di Lello Tornatore
Come da qualche anno a questa parte, Luigi Tecce, produttore di uno dei migliori Taurasi, organizza per il 24 Giugno una festa nel suo “clos”dal carattere nello stesso tempo pagano e cristiano.
Approfitta di questa data per far convergere diverse motivazioni che originano la manifestazione : il suo onomastico, il compleanno, il solstizio d’estate e quindi la celebrazione di un nuovo ciclo della natura.
La festa ha anche un minimo di componente esoterica, ci ha spiegato, con i falò che ardono purificando ogni cosa , stratificati con un ordine capovolto : i piccoli tralci derivanti dalla potatura verde sotto, quelli un pò più grandi sopra, ed infine alla cima della piramide ciò che doveva essere sepolto nella terra, e cioè le radici.
Ma l’atmosfera prevalente che si respira, non è certo quella cupa che con tali premesse si potrebbe immaginare, tutt’altro…Musica innanzitutto, tanta musica, è quello che troviamo appena arrivati.
Ed è una musica che Luigi si è sforzato di organizzare valida per tutte le fasce d’età.
Quella musica popolare che ti avvolge in una magica convivialità insieme a balli, cibo e naturalmente, tanto vino.
A dispetto dei mezzi, certamente non infiniti, ottima l’organizzazione, a partire dai tanti amici che hanno aiutato Luigi nell’enorme parcheggio preparato per l’occasione con una veloce trinciata dell’erba secca, a finire ai cantinieri e agli addetti al barbecue che nonostante il calore della brace rovente che arrostiva loro il viso, avevano sempre un’espressione sorridente, felici di fare qualcosa per Luigi e per i suoi amici.
Per gli amanti del gossip, c’era tanta bella gente, come si usa dire intendendo soprattutto gente importante e di potere. No, io intendo bella gente soprattutto nell’anima, negli sforzi che si fanno ogni giorno per produrre un vino sempre migliore, per ideare un piatto nuovo o più semplicemente per riscoprirne uno antico, insomma il filo conduttore dei presenti, e non poteva essere diversamente, era lo stesso del grande Luigi : la passione sconfinata nel fare il proprio lavoro.
C’era il mago della pizza, Gino Sorbillo, “costretto” a pasteggiare a pane e cipolla dal presidente del comitato promotore dell’IGP per la Cipolla Ramata di Montoro, Nicola Barbato.
C’erano i grandi “fianisti” Ciro Picariello (l’uomo che tinge le unghie alle formiche), Antoine Gaita(le vigneron) e Maura Sarno (la notaressa della qualità).
C’era Fortunato Sebastiano (l’enologo D’Artagnan).
C’erano Michele Sgamato e Gerardo Buono, del ristorante “La Fattoria del Campiglione” di Pozzuoli, la leggiadra Jenny Auriemma della “Locanda di Bu” di Nusco e di “Trattovia” recentemente ristrutturato a Ponteromito insieme al marito Antonio Pisaniello, Alessandro Barletta, slow-food altirpinia, da sempre culo e camicia con Luigi Tecce.
E poi tutta la sfilza dei sommelier : Franco Notarianni, Annito Abate, Rita Lo Schiavo, Sabatino Randazzo, Gennaro Albano…ecc, ecc.
Dulcis in fundo, la nostra cara Marina Alaimo, “in borghese”, interessata più al soffritto di agnello che alle cipolle, soprattutto alle crude. Si, il menù era composto da aperitivo-antipasto a base di “crudo di Ramata di Montoro”, zuppa di soffritto d’agnello di carmasciano (ah, ci fosse stato Maffi qui, si sarebbe consolato…), salsiccia di maiale paternese, spiedini d’agnello alla brace (mi rifiuto di chiamarli arrosticini perchè appellativo abbruzzese, non irpino), contorno di Ramata di Montoro (ancora?), si ma in cartoccio, e alla brace, questa volta…
Abbinamento cibo-vino : aglianico, aglianico, aglianico…e ancora aglianico!!! (What else?).
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