Uva: fiano
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
La batteria di vini era stata scelta da Vittorio Guerrazzi e chiudeva simbolicamente la Campania al termine di un incontro del corso organizzato dall’Associazione Terra di Vino. Una delle poche davvero impegnate a livello culturale e non commerciale, niente caccia alle sovvenzioni pubbliche o altro: il presidente Gaspare Pellecchia insegna, Vittorio, segretario, lavora nella pubblicità, ciascuno dei componenti del direttivo ha la sua sfera lavorativa lontana dal mondo del vino. La passione trattata in modo professionale e serio, da persone perbene e austere nei modi, rispettose del lavoro di tutta la filiera dell’agroalimentare: uno di quei gruppi, insomma, nati in Italia in questo decennio quando molte persone hanno sentito la necessità di organizzarsi in proprio, andare ad un rapporto con i produttori diretto e non mediato, o comunque non monopolizzato in via esclusiva da altri. A questi appuntamenti è un punto di onore esserci a tutti i costi, un paio di anni fa facemmo una buona conversazione con Luigi Moio, ieri sera ero da solo nella sala del Moccalba a Nocera Inferiore dove ho trovato persistente entusiasmo e sapida attenzione. Del locale credo ve ne parlerà Vittorio prossimamente perché merita una scheda a parte, dei vini vi scrivo io in questi giorni cominciando da quello che più di tutti ha dato senso alla serata, ossia il Fiano di Avellino 2005 di Guido Marsella la cui forza richiama direttamente l’antica edizione 2001, l’ultima con l’etichetta un po’ naif alla quale ero affezionato e che purtroppo è stata abbandonata con il millesimo 2006. Sapete quando tornate in un posto e trovate un palazzotto di cemento invece della casetta in pietra? Ecco, così. Ma c’è una differenza di fondo dopo quattro anni, torno a parlare del 2005: appare chiaro come stavolta ci troviamo di fronte ad un progetto di vino, una idea di Fiano circoscritta e ricercata grazie all’esperienza accumulata in precedenza da Guido: non è uva trattata in modo semplice e classico su un terroir di particolare rilevanza vitivinicola, è insomma una bottiglia di testa non di vigna. Non c’è tema di smentita ad indicarlo come un grande vino, ossia capace di stupire anche chi non ama lo stile eccessivamente minerale e fresco dei bianchi irpini e campani, con un’armonia nella quale anche il non esperto è coinvolto, ma soprattutto con l’enorme complessità olfattiva a cui fa da controcanto quella gustativa possibile da trovare solo quando parliamo di qualcosa di straordinario nel bicchiere, di assoluto, di giusta relazione fra l’intervento dell’uomo e le capacità espressive raggiunte nella frutta in una stagione. La sua attuale rotondità, sia pure supportata da eccezionale forza acida, è l’unica perplessità che mi lascia a bicchiere vuoto, non tanto sulla sua potenza espressiva attuale che è ad alto livello, quanto nella possibile proiezione degli anni a venire, ché temo infatti che scarnificandosi dalla frutta alla fine l’ossidazione finisca per prevalere sulla mineralità e la sempre più esangue freschezza, mentre sulla lunga è proprio su questo equilibrio delle forze che si regge un bianco irpino di memoria. Solo un timore vago, avrei preferito insomma il 2005 un poco più scomposto e irrequieto mentre è olimpico e strafottente nel suo equilibrio, quasi perfetto, oserei dire cotarelliano. Al naso sentori di frutta, agrumi succosi, mele, menta, nocciola appena tostata, un po’ di affumicato, miele di castagno fresco, in bocca l’ingresso è abbastanza morbido, dopo il primo lampo di dolcezza subentra decisa l’acidità supportata dalla forza della struttura e dall’alcol a quota sovradimensionata rispetto a questa tipologia, un bianco assolutamente grasso e pieno, direi opulento per certi versi, indifferente all’andamento un po’ difficile e piovoso del 2005 per via credo di una decisa potatura e di una scommessa sul giorno della vendemmia in grado di scapolare almeno una buona asciugata di sole sul Partenio. Si potrebbe parlare di una evoluzione verso il linguaggio più che il gusto internazionale grazie a questa sua voglia di coinvolgere anziché di respingere, forse di piacere, un vino della maturità e non della irruenza giovanile delle prime edizioni. La maturità di un uomo coerente, capace di cambiare mestiere e di investire tutto il suo sapere sulla cantina e l’agriturismo, di rispettare i suoi primi clienti che hanno creduto in lui anche adesso che non ha mai a chi dare il prodotto essendo diventato un Fiano cult. Un Fiano, dunque, leggermente più piacioso ma dalle radici non rinnegate, anzi, direi esaltate. Stavolta non voglio consigliare abbinamenti perché questi bicchieri vanno goduti da soli, diventa estremamente volgare mischiarli al cibo, nascono autoreferenti. Al massimo potete berlo come facevamo con Antonio Troisi a Vadiaperti: una bottiglia e un piatto di nocciole da sgranocchiare di tanto in tanto. Basta.
Sede a Summonte, via Marone 1. Tel. 0825.626555. Fax 0825.624374. www.guidomarsella.com Enologo: Guido Marsella. Ettari: 23 di proprietà. Bottiglie prodotte: 30.000. Vitigni: fiano di Avellino
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