Uva: fiano di Avellino
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Sono passati quasi sei anni dall’ultimo assaggio ufficiale ma dobbiamo dire che questo ci ha definitivamente steso mettendoci di fronte ad un vino in continua evoluzione, freschissimo, ricco e carico di emergia. Sicuramente la 2003 sta regalando bellissime sorprese sia nei bianchi che nei rossi in Irpinia: è una marcia in più costituita dalla differenza di temperatura con il resto della regione che ne ha fatto alla fine una annata calda ma non torrida come è avvenuto altrove e con il reucpero fresco di ottobre.
Il Fiano 2003 di Marsella, sorseggiato alla Cantinella del Mare a Villammare, uno dei clienti della prima ora, ci ha regalato ancora sentori di frutta al naso, mela ben evoluta, agrume, rimandi fumé a corredo e note balsamiche. Al palato il vino ha raggiunto un equilibrio perfetto e assoluto, sostenuto dalla freschezza inesauribile che gli consente una beva di corpo e veloce, con un finale amaro , secco, preciso, sapido.
Un grandisismo vino che ha ancora moltissimo da dire come lasciano intravedere gli sbuffi di idrocarburi al momento appena accennati.
Scheda del 29 marzo 2009. Per fortuna questo vino si trova facilmente nell’alta ristorazione. E dunque ha accompagnato volentieri il tonno marinato con i carciofi di Schito e il crudo di sarago su letto di finocchi preparati al President di Pompei. Difficile aggiungere altro a quanto già stato scritto: l’annata calda emerge un po’ al naso alle note di frutta matura, ma resta assediata dalla mineralità mentre i terziari sono ancora al di là da venire. In bocca è spettacolare per la freschezza, la pienezza, la struttura che ne fanno davvero uno dei più grandi vini italiani: bevuto dopo bollicine Cà del Bosco non solo non ha sofferto ma anzi ha ben presto preso il sopravvento proprio graqzie al corpo. la beva è lunga, rinfrancante, piena e appagante. Sei mesi in più per questo bianco sono un nano-secondo: ha davanti a se ancora molti anni e bevute ricche di spunti: siamo in presenza di un vino semplice di esecuzione ma barocco nel risultato finale. Anche se il Guido mi ha deluso molto sul piano della prospettiva commerciale per la sua scelta di produrre anche Falanghina, tanto di cappello al suo Fiano: dopo quello di Clelia resta davvero il migliore. E va rispettato per la fedeltà delle sue esecuzioni, mai modaiole, mai orecchiabili.
Assaggio del 27 settembre 2008. Avviso agli amici di Divino Scrivere, grandi appassionati dei vini di Guido di cui cercano le annate vecchie. A Napoli Terrazza Calabritto ha in serbo una buona profondità, capace di scendere sino al 2001. Ieri abbiamo fatto una miniverticale deliziandoci con la tartare di tonnacchio del Golfo, fettuccine di Garofalo alle zucchine e spigola reale su vellutata di pomodorino del piennolo accompagnati rispettivamente dal 2006, dal 2004 e dal 2003. La bevuta a sorpresa è stata proprio l’ultima annata che si è liberata dalla materia inizialmente un po’ ingombrante come lo spirito dal corpo per salire direttamente in Paradiso. Niente, dico niente, può far presupporre di essere di fronte ad un vino di un millessimo siccitoso con il caldo tropicale che soffocava i sensi. Di più: ricordo gli Asprinio giallo paglerino carico che dopo un anno erano già senza acidità, le Falanghine gonfie di frutta quasi esotica. Invece, questa viticoltura montanara e scorbutica dall’alto dei suoi 600 metri rimette le cose a posto perché proprio grazie all’altezza e al ritrovato equilibrio climatico riesce a creare grandi vini di lungo corso come in questo caso, annata capace di recuperare il distacco iniziale rispetto alla 2004 e di superarla di slancio grazie ad una struttura completa, sospinta dalla giusta freschezza, pimpante ed efficace sulla cucina sapida dove opera per omeopatia. In effetti è proprio il rapporto dolce/salato l’aspetto più affascinante della maturità del Fiano di Marsella perché con il passare del tempo inizia a esprimere sentori dolci al naso e nel primo attacco per poi chiudere in modo secco e salato, quasi un vino ermafrodito per certi versi, capace di far provare al palato quasi tutto l’arco delle sensazioni possibili. Il naso ancora non è in marcia verso i terziari, niente traccia di ossidazione anche se la frutta bianca cede il posto spesso a note