di Giustino Catalano
Omne ignotum pro magnifico (Tutto ciò che è sconosciuto è sublime). (Tacito)
Ho sentito da più parti difendere a spada tratta la tradizione con il forno a legna, in questi giorni nei quali è rimbalzata la notizia che l’AVPN (Associazione Verace Pizza Napoletana) aveva approvato anche la certificazione per la Verace napoletana cotta in forno elettrico.
Al momento la certificazione è stata rilasciata solo per lo “ScugnIzzo napoletano” della Izzo Forni di Napoli ma, come anche asserito dal Presidente Antonio Pace sui social, nessuna preclusiva a tutti coloro che faranno richiesta di certificazione e risulteranno idonei secondo le caratteristiche richieste dall’associazione.
Un passo avanti decisamente verso quei pizzaioli che si trovano in centri urbani o in edifici dove le canne fumarie sono vietate o, ancor di più, le fiamme libere. Si pensi a centri urbani come Parigi o a molti edifici della Napoli del lungomare, di Firenze, Venezia, Roma.
Un passo avanti necessario per il riconoscimento di una metodologia di cottura che per le caratteristiche termodinamiche dei forni rasenta la perfezione e lascia pochi margini all’errore.
Del resto ne dissi già in tempi non sospetti nel 2015 (Leggi QUI – https://www.lucianopignataro.it/a/come-si-cuoce-la-pizza-napoletana/95802/ ) quando lo ScugnIzzo era stato da poco presentato ed era ancora in corso di test di aggiustamento e rimasi fortemente colpito dai risultati che riusciva ad ottenere.
In controtendenza restò il dottor Tommaso Esposito che sosteneva, sempre sullo stesso sito che oggi mi ospita, l’insostituibilità del risultato con la legna, affermando anche un flavour e un corredo di aromi che altrove non si sarebbe, a suo dire, ottenuto.
Stabilito scientificamente che la legna non ha alcuna influenza sul gusto, flavour e profumi della pizza e che tale sensazione è solo fascinazione, resta che la cottura a legna fa parte di quell’arte del Pizzaiolo che è patrimonio mondiale.
All’epoca la stessa associazione AVPN in un’amicale confronto volle meglio comprendere in cosa quel forno fosse innovativo. Ne parlammo e i flussi termodinamici e l’irraggiamento delle resistenze al nichel cadmio furono sicuramente tra gli argomenti più a favore ma, all’epoca, si cercava di salvare e sostenere anche altre figure di corredo del pizzaiolo e del suo prodotto. Il fornaio. Il forno elettrico non necessita del fornaio che regoli la temperatura o giri la pizza per rendere uniforme e corretta la cottura.
La pizza da sempre si è fatta con pizzaiolo, forno e fornaio. Tre elementi inscindibili nella produzione di un prodotto la cui arte per giungervi è oggi patrimonio immateriale dell’UNESCO.
Ma lo star-system che ruota affianco alla figura del pizzaiolo ha finito con il “bruciare” la figura del fornaio che non ha voluto più essere un fornaio ma ha, in ogni modo, fatto di tutto per avere la sua giubba da cuoco (che i pizzaioli non dovrebbero indossare se non sono cuochi) e la copertina patinata di un magazine o la prima di un sito, poco importa quale e se addirittura a pagamento.
Oggi, lo ribadirò anche qui ulteriormente, la figura del fornaio va assolutamente recuperata con corsi e attestati ma non come operazione di archeologia gastronomica ma come salvataggio di un’arte che se scomparisse trascinerebbe con se giù anche il riconoscimento UNESCO.
Ma veniamo al tema dell’articolo. Molti, lo stesso vicepresidente Massimo Di Porzio per fare un nome, hanno riferito che l’elettrico è green, ossia non ha impatto sull’ambiente.
Io su questa cosa dell’impatto ambientale mi incarognisco e non poco quando viene semplificato oltremodo.
Partiamo dal presupposto che il Metano è un gas naturale ma non è fonte rinnovabile. Ossia tende nel tempo ad esaurirsi. Dalla sua combustione residuano sostanze che sono pericolose per la salute umana e per la salubrità dell’ambiente.
Discorso differente varrebbe per la legna che invece è fonte rinnovabile ma è vista da molti come inquinante per il fumo che fa, salvo rendersi conto che la maggior parte dei fumi della legna sono atossici, sempre sotto condizione che la stessa legna lo sia.
