Di Carmen Autuori
E’il profumo delle fritture ad annunciare le festività natalizie. Oltre che peccaminoso peccato di gola, sebbene negli ultimi anni sdoganato anche dai nutrizionisti purché fatto a regola d’arte (semel in anno licet insanire), il fritto è sinonimo di festa. Ad avvalorare questa tesi l’usanza, in auge fino a qualche anno fa, secondo cui tutti i cibi fritti venivano banditi dalla cucina di chi avesse subito un lutto nel corso dell’anno.
Nella cultura gastronomica meridionale uno dei simboli più autentici della festa dell’Immacolata che, come da tradizione, dà il via al periodo natalizio, sono le zeppole.
Le varianti sono molteplici, sia negli ingredienti che nella forma. Partiamo da quelle campane. La prima differenza va fatta tra quelle a base di farina, uova, latte o acqua, l’immancabile scorza di agrumi grattugiata, lievito e quelle, le graffe, a cui vengono aggiunte le patate.
In entrambi i casi si tratta di ciambelle di pasta sofficissima che, tuffata nell’olio bollente, tende a gonfiarsi e a presentare una leggera croccantezza all’esterno. Immancabile la finitura con lo zucchero semolato e la cannella. Ci sono poi quelle tipiche di Castellammare (ne abbiamo parlato in questo blog) che si differenziano del tutto dalle zeppole tradizionali: oltre ad essere composte semplicemente da acqua, zucchero, farina e un’idea di anice, non hanno la classica forma a ciambella a cui siamo abituati, ma si presentano come una sorta di frittella gonfia, croccante ma dal cuore morbido, ricoperta da miele e dagli immancabili confettini colorati che ricordano le luminarie natalizie.
Un discorso a parte merita Napoli: qui a concludere il pranzo dell’Immacolata non sono le zeppole bensì i roccocò. Si tratta di ciambelle a base di farina, mandorle, frutta candita e spezie inventate dalle suore del Real Convento della Maddalena nel 1320.
Accanto alla versione dolce delle zeppole abbiamo anche quella salata, parliamo delle “zeppolelle”. Si tratta, anche questa volta, di pasta cresciuta arricchita, a seconda dei gusti, con l’alice sott’olio oppure con un piccolo pezzo di baccalà. In genere vengono servite come antipasto del pranzo dell’Immacolata.
Spostandoci in Calabria sono tanti i termini che le identificano : pittule, grispedde, pittulelle, cuddurieddi, tanto difficili nella pronuncia quanto semplici negli ingredienti. In questo caso ci troviamo di fronte ad un impasto, per lo più neutro, a base di acqua, farina e lievito (solo in tempi più recenti sono state aggiunte le patate) e molto più simile ad una pastella. Dopo che l’impasto ha raggiunto la giusta lievitazione, vanno selezionate piccole porzioni da sagomare a forma di ciambella, reggendo l’impasto con entrambe le mani e ricavando il foro esercitando una pressione con il pollice ed il medio nella parte centrale del pezzo di pasta. Il risultato sarà, come dicevamo una ciambella, però di forma irregolare rispetto alle nostre zeppole. Nella versione dolce vengono cosparse di miele.
Nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia ci si dedica invece alla preparazione delle tradizionali zeppole salate. In questo caso la zeppola che, ricordiamolo, è ottenuta da un impasto neutro, viene farcita con pezzetti di acciughe o di ‘nduja.
In Puglia, precisamente nel tarantino, la tradizione della preparazione delle frittelle è anticipata al 22 novembre, giorno dedicato a Santa Cecilia. Stiamo parlando delle pittule, gonfie e leggerissime sfere di pasta composta da acqua, farina e lievito.
Anche la Sicilia, e parliamo del catanese (in particolar modo Acireale), ci regala delle particolarissime zeppole che sono del tutto diverse, sia nella forma (hanno la forma di bastoncini) che nella sostanza, da quelle che appartengono all’ immaginario collettivo. Si tratta delle zeppole di riso chiamate anche crespelle. Venivano preparate dalle monache del monastero dei Benedettini di Catania nel XVI secolo. Sono realizzate facendo cuocere il riso nel latte, a cui va aggiunta la farina, lo zucchero, la cannella, la scorza d’arancia e il lievito di birra. Dal composto si ricaveranno dei filoncini lunghi che verranno fritti in olio bollente e poi cosparsi di miele, cannella e zucchero a velo.
La ricetta che segue è quella delle zeppole classiche senza patate.
Ingredienti per 30 zeppole medie
1 kg di farina
4 uova intere
200 g di burro morbido
1 cucchiaio di olio evo
500 ml di latte intero
6 cucchiai di zucchero semolato
25 g di lievito di birra
Buccia di 2 limoni grattugiata
Sale
Olio per friggere
Per decorare
Zucchero semolato
Cannella
Procedimento
In una capace ciotola mescolare farina, buccia di limone e sale. Aggiungere le uova leggermente battute. A parte sciogliere il lievito nel latte a temperatura ambiente, aggiungervi l’olio, lo zucchero, il burro sciolto. Unire il liquido alla farina e impastare a lungo, si dovrà ottenere un panetto liscio ed elastico. Coprire e far lievitare fino al raddoppio in un luogo al riparo da correnti. Raggiunta la giusta lievitazione, ricavare dall’impasto delle palline da circa 30 grammi l’una, allungarle a mo’ di bastoncino e creare una ciambella ovale. Lasciar lievitare ancora un’ora coperte e friggere in olio profondo caldo, ma non bollente. Sgocciolare bene e passarle immediatamente in un mix di zucchero semolato e cannella.