Il Fiorduva è uno dei vini campani di maggiore successo. A lanciarlo fu il collega Luciano Di Lello che fu il primo ad innamorarsene veramente lanciandolo su Repubblica mentre noi preferivamo il Furore bianco base, quello passato solo in acciaio. Per nostro gusto, un palato non svezzato con gli omogeneizzati che esercitano al dolce, abbiamo sempre preferito freschezza e toni salati. Dobbiamo dire però che da qualche anno il legno in questo bianco prodotto da Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo è stato calibrato in modo diverso.
E siccome la nostra non è una posizione ideologica (legno si, legno no) oggi non abbiamo tema a dichiarare che la versione 2015, provata durante una cena a quattro mani al Comandante dell’Hotel Romeo dove Salvatore Bianco ha ospitato Chicco Cerea, ci ha strabiliato. È stato il secondo assaggio dopo quello, più che convincente, delle degustazioni della guida Slow Wine, ma dobbiamo dire, vabbè non resistiamo al gioco di parole, che ha fatto «furore» dopo un banale Chardonnay piemontese tenendo testa a un paio di Champagne importanti.
Abbiamo sempre amato questa storica cantina scavata nella roccia che ha contribuito ad imporre la qualità dei vini in Costiera Amalfitana come nessun altro aveva fatto prima. Una agricoltura eroica, dove lo spazio della vigna è conquistato alle rocce, su pendenze di tipo alpino e costi incredibili di gestione. Eppure oggi se il paesaggio di Furore è bello e ordinato lo si deve non solo alla lungimiranza di raffaele Ferraioli, storico sindaco del paese, ma anche agli appezzamenti vitati che accompagnano il visitatore quando dal mare ascende al cielo. Il Fiorduva, a nostro miserrimo giudizio, avrà vita lunga in questa versione 2015, la migliore di sempre e regalerà molte soddisfazioni in fase evolutiva.
Fiorduva 2015 Costa d’Amalfi doc
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