Presentarsi dopo il Grand Cru Riesling di Florimont 2004 non è certo facile, come suonare sullo stesso palco di una grande band di successo. Ma il Fiano di Avellino 2007 di Guido Marsella si è imposto con piglio deciso partendo proprio dalla materia prima esuberante. Il tappo ancora perfetto dopo 13, uno dei pochi in Campania che non lesina su questo tema, appena un minuto per respirare e via con i sentori di un Fiano evoluto che ormai ben conosciamo, a cominciare dal quel tono fume che è un marker di questa piccola azienda di Summonte ai piedi di Montevergine che per prima ha imposto il consumo di questo bianco a un anno dalla vendemmia aprendo una prateria a quanti hanno avuto l’intelligenza di seguirlo. Salvo poi ad avere la forza di passare a dueanni quando la pattuglia dei ritardatari era diventata troppo numerosa. A Guido Marsella piage distinguersi, ma per la qualità e non dimentica mai chi come Don Alfonso o La Cantinella del Mare a Villammare gli aperto per primo le porte dandogli credito nell’ormai lontano 1998.
Il Fiano ha potuto fare una bella figura dopo l’alsaziano, che pure era a quota 13 grandi, grazie ad una punta di alcol in più, ma soprattutto grazie al corpo notevolmente più ampio e pesante. All’inizio il naso, cmplice anche la temperatura troppo bassa, era quasi muta se non, appunto, per il fumè. Poi si è allargato al cedro, al tartufo, a macchia mediterranea e alla mela ben matura. Al palato, a distanza di tredici anni, si presenta carico di una energia spettacolare, nessun cenno di cedimento. Occupa dunque il centro del ring e diventa persino difficile tornare indietro, al Riesling al punto che dipende dal gusto la scelta non dalla qualità intrinseca delle bottiglie. Il sorso proede sapito, pulito, veloce sino alla chiusura amara che molti definiscono ammandorlata ma che a noi ricorda invece la buccia di limone.
Un grandissimo vino che, attenzione, avrebbe potuto restare in bottiglia ancora per molti anni. Cosa di cui vi daremo conto avendone un’altra ancora in cantina.
Buon Anno!
Report del 1 luglio 2009. Il fiano di Marsella mi ricorda sempre i vecchi amici. Quelli che non vedi da un po’, quelli che – in quella certa somiglianza che hanno con i tuoi ricordi di loro – sono cresciuti ed oggi, son diversi pur essendo sempre gli stessi. Almeno è quasi sempre stato così. Non questa volta. Ma conviene spiegarsi bene.
La bellezza di certe bottiglie, delle piccole vigne, sta nell’alto artigianato di chi le realizza. Di quella firma, quella riconoscibilità, quella peculiarità, sia esso un difetto o un pregio, che le rende diverse. Non tutti sono in grado di capire: c’è chi, gli insicuri, gli stessi molto arroganti e presuntuosi o semplicemente quelli che se ne fottono, preferisce rifugiarsi nei vini “facili”, meretrici, ben confezionati, immobili. I cadaveri profumati, come li ha chiamati qualcuno.
Questo fiano, invece, pur essendo in ogni annata qualcosa di diverso, era sempre eguale a se stesso, eguale al ricordo che avevo, di lui, io. Quella sua opulenza, quella sua grassezza frutto di un territorio, Summonte, e di una scelta, vendemmiare più tardi, che lo rendeva alla cieca, nascosto tra altre bottiglie dello stesso vitigno, solitamente individuabile. Un vino unico, di conseguenza, è per questo bello. Nonostante gli abbia sempre preferito altri, riconoscevo il valore della bevuta e quello assoluto del principio di unicità. Stavolta, invece, sembrava non essere lui. Camaleontico, e tanto è bastato ad eleggerlo (dal sottoscritto) miglior fiano di Avellino di questa annata un po’ storta e calda (all’appello manca solo quello di Antoine Gaita).
Il colore è giallo paglierino, il naso iniziale sottile, di sapidità minerale, leggermente floreale. Mano a mano che si alza la temperatura i toni si fanno quelli del fiano, quelli di nocciola tostata e di leggero fumè. Da qui non si muoverà, mostrando di essere un po’ monocorde. Al palato l’ingresso è irrequieto, sapido e dolce allo stesso tempo, con la frutta che appare per la prima volta, il centro bocca largo e godurioso, il finale giustamente e meravigliosamente acido. Dopo la derapata dell’alcol, gli immancabili 14 gradi, quasi marchio di fabbrica, il ritorno leggermente amaro e mandorlato.
Ecco, dicevo, e chi se lo aspettava. Forse l’annata calda lo ha spinto a vendemmiare prima. Ma questa è solo un’ipotesi, la certezza è che si tratta di un gran bel vino.
Si, viaggia sulle trentamila bottiglie, ma continua ad essere una piccola chicca.
Si, lo so, adesso Marsella produce anche falanghina e greco.
Facciamo finta di niente.
Da bere con Jack Nicholson in Qualcosa è cambiato.
Questa scheda è di Mauro Erro
Sede a Summonte, via Marone 1
Tel. 0825.626555. Fax 0825.62437
Sito: http://www.guidomarsella.com
Enologo: Guido Marsella
Bottiglie prodotte: 30.000
Ettari: 23 di proprietà
Vitigni: fiano di Avellino
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