Una storia inizialmente uguale ad altre, che poi diventa il racconto di una visione, un progetto, che guarda oltre la porta della propria pizzeria per entrare a contatto con il Gotha della ristorazione nazionale. Parliamo dei fratelli Francesco e Salvatore Salvo che sono arrivati terzi nella guida 50 Top Pizza e di Ciro, ottavo. Due pizzerie, due piazzamenti in dieci posti a livello nazionale. Nessuna famiglia della pizza napoletana ha fatto di meglio quest’anno..
Un risultato da raccontare e che inizia nel 2005 quando, allora avevano appena 29 e 24 anni, trasferirono la storica pizzeria aperta dal padre a Portici a Largo Arso a San Giorgio a Cremano. All’epoca erano in tre, c’era anche Ciro, 28 anni, da cui si separarono nel 2010.
Riporto da Facebook le parole toccanti di Francesco.
Maggio 2005
Questa foto fu scattata il giorno in cui in 3 mettemmo per la prima volta il piede al Largo Arso.
Nostro padre era morto prematuramente a 58 anni da non più di qualche settimana. La sua storica pizzeria di Portici era definitivamente chiusa per via di un contenzioso legale legato alla canna fumaria con il vicinato.
Ero laureato da 2 anni e già lavoravo a pieno ritmo come ingegnere edile come direttore tecnico in un’azienda che realizzava su miei progetti coperture speciali in alluminio e policarbonato ( tipo stadi e centri commerciali) . Tesi in Svizzera e laurea alla Federico II nel 2003 a 26 anni e 110 e lode.
Ricordo che alla morte di mio padre non esitai nemmeno un secondo: decisi subito di interrompere lì la mia carriera da solista e ritornare alla base per aiutare la mia famiglia ad uscire da quel pantano in cui eravamo di colpo piombati: padre morto e attività di famiglia azzerata. Ricordo ancora la faccia del titolare dell’azienda, a cui devo comunque delle scuse per quanto su di me aveva investito , che mi prese per scemo per quel salto nel buio.
Ripartimmo insieme da qui, senza un euro (quelli che c’erano erano stati tutti investiti pochi anni prima nell’attività poi costretta a chiudere da un vicino “pignolo” e un amministrazione “efficiente”).
Pagammo questo piccolo letamaio circa 20.000 euro ( quelli avevamo insieme in 3) .
Ricordo ancora il ghigno di chi vendeva che probabilmente pensava :”dove li ho trovati questi 3 imbecilli !”.
Ricordo ancora il notaio , il caro notaio Del Genio di Portici, che ci prese a cuore per le nostre disgrazie che mi ripeteva :”Ingegne’, ma si’ sicuro?”.
Ricordo ancora la piazza buia e il degrado intorno.
Ma bisognava ripartire. E RIPARTIMMO!
Prima piccolina ma bellina, poi il terrazzo grande, infine , in 2 e non più in 3, la Ferrari di oggi.
Lì ho conosciuto mia moglie che abitava a 100 metri e quindi lì è nata anche la mia famiglia.
Arrivarono anche altri momenti bui: la rottura che , come dice Luciano Pignataro, ha liberato energia positiva per entrambe le parti e devo ammettere che è vero.
Troppo diversi per stare assieme, troppo cavalli di razza e alla fine ci rendemmo conto che ci autilimitavamo e ci facevamo solo del male.
Dalla rottura io e Salvatore abbiamo da subito tratto energia positiva. Ricordo il 31 Agosto 2010 quando dissi a Salvatore:” Ora tu vieni con me e andiamo insieme, IO e TE, a dimostrare a tutti quello che NOI 2 siamo in grado di fare e che non abbiamo potuto fare fino ad oggi!”
Il resto è storia di oggi, ma è stato bello ricordare da dove tutto è partito.
Paradossalmente questa rottura libera energia positiva in entrambe le direzioni. Ciro Salvo va prima a Massé a Torre Annunziata, inizia a farsi apprezzare sino a ad approdare al progetto 50 Kalò. Il primo a parlare della nuova pizzeria di piazza Sannazzaro fu Stefano Bonilli il giorno prima dell’apertura ufficiale. Da allora è stato un crescendo, sino alla conquista dell’ottavo posto in 50 Top Pizza. Cura del servizio, carta dei vini campani, pizze di territorio, attenzione all’ambiente e ai temi di Slow Food e tante soddisfazioni, come la copertina del Gambero Rosso.
Francesco e Salvatore iniziano invece un percorso legato alla difficoltà, sembra incredibile oggi, di convincere i napoletani della esistenza di una buona pizza anche fuori dalla città, nonostante San Giorgio sia attaccata a San Giovanni a Teduccio. Come in tutti i territori di grande tradizione, è più difficile innovare e portare cambiamenti che potrebbero sembrare scontato. Lo fanno con determinazione, invitando le persone a provare la loro pizza sfruttando i canali dei social network. Passo dopo passo la loro pizzeria diventa un riferimento e il nome inizia a circolare fino al grande salto, l’allargamento dello spazio inizialmente angusto ad una grande e moderna pizzeria, con due forni, un reparto specializzato nelle fritture. La manualità istintiva di Salvatore si sposa con la precisione di Francesco, laureato in ingegneria che però ha esercitato la professione solo per due anni prima di decidere dopo la scomparsa del padre a soli 58 anni, di stare vicino ai due fratelli più piccoli. Professione che gli serve nel disegno della nuova pizzeria, quella attuale, e nell’organizzazione del lavoro.
Il merito dei due fratelloni, alti come corazzieri, è stato sempre quello di badare alla qualità: dei prodotti e dei fornitori in primo luogo. Ma poi anche del servizio con progetti assolutamente innovativi, come quello di inviare tutto il personale all’Osteria Francescana per curare il servizio di sala, oppure di iniziare a pensare le pizze con i grandi chef e, ancora, avviare un rapporto con alcune grandi famiglie della ristorazione come i Cerea. Rapporti utili per crescere e fare esperienze.
Non solo, dopo Coccia, sono quelli che più di tutti credono al vino nel bicchiere in pizzeria, avviando un servizio al bicchiere che pochi altri ristoranti possono vantare e introducono anche la prenotazione on line. Insomma, servizi moderni in una storia che ha profonde radici familiari.
Un terzo e un ottavo posto a 50 Top Pizza non vengono per caso.
Ps: questa lettura è consigliata a tutti i giovani pizzaioli che con passione fanno il loro lavoro. A quelli che sono rimasti male perché non sono tra i primi 50 o tra i 500 di 50 Top Pizza. C’è un tempo per tutto. Le relazioni sono importanti, la comunicazione anche, però a questi livelli non si arriva comprando o facendo comprre like su Facebook, ma impegnandosi in progetti seri e di lunga durata. Curando non solo l’impasto, ma anche tutti i prodotti, imparando a combinarli, curando bene la pizzeria, la carta dei vini, delle birre, il servizio e poi la comunicazione. Non c’entra la farina che usate, ma le vostre mani che la lavorano.
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