CANTINA DEL TABURNO
Uva: falanghina
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Primo maggio fatale per il Folius 2004. Stava acquattato in uno stipetto al buio, ma questo non l’ha risparmiato dalla decisione di prenderlo per il collo, portarlo in sala da pranzo e sacrificarlo davanti ad una spigola pescata a Punta Licosa. Certo l’abbinamento non è stato dei più felici, ma la sapidità del pesce alla fine spuntava fuori in continuazione e ha sostanzialmente reso godibile entrambi.
Che cosa dirvi? Questo: i vini bianchi campani dopo quattro o cinque anni sono davvero tutti una meraviglia e diventano un evento: la freschezza di questa falanghina del Taburno, benché lavorata in legno, un legno generoso di spezie e toni fumé, non è stata messa in discussione e il vino ha avuto più argomenti da usare nella conversazione, proprio come se invece che con un adolescente uno conversa con una persona consumata dall’esperienza. La 2004 non è stata particolarmente felice per i bianchi, ma chi ha lavorato un po’ in concentrazione e ha infilato lavorazioni capaci di sfidare il tempo, come questa in barrique, alla fine non si è trovato in mano vini malvagi.
Sui tempi lunghi questi vini non sono affatto spiacevoli, il legno, se ben dosato, riesce ad irrobustire la struttura contribuendo alla sua evoluzione. Sapori d’antan, d’accordo, con mineralità piuttosto in ombra rispetto alla frutta esuberante e matura, ma in questo caso l’acidità rimette bene a posto tutte le cose evitando soprattutto la sensazione stucchevole e monocorde che spesso questo stile comporta quando usato in modo caricaturale, starei per dire alla cilena. La prova ne è la bottiglia agevolmente finita e rimpianta. E il suo passaggio da due a tre bicchieri.
Scheda del 16 novembre 2006 (con due bicchieri di gradimento).
Ancora una volta la Falanghina ha stracciato lo Chardonnay. Due terroir, Taburno e Vulture e due tecniche sostanzialmente simili perché segnate dall’uso del legno. Il bianco 2004 di Bisceglia era cremoso, piacioso, opulento, buono a fare colpo sul palato ma incapace di reggere alla fine il crudo di gamberi di Amalfi appena pescati e proposti come stuzzichini da Rocco Iannone a Pappacarbone. La Falanghina parte invece un po’ penalizzata sul naso rispetto al vitigno internazionale, come alcune barche partono con il tempo compensato durante le regate, poi ha ripreso con decisione il sopravvento e man mano che passava il tempo si è aperto molto bene. In bocca, invece, non c’è stata partita sin dalle prime battute: la Falanghina ha subito fatto dimenticare lo Chardonnay grazie alla freschezza, alla mineralità e alla struttura, infine il naso si è liberato di alcuni sentori di legno piuttosto eccessivi regalando dolci sensazioni di frutta matura ma non cotta. Folius piacque a Veronelli che ne scrisse sul Corriere in una delle sue ultime rubriche e si capisce perché: mentre tanti hanno fatto di tutto per sputtanare questo vitigno deprezzandolo e proponendolo con prezzi da Trebbiano abruzzese in brick, la Cantina del Taburno guidata da Luigi Moio e seguita con amore da Pippo Colandrea ha invece valorizzato questo bianco campano inseguendo sempre il giusto rapporto tra qualità e prezzo. Sicuramente il Folius 2004 non è un vino facile perché l’annata è stata a senso alternato, ma ha comunque donato una sufficiente eleganza a chi a lavorato bene in vigna: qui siamo su marne argillose calcaree, l’impianto a spalliera ha 4500 viti per ettaro, quindi di densità medio-alta con una resa di 60 quintali, dunque davvero molto bassa per questo vitigno prolifico coltivato a Bonea a quota 120, 130 quintali per le distellerie. Le uve selezionate e raccolte surmature alla fine di ottobre vengono sottoposte a lieve macerazione prefermentativa, successivamente pressate ed il mosto fermenta per 30 giorni in barriques di rovere dove poi restano per almeno sei mesi. Così a tavola la Falanghina ha rapidamente scalzato lo Chardonay affrontando gli spaghetti di Setaro con gli scrifici (canocchie), i totani con la purea di patate e i crudi di mormora, alici, tonno. Spero proprio che si tenga un archivio del Folius perché la Falanghina del Taburno in genere ha di suo una naturale longevità che viaggia tranquilla sui cinque, sei anni. Concentrata e lavorata in legno potrà arrivare molto facilmente a dieci.
Sede a Foglianise, via Sala
Tel. 0824.871338
Sito: http://www.cantinadeltaburno.it
Enologo: Filippo Colandrea con i consigli di Luigi Moio
Bottiglie prodotte: 1.500.000
Vitigni: aglianico, piedirosso, falanghina, coda di volpe, greco, sangiovese, merlot
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