 5 anni di fila.
I Masanielli di Francesco Martucci
Viale Giulio Douhet, 11, 81100 Caserta CE
Telefono: 0823 184 9030
Sempre aperta, chiusa lunedì
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