di Raffaele Mosca
Ci eravamo lasciati con la celebrazione dei 20 anni del consorzio Colline Teramane e ci ritroviamo in uno scenario del tutto nuovo: il piccolo consorzio del territorio di elezione del Montepulciano è stato riassorbito nella galassia più vasta del consorzio vini d’ Abruzzo.
Questione di numeri troppo esigui per rimanere a galla? Assolutamente no: la manovra è una conseguenza naturale della rivoluzione del sistema produttivo abruzzese. Avevamo già parlato in articoli precedenti di una riorganizzazione di DOC e DOCG regionali mirata a creare sottozone provinciali che possano raccontare meglio un territorio che, a differenza di altri in Italia, ha denominazioni enormi e pochi vitigni che, però, si esprimono in maniera enormemente differente da un posto all’altro.
Il progetto è andato avanti e oggi si comincia a parlare di Terre di Chieti, Colline Pescaresi, Terre dell’Aquila, oltre che di Teramo e Colline Teramane, e ancora di due docg più piccole in attesa di approvazione: Terre dei Vestini e di Terre di Casauria. Un po’ come nel caso delle U.G.A. nel Chianti Classico o delle Pievi a Montepulciano, ci vorrà un po’ di tempo per vedere la rivoluzione in etichetta, ma il lavoro sul lato della comunicazione è già avviato. A Vinitaly, come negli eventi internazionali, troverete gli stand dei produttori abruzzesi divisi per sottozona.
L’ Anteprima
Ci siamo ritrovati in quel di Borgo Spoltino, uno dei tanti ristoranti insigniti di chiocciola slow food nel Teramano, per un focus più generale sul rosso abruzzese, con un’ anteprima dedicata alle Colline Teramane in mattinata e poi i vini doc di tutte e quattro le province nel pomeriggio.
Lo stacco a livello qualitativo tra DOCG e DOC ci è parso più che mai evidente: 20 anni di confronto, sperimentazione e lavoro duro per compensare i numeri esigui con una qualità degna di nota hanno portato i produttori teramani ad alzare l’asticella qualitativa di molto e ad aumentare il distacco dal resto della regione. Qualche stroncatura da parte della critica nazionale e internazionale – soprattutto negli anni in cui era ancora arguta – ha incentivato ulteriormente i produttori e oggi la qualità media dei vini della sottozona è finalmente degna di nota. Tra i fattori più “anomali”, notiamo un’incidenza particolarmente importante di produttori biologici, biodinamici e/o naturali che si voglia dire, a dimostrazione di come questa zona sia una fucina d’innovazione che fa da apripista alla rivoluzione più ampia che sta prendendo piede a livello regionale.
Il resoconto sulle ultime annate:
I 2022 freschi di messa in commercio dopo un breve periodo in acciaio e spigliatezza convincono parecchio: i produttori si sono rivelati capaci di preservare la fragranza del frutto in un’annata che sulla carta è stata bollente. La declinazione “young” aiuta molto in questo senso. 2020 e 2021 sono, invece, annate molto più equilibrate: pronta da bere la prima, più da leggere in prospettiva la seconda.
C’erano anche dei 2019 in degustazione, appartenenti in larga parte alla categoria Riserva. L’annata offriva una bella materia, ma qui entra in gioco l’annoso problema dell’ affinamento più in legno, che in alcuni va a fiaccare il frutto o stravolgere i connotati del vino. I produttori della vecchia scuola – leggasi Montori o Illuminati – riescono ancora a dare un senso a questa categoria, sfruttando l’affinamento più lungo per uscire con vini più equilibrati. Altri, invece, fanno fatica a trovare una quadra.
I migliori Montepulciano d’ Abruzzo delle Colline Teramane delle ultime annate:
Tenuta Terraviva – 2022
L’epitome del Montepulciano di nuova generazione: viticoltura biodinamica, fermentazione spontanea, 12 mesi in cemento. Un po’ riduttivo sulle prime, ma al contatto con l’aria emerge un frutto succoso e croccante che va a braccetto con ferro, erbette e un accenno di oliva salamoia. Di medio corpo, con dinamica spigliata e sapidità quasi marina a rafforzarne l’effetto sgrassante. Perfetto con l’agnello in tutte le sue declinazione.
Abbazia di Propezzano – 2021
Si passa ad un versione affinata in legno grande, con qualche mese in più di riposo. Ma lo stile è sempre molto artigianale e il vino mette insieme freschezza fruttata e tracce evolutive di spezie ed erbe balsamiche. La dinamica è in bocca è quasi a metà strada tra Montepulciano e Sangiovese: rintocchi di arancia sanguinella incalzano la solita ciliegia molto matura del Montepulciano e danno vita a un sorso molto saporito, forse appena asciutto in questa fase, ma promettente per l’invecchiamento a medio e lungo raggio.
Camillo Montori – Fonte Cupa Riserva 2019
Un classico di vecchia scuola, che sfodera aromi terrosi, di pepe e resina di pino ancor prima che fruttati. Energico, serrato, con qualche accenno di terziarizzazione ma anche tanta freschezza e tannino energico a calibrare un finale sul bosco più che sul frutto. Non il vino più modaiolo, ma tra i più costanti nel tempo.
Fattoria Nicodemi – Neromoro 2020
Qui si cambia completamente stile: il Neromoro fa un passaggio in barrique nuove e usate che non lo sfigura, anzi dà immediatezza, con cenni di liquirizia, spezie dolci e menta che incorniciano il frutto ricco, dolce ma non sovramaturo. Coerente al palato, cremoso ma calibrato dalla giusta acidità e da tannini ben estratti, con finale lungo e vellutato. Moderno, ma non omologato.
Illuminati – Zanna Riserva 2018
Da un vigneto di 60 anni a Controguerra, il Colline Teramane Riserva par excellence è tutto meno che giocato in sottrazione: sfoggia ricchezza neoclassica e dolcezza accattivante, con profumi di visciola che rasentano la “scrucchiata” (composta tipica abruzzese), frammisti a cioccolato fondente, sottobosco, pot-pourri e un accenno di goudron. Pieno e potente, ma bilanciato da giusta acidità e tannini fatti, forse è un pelino tridimensionale rispetto alle versioni delle migliori annate. Rimane, però, un bel classicone che non dispiace mai.
Bossanova – Il Bossa 2022
Fermentazione con lieviti indigeni, cemento e legno grande per un vino trendy quanto base: fruttato e gioviale, ma anche scuro di cuoio, terra bagnata, ferro e salamoia di olive. Succoso e spigliato, di facile approccio, anche se il tannino in questa fase è ancora molto tonico e la sapidità ne rafforza il senso di grinta. Rimane comunque un grande Montepulciano 3.0: senza orpelli, fruibile, ma con la giusta materia per dare soddisfazioni anche nel medio e lungo raggio.
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