E’ stata la settimana di Fico a Bologna. Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo fuori dal coro.
di Catia Sulpizi
Avete presente la scena finale del film The Truman Show?
Quando Christof (Il Regista che arricchiva il suo prestigio sulla pelle del povero Truman) si rende conto che ormai Truman ha scoperto la verità ed è disposto anche a morire pur di far cessare la farsa, decide di interrompere la tempesta e, parlandogli direttamente dal cielo della scenografia televisiva, cerca di convincerlo che la finta vita del colorato set televisivo è migliore e più vera di quella grigia della vita reale?
Quando Truman, non cadendo nella tentazione sceglie la cruda verità e salutando scherzosamente con un inchino il suo pubblico «Casomai non vi rivedessi… buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!», si avvia determinato a scoprire la verità?
Questo è ciò che ho provato dopo aver partecipato all’anteprima di Fico: un traboccante bisogno di Vero.
Tutto quel cibo patinato, ben confezionato, frutta e verdura dai colori fluorescenti, quell’idea di serra come il meglio che ti potesse capitare nella vita, fabbriche artigianali contadine dove il contadino assume i connotati di un broker più che di un uomo che “puzza” di fatica e soprattutto la totale assenza di profumi del cibo in un posto che vuole essere la meraviglia dell’agroalimentare italiano mi è sembrato veramente un po’ troppo come forzatura per dichiarare l’eccellenza italiana.
Non a caso tempo utile di fuggire sono andata a riprendere fiato dentro l’Osteria la Bottega dove al contrario tutto trasuda di autentico.
E mentre inebrio l’olfatto con la mortadella Pasquini, avvolta in un velo di malinconia per la recente chiusura del salumificio, riunisco le informazioni acquisite durante la visita al colosso e penso per rimanere in tema di maiali “le perle ai porci”, ci è stata data l’opportunità di fare una Grande Cosa Giusta e noi ci siamo ridotti a fare semplicemente una Grande Cosa.
Perché che Fico sia Grande questo è fuori dubbio.
Ma al posto della parola Cosa che ci mettiamo?
Una Grande Crescita per Bologna.
Le parole di Farinetti non lasciano dubbi a tal proposito “L’obiettivo è quello di creare un luogo che attragga 5 milioni di persone, se va male, l’Italia, come meta turistica nel mondo, è prima tra i desideri ma quinta nei numeri. Fico dovrà essere quello che in Francia è il Louvre: qui si deve capire qual è l’arte italiana“.
Con questi numeri le camere vuote degli alberghi, i taxi inattivi e la disoccupazione divengono un miraggio, il prestigio della città aumenta e tutti vissero felici e contenti.
Sul “tutti” mi riservo, ma certo sarebbe stato utile per evitare ai bolognesi la sensazione del “tu vieni a fare il padrone a casa mia” che Fico qualcosa di Bologna la raccontasse al suo interno, dal momento che sei sempre tu Farinetti a dichiarare nella scelta della città “Bologna è considerata una delle capitali gastronomiche d’Italia celebrata da secoli per la sua tradizione culinaria ed enologica, tanto da essere soprannominata “la dotta e la grassa”.
Lo spazio c’era non farlo è scortesia
Una Grande Impresa.
Ma quale Grande! Grandissima, immensa, imponente, smisurata.
FICO Eataly World è il più grande parco agroalimentare del mondo:10 ettari
Fabbrica Italiana Contadina racchiude la meraviglia della biodiversità italiana attraverso:
2 ETTARI di campi e stalle all’aria aperta
8 ETTARI coperti con 40 fabbriche, oltre 45 luoghi ristoro o botteghe e mercato
Aree dedicate allo sport, ai bimbi, alla lettura e ai servizi
6 aule didattiche,
6 grandi “giostre” educative, teatro e cinema
Un centro congressi modulabile da 50 a 1000 persone
Una Fondazione.
Seppur tutto questo nella scelta architettonica e degli arredi non racconti nulla di nuovo (pardonnez-moi mi ero per un attimo dimenticata del piano-cottura ovvero il pianoforte che può essere anche cucina), non si colloca in una scelta stilistica e tantomeno è espressione di una identità ragionata e lungimirante, non sei “green” non sei glamour, non sei futuristico, non sei lussuoso, di certo non sei per la cura del dettaglio, se non fosse per qualche bottega e qualche ristoro che ha dato una buona sterzata nell’allestimento della sua area, per me sei un certo commerciale del cibo. Grande però!.
Riguardo la scelta della sede ci sarebbe poi sempre da chiarire quella questione dell’inceneritore che produce cadmio in quantità di gran lunga superiore alle norme consentite che sorge proprio accanto e che, come espresso da Greenstyle, secondo gli oncologi dell’Associazione Nazionale Medicina Democratica, sviluppa la possibilità di un aumento di malattie tumorali o di aborti spontanei, ma sicuramente tutto il personale di Fico sarà stato messo a conoscenza della possibilità.
Una Grande Idea.
Questo è innegabile, una Grande Idea.
Non a caso in molti sono scesi in campo per attuarla, soldi pubblici e privati, fondazioni, una struttura pubblica il cui recupero, come dichiarato dalla Dott.ssa Primori, sarebbe valso la cifra di 100 milioni di Euro, certe scelte si fanno o per una Grande Idea o per Grandi Interessi.
