di Pasquale Carlo
La Falanghina ha il bouquet da grandi vini. Una forza che abbiamo avuto modo di tastare nel corso di una recente verticale dell’azienda guardiese Aia dei Colombi. In passerella cinque annate di Vigna Suprema, il prodotto bianco di punta dell’azienda. Eravamo in compagnia di Angelo Pizzi, altro grande protagonista del successo del brand falanghina, l’enologo che subito intuì le grandi potenzialità di questo vitigno quando, ancora non quarantenne, giunse alla Cantina del Taburno: metà degli anni Ottanta, le riconoscibili bottiglie dell’azienda di Foglianise conquistarono le tavole di Napoli e Roma. Fu l’inizio della scalata, a cui hanno dato grande contributo tanti altri protagonisti: dalle aziende medio e piccole alle grandi cooperative sociali.
Un successo che è ancora tutto da scrivere: parola dei calici in degustazione.
Cinque annate, un viaggio a ritroso dalla 2016 alla 2007.
Tutte vinificazione non lavorate per progetti a lungo termine.
Eppure, ci fosse stato ancora il bisogno, la falanghina è riuscita a dimostrare tutte le sue capacità di reggere gli anni. L’esempio più eclatante è quello fornito proprio dall’etichetta 2007, frutto di una vendemmia indimenticabile che ha esaltato in modo incredibile l’attenzione in vigna e in cantina che sono alla base di Vigna Suprema. Colore giallo carico, impianto olfattivo ampio, intrigante con belle note di idrocarburi avvertibili dopo tanta frutta gialla secca. Ma è al palato che il vino ha lasciato tutti senza fiato: una elegante complessità tenuta su dalla nota di freschezza estremamente viva.
Il grande pregio dell’acidità che segna la varietà. Questo cru, così come successo in altre occasioni, con altri cru, ha chiaramente manifestato la baldanzosa maestosità di questo vitigno, che in questo momento rappresenta sicuramente l’arma più feconda per un territorio molto spesso relegato ai margini delle dinamiche importanti, anche enologiche.
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