Con la presentazione ufficiale del volume “Le Vigne Storiche”, presso la sede dell’Osservatorio dell’Appennino Meridionale, all’interno dell’Università degli Studi di Salerno a Fisciano, s’incomincia a concretizzare l’enorme mole di lavoro svolto da qualche anno a questa parte. Non si tratta, come spesso accade, di un lavoro teorico fatto a tavolino, ma è il risultato di anni di ricerche, sopralluoghi nelle vigne e nelle cantine, realizzato attraverso l’apporto determinante di vignaioli, sindaci, amministratori e studiosi. “Oltre alla valorizzazione di nuovi vitigni e quindi di vini irripetibili altrove – spiega il dott. Raffaele Beato, una vita spesa in Regione Campania con grande passione per il territorio ed i suoi prodotti – lo scopo di questo lavoro è la riscoperta di tali vini come testimoni di un territorio”.
In soldoni, la ricerca intende mettere sotto i riflettori, correlando i vini con il paesaggio, un territorio che deve fungere da volano di sviluppo per l’economia locale, attraverso il turismo del vino.
Non a caso, al tavolo dei relatori era presente anche Elena Martusciello, presidente delle Donne del Vino, che molto ha fatto e sta facendo per il comparto, sia personalmente, con l’impegno della sua azienda sulla propria vigna storica di piedirosso (età presunta circa 150 anni), del Lago d’Averno, sia in quanto presidente dell’associazione, con la continua sensibilizzazione delle aziende associate rispetto a tale ricerca. “Le Vigne Storiche sono una costola della viticoltura di montagna (Cervim) – continua Beato – e come tale, frutto di una viticoltura “eroica”.
Basti pensare agli enormi sacrifici che i vignaioli sostengono in Costiera Amalfitana, o sui dirupi degli Astroni, o ancora sulle ripide colline dell’Irpinia, dove la coltivazione avviene esclusivamente a mano, solo con l’ausilio della zappa. Siamo partiti da una base di 425 aziende, per arrivare, attraverso severe selezioni, a 22 aziende che hanno dimostrato di possedere dei cloni “stupefacenti”. In costiera abbiamo individuato una vigna storica di oltre 160 anni e che comunque riesce ancora a produrre dei vini eccezionali. Questi vini saranno presentati in una manifestazione ad hoc nell’ambito dell’imminente Vinitaly, contestualmente presenteremo anche un’applicazione gratuita in italiano e in inglese attraverso la quale questi vini saranno presenti in tutto il mondo!!! Naturalmente, contiamo anche di incrementare il numero delle aziende, selezionando tra quelle che hanno i requisiti, altre aziende che non hanno risposto immediatamente per pigrizia o altro, ma che sicuramente saranno interessate alla partecipazione all’associazione VI.TE. (Viticoltori del tempo)”. Raffaele Beato non perde nemmeno l’occasione per una critica alla scellerata tendenza attuale delle amministrazioni a tagliare i fondi per la ricerca, con la miope motivazione della crisi. “In tempi di crisi – dice appassionatamente – sarebbe lungimirante implementare le risorse, invece di tagliarle. Il fatto che altre regioni, quali il Molise, la Basilicata, la Puglia, spingano per aderire a questo progetto, la dice lunga sulle potenzialità di sviluppo che il progetto delle vigne storiche possono determinare”.
Entusiasta del progetto, Daniela Di Gruttola, presidente dell’associazione VI.TE., chiama gli associati presenti a descrivere la propria “vigna storica”. Ed è un susseguirsi di emozionanti racconti…un pò per l’emozione, un pò per la passione, ognuno racconta imbarazzato la propria esperienza.
Da Raffaele Moccia della cantina Agnanum che c’ha parlato della difficoltà delle lavorazioni, ma anche della gioia del papà ultraottantenne ancora impegnato nei lavori di vigna, a Prisco Apicella della cantina Giuseppe Apicella che invece ci racconta della sua “Scippata”e delle 18 piazzole che egli e suo padre coltivano da tanti anni, da Flavio Castaldo delle cantine Lonardo che ci parla delle vecchie starsete di Taurasi e dell’impegno a salvare il vecchio vitigno “Rovello”dal quale ricavano il meraviglioso “Grecomusc'”, a Luigi Reale della cantina Reale che a Tramonti coltiva ancora Tintore in purezza dalle antiche vigne familiari. Da Vincenzo Di Meo della cantina La Sibilla, che nei Campi Flegrei coltivano viti antiche di piedirosso, ancora su piede franco, a Luigi Tecce, ” il mago del Taurasi”, che a Paternopoli coltiva una vigna storica impiantata dal padre e dal nonno nel 1930, con allevamento tradizionale a pergola.
E tanti altri ancora…Non potevano mancare all’appello, infine, le sinergie di alcuni sindaci del territorio, particolarmente sensibili a questo enorme patrimonio, soprattutto culturale. Raffaele Ferraioli, sindaco di Furore e coordinatore regionale delle Città del Vino, ha informato la platea circa un progetto di realizzazione della “Campania Wine Card” che prevederà facilitazioni di acquisto a chi la esibirà presso le cantine che vorranno aderire all’iniziativa. E’ intervenuto anche Antonio Giordano, sindaco di Tramonti, che ha chiesto un’anagrafe delle viti storiche, al fine di ottenere così “un museo a cielo aperto”. Ulteriore spazio per il prof. Giuseppe Festa, direttore del master di Wine Business presso l’Università degli Studi di Salerno, che molto sinteticamente ha spiegato l’importanza del valore aggiunto che può assumere l’iniziativa “Vigne Storiche”nell’ambito del mercato globale del vino. Chiudendo la proficua giornata, il dott. Raffaele Beato ha dato appuntamento a tutti, al Vinitaly di Verona, dove la Campania sarà la prima regione d’Italia a portersi fregiare del bollino “vini da vigne storiche”… e scusate se è poco!!! ;-))
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