Ecco il testo del’intervista che ci ha rilasciato Fausto Arrighi sul Mattino in edicola oggi primo maggio
Pochi al di fuori degli addetti ai lavori lo sanno, ma Fausto Arrighi, 64 anni, cremonese, una gioventù spesa negli alberghi di mezza Europa prima di essere assunto alla Michelin, è stato uno degli uomini più potenti d’Italia. Ha infatti diretto per un decennio l’edizione italiana della Rossa, la guida che con una sola stella può cambiare il destino di un locale, ancora oggi nel mondo del 2.0. Dal 2013 si gode la pensione, continuando a girare come un matto. Un onorato servizio di critica per 36 anni.
Ma come ha scelto di fare questo lavoro?
«Risposi a una inserzione sul giornale».
Eh? Così si entra alla Michelin? Non ci posso credere!
«Erano altri tempi, si trovava lavoro attraverso i giornali. L’inserzione chiedeva la disponibilità a essere impiegato in una guida turistica. Mi presentai ai colloqui e solo lì appresi che si trattava della Michelin. C’erano altri 50 candidati e fui scelto, forse perché avevo già una robusta esperienza internazionale».
Nel 2002 nasce la Fifty Best Restaurants, la mania anglosassone delle classifiche prende piede e oggi essere nei primi cinquanta è importante come avere Tre Stelle.
«Guardi, per valutare un fenomeno bisogna guardare i tempi lunghi. In effetti l’importanza di questa classifica è più recente e dobbiamo aspettare».
Ma a voi della Michelin ha dato fastidio, in effetti è l’unica iniziativa che sinora ha spezzato il vostro monopolio nel mondo della critica gastronomca su scala mondiale.
«Noi non l’abbiamo mai presa in considerazione. Non facciamo classifiche, pubblichiamo una guida che è al servizio dei lettori e non dei ristoratori. Perciò abbiamo tanta autorevolezza».
Ora però lei è fuori dai giochi editoriali, cosa ne pensa?
«Credo che sia un buono show, ma ho molti dubbi sulla attendibilità e sulla serietà della sua impostazione».
Anche lei pensa come il direttore delle Guide Espresso Enzo Vizzari che si tratti di una combine?
«Certo qualche scambio di favori ci deve essere. I 900 giurati dichiarati non conoscono infatti tutti i ristoranti, come possono votare in maniera convincente per i clienti? Insomma ognuno vota chi conosce e l’amico di chi conosce. È più un apprezzamento alla capacità di relazione che alla cucina».
Una certa linea anti-francese emerge, visto che il primo ristorante d’Oltralpe è solo undicesimo e si tratta di un italo-argentino a 50 metri dal confine con la Liguria.
«Non direi questo. Direi piuttosto che la critica anglosassone non avendo né la tradizione gastronomica e né grandi prodotti da esibire si concentra piuttosto sulla esibizione tecnica, sulla capacità di stupire più che di raccontare, di rottura più che di continuità».
In fondo i Roca e il Noma hanno una cifra comune, a cominciare dallo stile dell’esperienza.
«Ma anche gli italiani ”sdoganati” al vertice della Fifty Best, a ben vedere, sono grandissimi nella tecnica e nella creatività mentre alcune assenze sono davvero sconcertanti».
Beh, anche quella di Piege in Francia lascia spiazzati. Tutto serve soprattutto a far parlare per la gioia degli sponsor?
«Diciamo che la Fifty Best promuove gli effetti speciali, ma le classifiche delle cucine sono un’altra cosa».
Per esempio?
«Serve un anno per preparare solo un piatto al Bocuse d’Or. La gastronomia non è un giorno elettorale, ma il lavoro quotidiano fatto ogni giorno al servizio del cliente. E i concorsi seri non si fanno con le schede».
Sta davvero tramontando il grande ristorante?
«Lo stile di una sala, la cura dell’hotellerie, il servizio, la possibilità di scelta, avere una grande cantina, la carta delle acque, dei distillati, delle tisane. Sono cose che saranno sempre apprezzate da chi ha cultura in tutto il mondo. Al ristorante non si va come in un laboratorio per apprezzare gli effetti speciali».
A lei il Sud deve tantissimo: mai tanta attenzione alla Campania e alla Sicilia
«Sono regioni baciate dalla fortuna. Qui in cucina meno si fa e meglio è, quei cuochi quando hanno smesso di scimmiottare altri stili hanno raggiunto il successo che meritano»
Arrighi, ora può fare outing: ma lei quando deve farsi perdonare da sua moglie in quale tristellato dove la invita?
«Dal Pescatore della famiglia Santini o da Heinz Beck»
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