Per fortuna “noi” l’abbiamo fatte per una Grande Idea.
Incoerente e Incompleta mi permetto la presunzione di aggiungere.
Incoerente:
Gia sull’uscio della porta d’ingresso ho il primo sentore, dove un cartellone recita quello che dovrebbe essere il payoff del tuo essere: “In Europa ci sono più di 1200 varietà di mele…, 1000 in Italia e 200 nel resto d’Europa, per questo abbiamo fatto Fico, Grazie Melinda”
Qualcosa non torna, al consumatore medio o al bambino che legge in maniera semplice che informazione vuoi dare? Che Melinda da sola fa 1000 varietà di mele? Che Melinda è la prescelta poiché è quella che le fa più buone? O che i restanti dei 1000 sono degli sfigati con le mani troppo sporche di terra per entrare nel super Fico?
Perché anche qui lo spazio (e i soldi) per farli stare non dico tutti, ma i meritevoli di grado c’era; è la volontà che a quanto pare è stranamente mancata.
E questa scelta è ancor più bizzarra se si analizza il core business di Fico dove le due parole più ricorrenti sono educazione ed eccellenza.
Educazione che richiama formazione.
Eccellenza che richiama educazione alla qualità.
Ampi spazi per la didattica, per le scuole, ci sono le giostre formative, le fattorie didattiche, il tutto è stato pensato per dar risalto al ciclo produttivo, alla filiera, caro consumatore da oggi non solo avrai l’opportunità di comprare l’eccellenza italiana come fin oggi è stato con Eataly, ma potrai guardare con i tuoi occhi, capire con i tuoi sensori come si produce l’eccellenza italiana.
Devo ammettere che la parte strutturale della produzione, oltre ad essere ben sviluppata è una inedita opportunità di conoscenza.
Ma quello che emerge, anche qui è la volontà non di raccontare il Vero, ma la Favola.
La Favola del fantastico mondo di Farinetti.
Dove tutto è perfetto, standardizzato, senza problemi di cambiamenti climatici, di siccità, di stagionalità, di costi di produzione, di manodopera.
Le stalle perfette, gli animali felici, i processi produttivi impeccabili, ad un certo punto credo di aver visto anche “Heidi che correva felice sui prati”, lo spazio destinato alla mostra del prodotto tirato a lucido, ma poi non chiudi il cerchio o meglio sei coeso nella scelta del prodotto che rappresenta quel ciclo produttivo.
Mi spiace non avrai mai il mio cervello o quello di mio figlio per lobomizzarci e convincerci che l’eccellenza del pollo italiano è Amadori con tanto di panino con cotoletta e Ketchup!
Tu Fico che vuoi fare formazione non pensi che sia più giusto raccontare le razze avicole, magari quelle autoctone, spiegare il loro rischio estinzione e soprattutto dare palcoscenico a chi le alleva con profonda difficoltà per smorzare proprio questo fenomeno di massificazione della scelta?
In fondo anche la scelta imprenditoriale basata sul modello Montano con il Mercato Centrale, dove le botteghe non hanno costi di affitto, bensì riconoscono un fee (30% se non erro nel caso Fico) al beneficiario poteva permettere l’ingresso veramente a molti meritevoli dei soliti Ignoti e invece Fico ha scelto Amadori per rappresentare l’eccellenza.
Dicevamo incompleta.
Per chi è Fico?
Chi sono questi 5 milioni di visitatori?
Quanto costa ad una famiglia visitare Fico?
Tour di visita degli spazi: 1 ora 15 euro a persona.
Giostre per fare formazione e didattica indispensabili per capirci qualcosa: 10 euro a persona.
Corso, workshop, laboratorio (diversamente che siamo venuti a fare se non facciamo nulla): dai 20 euroai 65 euro per fare con Carpigiani il gelato artigianale in 1 ora e mezza.
E i bimbi?
Ti pare che con quello che stanno spendendo i genitori non ci sia una ludoteca attrezzata dove lasciarli a divertire e ad imparare (qui bastava copiare da Ikea!)?
Certo AgriBottega ti aspetta nella sua officina della creatività per dare voce all’arte che c’è dentro ogni bambino: 20 euro a bambino per 2 ore.
La fame incalza, di certo nessuno si è portato i panini da casa, via libera alla scelta che prevede l’eccellenza dell’offerta (non a caso Rossopomodoro per la pizza) e dei prezzi intuisco per linearità (perchè di quelli malgrado abbia più volte chiesto nessuno mi ha saputo dire).
Ultimo giro e si torna a casa, naturalmente non prima di aver bevuto un caffè Lavazza, ed aver acquistato il pollo Amadori, il panettone Balocco, il pomodoro Murri o il tartufo Urbani.
Quando ti ricapita!!!.
A conti fatti la spesa è alta, non ho abbastanza elementi per dire se cara o costosa, ma di sicuro è alta, la proposta formativa non è per tutti i bambini o per tutti i consumatori, ma per quelli che se lo possono permettere.
Come mai dovrebbe essere la cultura.
Una Grande Opportunità.
Si certo per Far…inetti!
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