CANTINA DEL BARONE
Uva: fiano
Fascia di prezzo: fuori commercio
Fermentazione e maturazione: acciaio
La notte bianca
Ieri vi ho parlato di una Falanghina base fresca fresca a tre anni dalla vendemmia ribadendo ancora una volta le infinite potenzialità di queste uve coltivate su suolo vulcanico. Nulla da aggiungere dopo questa notte bianca appena trascorsa nella mia casetta cilentana e aver bevuto il Fiano 1999 di Antonino Sarno portato dall’amico Paolo De Cristoforo del Gambero e inserito in una fantastica sequenza proposta da Giovanni Ascione di Bibenda iniziata con il Riesling Marimin Gruhauser Abtsberg 1996 da lui stesso introdotto, proseguita con il Meursault Genevrieres 2006 di Latour Giraud voluto da Bruno De Conciliis, poi il Fiano e ancora il Clos Thoer 1998 sparato omeopaticamente sugli ziti alla genovese, il Trebbiano Marina Cvetic 2001 di Masciarelli sulla carne, Les vieux clos 2005 proposto da Manuela e Peppe, ancora il Serole, il 2001 prima del finale con Chateau d’Yquem 1996 sulla mitica <polacca> della pasticceria Mungiguerra di Aversa e le bollicine conclusive Sadi Malot. E’ stato il secondo tempo dopo il primo nel quale si è fatta la verticale di Montevetrano, in programma da un anno, 1997-1996-1994-1993-1992 di cui prima o poi vi parleremo. Vista da Sud, il Trebbiano aveva ancora un po’ di legno da digerire ma oltre al naso intrigante esprimeva veramente una bella freschezza, il Serole 2004 conservato nella mia cantina a Vallo, nel cuore del Cilento, dove si è giocata questa partita, era in assoluta e perfetta forma. Ma la sorpresa della serata è stato il Fiano di questo piccolo produttore, uno dei primi ad imbottigliare, partito nel lontano 1989 a Cesinali, un paesino della Valle del Sabato. Quella, per capirci, lungo la quale scorre l’asse di collegamento tra Salerno e Avellino e famosa prima per i nocelleti di cui restano decine di toponimi, la stessa Cantina del Barone come adesso si chiama è appunto a via Nocelleto che attraversa i paesini sino al capoluogo irpino, che avevano sostituito lo sciascinoso molto diffuso a valle e che bilanciava l’aglianico. Da queste parti, del resto, ha avuto origine la storia della famiglia Mastroberardino. Si tratta di terreni a bassa quota, ricchi d’acqua, con una buona ventilazione dovuto al fatto che quest’area collega l’imponente massiccio del Terminio al Partenio creando una situazione di tipo alpino pure essendo a 20 chilometri dal mare. Sempre d’inverno la nebbia avvolge questa valle con l’arrivo della sera per liberarsi la mattina. Una sorta di frigorifero naturale insomma, dove Sarno, Del Nonno, e poi I Favati, Urciuolo e Villa Raiano costituiscono una bella espressione del territorio soprattutto attraverso il Fiano. Questo 1999 è arrivato assolutamente integro all’appuntamento cilentano, ignaro di doversi misurare con etichette certamente più rinomate e amate, la nota di nocciola che appare come descrittore tipico di questo bianco era forse il marker principale, nocciola tostata al naso, bella struttura e assoluta pienezza in bocca, la freschezza dell’annata meravigliosa era assolutamente integra e l’impressione finale resta quella di una evoluzione terziaria non ancora completata. In questi anni Antonino Sarno ha continuato a lavorare, mo’ ci vuole, fuori dai riflettori mediatici, producendo soprattutto Fiano. Quando passate da queste parti, l’uscita è Serino, poi direzione Avellino, conviene fare una sosta per entrare in questa realtà rimasta fedele a se stessa in quasi venti vendemmie etichettate grazie al passaggio di testimone al figlio Luigi.
Sede a Cesinali, via Nocelleto 19
Tel. e fax 0825.666751
Enologi: Rocco Rotunno e Luigi Sarno
Bottiglie prodotte: 25.000
Ettari: 2,5 di proprietà
Vitigni: fiano, greco, aglianico
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