di Raffaele Mosca
La beatitudine dell’oblio in due vini da territori distanti ma accomunati da un fattore: l’essere usciti indenni dalla rivoluzione industriale dell’agricoltura, motivo per cui sono ancora ricchi di materiale genetico che in altre zone è andato perduto.
A fare da fil rouge c’è la famiglia Cantoni, che già nel 1997 ha lasciato il lodigiano, dove possedeva un’azienda agricola senza vigneti, per approdare nelle Terre di Pisa, uno dei territori meno battuti della Toscana del vino. “ Nel 2019 ci siamo resi che il mutuo acceso per rilevare la prima azienda avevamo quasi finito di pagarlo. E allora ci siamo detti: perché non prenderne un altro e iniziare un altro progetto?”.
Da qui l’approdo sull’Etna con Produttori Etna Nord… ma facciamo un passo indietro e andiamo alla Fattoria di Fibbiano, l’azienda sui crinali di Terricciola. Un territorio anomalo per la Toscana: si prende un pugno di terra dalle vigne e si trovano ostriche, conchiglie e residui vari degli antichi fondali marini. Oggi il Tirreno è 17 chilometri più in là: ha una certa influenza sul clima. Eppure si fa fatica a pensare alle Terre di Pisa come a un areale vitivinicolo quasi costiero.
Bolgheri non è lontana e in molti hanno piantato varietà internazionali in zona. Ma alla famiglia Cantoni espiantare vigneti centenari sembrava un peccato mortale: da qui la decisione di mantenere piante e toponimi settecenteschi e di seguire un approccio molto “minimal” nella produzione vinicola, con fermentazioni spontanee e botti grandi al posto delle barrique che hanno avuto la meglio sulla Costa Toscana.
È così che il Ceppatella 2018 proviene da vigne centenarie, con biotipi di Sangiovese non presenti negli impianti più moderni. La differenza la si nota già dal colore: molto più cupo di quello del classico Sangiovese di Montalcino e del Chianti. Un rubino violaceo che anticipa profumi più canonici: viola e giuggiola su felce e macchia mediterranea, preludio a un sorso carnoso e avvolgente, di bella immediatezza. Non ha il grip e la verve sanguigna del Sangiovese classico, ma offre tanto equilibrio e materia ricca, esuberante, tra mora, chinotto, alloro e terra bagnata, con margini di miglioramento nel tempo non trascurabili.
Da Pisa a Castiglione di Sicilia la strada non è troppo lunga: un’ora e dieci di volo e poi un po’ di tornanti da Catania. “ Siamo andati spesso in giornata: se molti Toscani hanno investito sull’Etna è anche perché i collegamenti sono buoni”. La zona è oramai l’epitome del territorio dimenticato, pieno zeppo di viti centenarie, ancora tutte da scoprire, e quindi è inevitabile che Nicola e famiglia si siano sentiti a casa.
I primi vini, millesimo 2021, sono prodotti di parcelle affittate prima dell’acquisto della tenuta attuale che, a regime, consterà di circa 6 ettari vitati. Nonostante tutte le limitazioni del caso, legate anche alla vinificazione in cantina non propria, riescono ad evidenziare un buon “manico”, con il rosso che incarna bene lo stile della zona clou per il Nerello Mascalese: quella a nord del paese di Castiglione di Sicilia. Un territorio dove il vino acquisisce sul serio una personalità da Pinot Nero in salsa siciliana: il profumo in questo caso è suadente e cangiante di rosa canina, liquirizia, mirtilli rossi e ginseng. La bocca è spinta molto sull’ acidità sanguigna: fa pensare a una raccolta leggermente precoce. Ma la freschezza è molto allettante e, alla fine, non ci sono sbavature, motivo per cui ci sentiamo di scommettere su di una buona evoluzione in bottiglia.
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