Era il 2 dicembre 2014 e la pizza napoletana stava per conoscere la più grande cavalcata mediatica della sua storia con una espansione senza precedenti. L’edizione in Francia delle Strade della Mozzarella portò per la prima volta i pizzaioli al Grand Tasting del Carrouselle du Louvre e non ci fu altro modo per farlo che testare il forno elettrico. Tanto, si pensava, i francesi non capiranno la differenza. In realtà i primi ad essere stupiti furono proprio i napoletani presenti perchè il risultato del forno elettrico di nuova concezione, battezzato Lo Scugnizzo, fu strabiliante.
Lì si delineò quella spaccatura che abbiamo vissuto in questi giorni dopo la decisione dell’Associazione Verace Pizza Napoletana di consentire l’uso del forno elettrico in deroga a quello a legna quando non è possibile usarlo. Enzo Coccia infatti si rifiutò di preparare la pizza con quel forno e presentò la pizza fritta. Salvatore Salvo e Franco Pepe, all’epoca ancora poco conosciuti fuori dalla cerchia degli appassionati, invece affrontarono brillantemente il rischio.
La domanda di quella giornata è la stessa di oggi: è giusto o no accettare altre forme di cottura? Per inciso aggiungiamo che l’Avpn diretta da Antonio Pace ha già fatto la deroga per i forni a gas.
L’Associazione Pizzajuoli Napoletani presieduta da Sergio Miccu è infatti intervenuta a gamba tesa su questo tema posizionandosi sulla tutela della tradizione dura e pura.
Diceva Veronelli che il successo banalizza il prodotto. La spinta al business, naturale e legittima, fa chiudere gli occhi su alcuni processi originari che sono proprio alla base del fascino del prodotto. Ora è indubitabile che la gestione del forno a legna è un elemento qualificante dell’Arte del Pizzaiolo Napoletano riconosciuta dall’Unesco perché ci vuole molta capacità nel gestirlo, non a caso in ogni pizzeria che si rispetta c’è chi prepara la pizza (il pizzajuolo) e chi la cuoce (il fornaio).
Usare un elettrodomestico che ti tiene la temperatura con una manopola facilita il lavoro e risponde alle difficoltà di aprire pizzerie nei centri delle grandi città, Napoli compresa.
I fautori del forno elettrico hanno dalla loro due ragioni: il risultato finale, quasi impossibile distinguere le due cotture come dimostro un panel tasting con Guglielmo Vuolo nel 2016. E la possibilità di aprire pizzerie ovunque senza intralci burocratici.
I tradizionalisti sostengono che banalizzando il processo di cottura si svilisce la storia e il valore del prodotto. Una diatriba che vale per tante altre cose, pensiamo all’idea di qualche anno fa di chiamare San Marzano tutto il pomodoro o quella di ammettere il latte congelato nella dop mozzarella di bufala.
Ci può essere una via di mezzo? Probabilmente si, ed è indicata, come sempre avviene, dal vino dove c’è una scala di valori diversi per la stessa uva, dall’igt alla doc e alla docg.
Creare una Pizza Napoletana Tradizionale Stg e una Pizza Napoletana Stg potrebbe essere una idea che mette tutti d’accordo. La lanciamo così. Anche se, alla fine, sia chiaro, ciò che è buono resta buono a prescindere, proprio come per il vino. Ma nel mondo omologato è importante avere messaggi chiari che tutelino il prodotto per evitare scippi.
Ma per fare questo servirebbe un tavolo comune. Sarà più facile vedere Trump diventare ambientalista.
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