evolute e mature ben ammagliate con speziatura, ancora un po’ di agrumato, mineralità presente ma non preponderante. In bocca è un vero capolavoro, completo, equilibrato, efficace da solo come in abbinamento, lungo, intenso, in discreta corrispondenza con il naso anche se più giovane e scattante. Credo che il segreto di questo vino, nel frattempo Marsella ha cambiato definitivamente vita dedicandosi al suo agriturismo e alla cantina, sia sostanzialmente la buona frutta integra e sana di Montevergine e una vinifcazione semplice che la lascia esprimere senza fronzoli e senza troppe angosce concettuali. Sicché il Fiano si conferma uva di primo piano assoluto, capace di conquistare grazie al suo dolce naturale e non da residuo zuccherino anche i palati meno allenati mentre i bevitori di lunga data restano coinvolti da una complessità senza precedenti, dal nerbo caratteriale espresso nel bicchiere, dalla sua evoluzione affascinante. Fossi un monarca con poteri assoluti vieterei la commercializzazione di questo bianco prima dei due anni, siccome siamo in democrazia dove l’esercizio del consenso è il motore principale della convivenza, scrivo per la milionesima volta di come sia selvaggio bere un Fiano prima di un anno dalla vendemmia. Come uccidere un pulcino senza aspettare che diventi pollo. Dico: ma come si può essere così profondamente stupidi da non capire che Fiano e Greco hanno bisogno di tempo? Spero che anche la 2007 riservi queste sorprese. Ne riparleremo nel 2012.
Assaggio del 18 marzo 2006. Bisogna aver davvero lavorato bene in questa vendemmia siccitosa per presentarsi con un grande bianco a distanza di tre anni. Certo, il terroir in questo caso aiuta, la vigna sorvegliata dal Santuario di Montevergine è sicuramente in uno dei posti più freddi della Campania. Da questo lato, siamo a Nord di Avellino, c’è solo Renna nella vicina Sant’Angelo a Scala. Per questo motivo siamo stati davvero soddisfatti quando, insieme a Diodato Buonora, abbiamo provato il Fiano di Avellino più interessante in circolazione. Molti sono buoni, alcuni come quello di Clelia Romano buonissimi, ma questo è senza dubbio il numero uno in questa annata. Naturalmente il 2004 provato con Paolo Massobrio aveva in questo momento una marcia in più rispetto a questo ma sicuramente siamo in ogni caso davanti ad un prodotto straordinario, di valore assoluto. La sua ricetta è molto semplice: one man, one wine, Guido Marsella continua a fare il costruttore e a produrre nei suoi tre ettari vitati solo ed esclusivamente questo bianco ben strutturato, di cui immediatamente si innamorarono Alfonso e Livia, con molta semplicità e senza grilli per la testa. Vendemmia al momento giusto, magari un po’ spinta ma senza esagerare, poi la vinificazione in acciaio e infine l’attesa lunga quasi un anno dal momento della raccolta prima di metterlo in commercio. In questo modo, senza strillare, partecipare a concorsi o rilasciare interviste, questo Fiano è diventato un vero e proprio ogegtto di cult da parte degli intenditori: in un mondo in cui tutti comunicano a volte staccare la spina è il modo migliore di farsi notare se però ci sono persone attente in giro a guardare oltre il fascio dei riflettori. Noi pensiamo che, in assoluto, questa è la massima espressione mai raggiunta nella lavorazione del Fiano: il naso è complesso, articolato dai sentori di macchia mediterranea alla frutta bianca per poi scivolare verso la mandorla e la nocciola tostate. Come i Fiano inizio anni ’90 di Antonio Troisi, Guido ripropone la sicurezza della classicità rassicurante, più forte delle mode. In bocca ha una struttura molto solida, sembra quasi un greco, l’alcol sui 13 gradi è arrotondato dalla morbidezza ma resta la freschezza a sostenere la beva sin dall’ingresso nel palato per restare a lungo dopo aver degluttito. Sappiamo bene che l’economia di una docg non può reggersi solo con lo stile di Marsella, ma questi personaggi sono molto utili quando si tratta di recuperare il senso della misura di quel che si scrive e di quanto di beve. Noi lo immaginiamo su una grande cernia al forno, anche un po’ salsata.
Sede a Summonte. Via Marone, 1
Tel. 0825.626566
Enologo: Guido Marsella
Bottiglie prodotte: 15.000
Ettari: 3 di proprietà
Vitigni: fiano di Avellino
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