Il Fiano di Avellino è sempre una certezza nel tempo, ormai non si contano più le soddisfazioni regalate dall’attesa, soprattutto quando parliamo di bottiglie che hanno aspettato almeno un anno prima di uscire dalla cantina. Non tradisce mai, ad esempio, Ciro Picariello con il suo bianco blend di uve di Montefredane e di Summonte che con il passare degli anni allunga il passo. Ci capita, ad esempio una 2013 e dobbiamo dire che ci ha lasciati piacevolmente colpiti per la freschezza, la velocità e l’energia della beva. Un vero e proprio capolavoro ottenuto semplicemente dalla giusta attenzione in vigna e da un protocollo di lavorazione semplice, giocato solo sull’acciaio e sull’attesa in vasca prolungata prima dell’imbottigliamento. Grande frutta matura, grinta e chiusura piacevolmente amara per un piccolo grande Fiano.
Scheda del 9 luglio 2015. L’euro è sicuramente responsabile del crollo della rendita rurale. Mentre il valore reale della spesa nei bar e nei ristoranti è raddoppiato, in vigna si è dimezzato ed è per questo che tanti piccoli conferitori che usavano coltivare la terra come reddito integrativo hanno pensato di mettersi in proprio.
Il modello irpino non sfugge a questa regola ed è bello passare dalle analisi generali a quelle concrete, alle storie delle persone. Ciro Picariello avviò la prima vinificazione in proprio nel 2004, in piena crisi dovuta al blocca del mercato americano che ha paralizzato per la prima metà dello scorso decennio il vino italiano.
La sua è però una storia di successo mentre quella di molti altri conferitori no. Come mai? La prima risposta che mi viene, bevendo questa eccezionale 2013, annata veramente benedetta per il Fiano di Avellino, è Ciro non ha pensato di scimmiottare le aziende leader proponendo tutte le tipologie di vino secondo il protocollo classico Falanghina (acquistata a Benevento), Greco, Fiano, Aglianico, Taurasi e magari pure spumante. Chi ha scelto questa strada, cioé la non specializzazione, ha dovuto giocare nel campionato del ribasso dei prezzi a prescindere dalla qualità e spesso si è ritrovato la cantina piena dopo i primi omaggi e i primi ordini.
Ciro Picariello, nonostante avesse anche aglianico nella vigna del pasre, ha impostato l’azienda solo sul Fiano.
Il secondo motivo è stato imitare i suoi vicini Marsella e Antoine Gaita, ossia aspettare un anno prima di commercializzare. Un piccolo grande segreto che è stata la chiave di volta perché questa impostazione, solo apparentemente più difficile, è stata la chiave di volta che ha posizionato il suo Fiano fuori dalle decine di proposte concorrenti.
Il resto, che poi è la premessa, lo ha fatto l’incredibile qualità di questo vino, giocata essenzialmente sull’acidità e la mineralità e che gode del passare del tempo come ha dimostrato la prima recente verticale aziendale organizzata ad Avellino.
Ecco perché ogni millesimo ha una sua storia, il Fiano di Ciro e Rita Picariello conserva un sapore artigianale che altre etichette, magari delle stesse dimensioni, non riescono ad avere.
C’è poi un altro elemento: si tratta di uno dei primi vini di successo che si sono affermati prima con il passa parola sui blog specializzati che sulle guide cartacee. E’ dunque stato adottato con piacere da un pubblico sempre più vasto di appassionati stanco di aspettare i responsi di fine anno per decidere il proprio acquisto. Non è da sottovalutarte, infatti, il fenomeno di molto enotecari e ristoranti che per fare i fighi hanni iniziato a snobbare le guide specializzate.
Sia come sia, il Fiano di Ciro resta uno spettacolo, capace di comunicare la qualità anchea chi non è esperto perché si tratta di un bianco che piace, efficace nell’abbinamento.
La 2013 è un po’ tutto questo: un millesimo perfetto in cui tutte le componenti sono al posto giusto, ricca di acidità, nota leggermente fumé, agrumato. Un sorso lungo insieme dolce e amaro, equilibrato e veloce, tagliente. Imperdibile.
Ciro Picariello è a Summonte in località Acqua della Festa Via Marroni – www.ciropicariello.com – info@ciropicariello.com
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