Uva: fiano di Avellino
Fascia di prezzo:nd
Fermentazione e maturazione: acciaio
Guido Marsella ricorda bene chi sono stati i primi a credere in lui e, da buon uomo di montagna, ama ribadirlo a parole e nei fatti. Per i fratelli Riccardi della Cantinella del Mare a Villammare nel Golfo di Policastro, come per il Don Alfonso, la fornitura è sempre garantita anche adesso che la domanda supera l’offerta. Quando nel 1997 iniziò a proporre il Fiano di Avellino vecchio di appena un anno lo presero per pazzo, adesso il suo esempio è imitato da almeno una decina di produttori e i suoi bianchi dimenticati nelle cantine sono semplicemente strepitosi. Come questo provato durante l’aperitivo della Vigilia in riva al mare con i fratelli Riccardi e il mitico Enzo Crivella che per l’occasione ha tirato fuori il gelato al nero di seppia, piccolo grande capolavoro. Sorso dopo sorso, sniffata dopo sniffata, sotto i raggi del solo sono sfilati sentori di frutta matura, idrocarburi, zafferano, note balsamiche, funghi. Una complessità incredibile, sostenuta dalla potenza, dall’alcol ben bilanciato dalla freschezza. da non credere che questo vino sia stato lavorato solo in acciaio. Eppure è vero. Se lo trovate, con quella sua etichetta un po’ vintage a cui siamo tanto affezionati, non fatevelo scappare.
Scheda del 25 ottobre 2006. Marsella sta al bianco come il Montevetrano al rosso. Alla fine della nota precedente chiedevo dove fossero le 2004, Alfonso e Livia buoni samaritani hanno rivelato il loro segreto: ma sono da noi, siamo stati i primi a scoprirlo. Infatti al Baby dell’Aldrovandi è ben evidenziato in carta e ancora una volta non abbiamo resistito. Fabio dice che il 2005 è il più buono di sempre, io resto per il momento fermo al millesimo precendente che si è affermato per la complessità olfattiva e la struttura al palato in maniera incredibile, non c’è miglior bianco campano in questo momento sul rapporto tra la qualità e il prezzo perché Guido ha sempre tenuto la testa sulle spalle e non ha mai aumentato il costo nonostante il successo costruito senza le guide a cui non manda i campioni ma con il semplice passaparola. Ecco allora come un prodotto può diventare cult. Ma deve avere davvero del suo per superare le barriere psicologiche altrimenti tutti farebbero così: in questo caso il terroir di Summonte esprime, rispetto alla mineralità classica di Lapio e alla frutta bianca di Montefredane, una nota affumicata che abbiamo riscontrato anche nel Fiano di Piacariello la cui vigna è poco distante, e che ricordiamo nel prodotto di Renna. Alle spalle di questo successo c’è il fatto che la viticoltura per Guido è una passione realizzata grazie alla sua principale attività, affermato imprenditore edile. Le note floreali hanno ormai sgombrato quasi del tutto il campo a questo marker olfattivo a cui fa seguito una beva fresca, potente, intensa, persistente, un retronaso come pochi abbiamo trovato. Confesso che non avrei mai immaginato queste possibilità in un vino del 2004 e mi chiedo allora cosa mai sarà di questi 2006 che finalmente, dopo cinque vendemmie sofferte, si affermano grandissimi nel Sud. Credo proprio ad un lungo invecchiamento per il Fiano di Guido con tante soddisfazioni in arrivo nei prossimi anni perché il prodotto ha appena iniziato la fase evolutiva più interessante. Vi consiglio di berlo assoluto perché è un vino autoreferente, direi senza esagerare di stile alsaziano, completo.
Assaggio del 20 settembre 2006. Ha due anni ma è ancora un bimbo. Scriviamo sempre che questo vitigno ha bisogno di tempo prima di essere bevuto, ma in realtà anche noi abbiamo spesso una fretta immotivata: il 2004 a cui abbiamo tirato il collo nella Cucina Antichi Sapori di Antonietta e Giuseppe a Tramonti avrebbe avuto almeno ancora tre, quattro stagioni da vivere prima di esprimersi con la maturità necessaria. Giallo paglierino, i sentori di erbe di campo sono ancora molto forti, starei per dire verdi se il vino è servito freddo. Ma, a temperatura ambiente come è giusto bere il Fiano di Guido, cresce finalmente la frutta che riesce a farsi largo con decisione: direi pera matura e mela, a cui segue un miele d’acacia molto delicato. In bocca prevalgono mineralità e freschezza, il bicchiere appare appena un po’ composto, pronto a partire per la sua sfida alll’ossidazione imposta dal tempo. Grande struttura nonostante l’annata difficile su cui abbiamo discusso a lungo, anche se dobbiamo dire che le conseguenze sono state migliori delle premesse per quel che riguarda il Fiano, un vitigno capace di mettere in campo la struttura in buon equilibrio con l’eleganza. Direi un bianco sprecato sul pesce, lo abbiamo abbinato ad una zuppa di farro e fagioli e ad un medaglione di maiale in ristretto di aglianico: sì, avete capito bene, la regola infranta ci ha dato molte soddisfazioni perché ormai la salsa era caramellata e il Fiano ha ben contrastato la devastante sensazione di dolcezza a cui già la carne di maiale per sua natura tende sin dal primo ingresso papilloso a cui si aggiungeva la morbidezza del burro. Bene su tutte le paste con i legumi, le carni bianche, i formaggi non molto stagionati. Un grande classico della tradizione campana a cui noi restiamo fedeli perché costituisce una sicurezza: Guido fa solo Fiano, niente altro che Fiano. In acciaio, niente altro che acciaio. Segnalatemi dove si nascondono le ultime 2004, ve le compro tutte per berle entro i prossimi dieci anni.
Sede a Summonte, Via Marone, 1. Tel. 0825.626555, fax 0825.624374. Enologo:Guido Marsella. Ettari: 23 di proprietà. Bottiglie prodotte: 20.000. Vitigni: fiano di Avellino
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