Terza uscita per il Fiano di Avellino di Maura Sarno. Un sogno, un progetto, il ritrovato orgoglio di una proprietà acquistata dal padre di cui adesso gli appassionati si stanno intrigando. E molto. Il Fiano è un po’ come l’attico di un palazzo, quello ambito da tutti ed è sempre più incredibile la qualità che si riesce ormai a raggiungere attraverso una giusta cura del vigneto e la vinificazione semplice ed essenziale in acciaio.
Si ottengono bianchi gentili e complessi al naso, di corpo e maschili in bocca, con allunghi spettacolari verso note fumé e di sottobosco. Il Fiano di Tenuta Sarno nasce a Candida, un piccolo paese appollaiato sopra i 500 metri in provincia di Avellino. Dopo aver convertito il giardino dei ciliegi in vigna, per quattro-cinque anni si è semplicemente coltivata l’uva per conferirla a terzi. Poi nel 2009 la decisione di fare il salto con l’aiuto dell’enologo Vincenzo Mercurio appoggiandosi alle Cantine San Paolo. Adesso in una vecchia casetta ristrutturata, c’è il progetto di una cantina propria a contatto con il vigneto, poco meno di cinque ettari. Il Fiano in questi suoi primi passi si presenta piacevolmente agrumato, solido, dotato di una buona freschezza e dominato da una forma sottile che rende facile e dissetante la beva. Nella seconda parte del palato c’è il cambio di passo, ci si rende conto della reale dimensione del vino che presidia il palato in ogni parte prima di una chiusura lunghissima, leggermente amarognola, decisiva nel lascia una impronta precisa nella memoria olfattiva. Un Fiano che conferma l’annata non eccezionale ma comunque dignitosa per quqesto vitigno, che continua a marciare davanti al Greco in questo millesimo. Un Fiano da collezione, da conservare per stappare tra sei o sette anni, sicuri di ricevere un grande regalo sensoriale, come pochi bianchi in Italia, soprattutto del 2011, possono permettersi di assicurare al consumatore colto.
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