Da qualche anno con la nuova legislazione, non rispettata da tutti coloro i quali hanno un forno a legna per la somministrazione al pubblico (e qui ci includo anche chi non è pizzaiolo), la legna deve provenire da bosco ceduo di ripopolamento silvicolo controllato e certificato. Ossia niente legna tagliata senza autorizzazioni da boschi non soggetti a ripopolamento controllati dalla forestale, sia durante la crescita (decennale o ventennale) che durante le operazioni di taglio.
Inoltre i meglio attrezzati oggi tagliano la legna con seghe a nastro lubrificate ad acqua e garantiscono così anche in sede di trasformazione l’ecologicità del prodotto.
Ovviamente se tutti prendessero legna certificata sia per provenienza che per trasformazione il discorso ecologico sarebbe salvo.
E l’elettrico? L’elettricità è ecologica? E’ green come dicono oggi molti? E’ fonte pulita e rinnovabile?
Mi sia permesso di fare un breve cappello sulla cosiddetta “impronta ecologica”.
L’impronta ecologica è l’impatto che ciascuno di noi ha sulle risorse del pianeta.
Giusto per farci un’idea noi europei abbiamo un’impronta ecologica pari a 1,3, ossia consumiamo rispetto ad un patrimonio di risorse utilizzabili di 1 una quantità pari a 1,3 cioè lo 0,3 in più. In Italia l’impronta è identica a quella europea (1,3).
Gli statunitensi sono attestati su 1,7. Ancora più su di noi. La Cina, che va detto non ha ancora uno sviluppo di benessere come noi europei o come gli statunitensi, dello 0,7 ovverossia esattamente uno 0,3 in meno delle risorse disponibili. In Africa l’impronta è 0,4.
Ogni volta che accediamo ad un computer a Google o a Facebook (ma è solo per portare un esempio) noi adoperiamo dei server di dimensioni gigantesche, ubicati in località segrete del pianeta, che hanno un’impronta ecologica pari a 6,4!!!! E questo è uno dei motivi per i quali Greta Thunberg che fa la lotta ecologica con il cellulare mi fa sorridere e non suscita in me ammirazione, benché riconosco alla costruzione del personaggio mediatico grandi capacità di storytelling ai suoi autori e comunicatori.
Ma torniamo all’energia elettrica. Premesso quindi che noi gestiamo male i consumi delle nostre risorse va capito l’energia elettrica come la produciamo. E qui vengono i nodi al pettine.
Premesso che il nostro paese non è in grado di soddisfare il fabbisogno elelttrico interno e che è costretto ad acquistare energia tramite elettrodotti provenienti dall’estero la nostra produzione interne è tutt’altro che green.
Nella lunga lista di fonti le rinnovabili occupano solo il 17,8% (dati 2018 e attuali al 6 maggio 2020 – in sintesi statici)
Il resto proviene da gas naturale, carbone (si avete capito bene!), energia nucleare. Insomma nulla di green.
E poi, ma giusto per dircelo una volta per tutte, ma credete che le rinnovabili non siano inquinanti? La solare e l’eolica che rappresentano il 37% delle fonti con le quali si produce energia da fonti rinnovabili in Italia si basano su impianti (pale eoliche e pannelli fotovoltaici) che dopo un certo numero di anni vanno sostituiti e smaltiti comportando comunque inquinamento o per le vernici e componentistiche elettroniche adoperate o per il silicio o altri materiali da smaltire come rifiuto speciale.
Senza tacitare che la raccolta del silicio necessario per i pannelli solari è spesso fatta in miniere africane senza alcuna cautela per i lavoratori che spesso sono bambini. Non è green e non è etica nemmeno.
Il rimanente 67% è prodotto da bioenergie (18%) i cui fumi e vapori non sono proprio aria fresca di montagna e da centrali idroelettriche (dighe e fiumi) che alterano il paesaggio, l’habitat e l’ecosistema creandone uno totalmente nuovo (che non è detto sia migliore per tutte le specie silvicole e faunistiche).
Detto ciò è di tutta evidenza che l’elettrico non è una scelta green e dirlo è ripetere una sciocchezza. E’ una scelta utile per dove non è possibile adoperare la legna che al momento resta la scelta green per eccellenza.
L’elettrico era necessario. Ora servono fornai e legna certificata.
Perché cuocere in un forno elettrico è come cavalcare un pony ma farlo in un forno a legna è come domare uno stallone imbizzarrito. E’ l’arte del pizzaiolo è anche lì. Occhio a non perdere il riconoscimento.
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