è andato dunque così, tanto nell’era del vitigno internazionale quanto in quella della barrique usata più come «tauto» che per far ossigenare ben il vino e adesso, con la crisi capace di riportare tutti con i piedi per terra, e la compressione dei prezzi delle uve come delle bottiglie, Nicola Venditti si ritrova a fare vini moderni e life style. Per questo motivo la sua iniziativa di fare la vendemmia notturna è guardata con simpatia e non vissuta come spot pubblicitario, uno dei tanti inventati negli anni ’90 per sopperire alla mancanza di idee con un po’ di marketing di assalto.
L’appuntamento è domani alle quattro, per la terza edizione della «Raccolta e Racconti divino notturno», ma chi vuole può andare già oggi pomeriggio alle 18 nell’antica masseria a Castelvenere, il comune più vitato della Campania che ad agosto ha ospitato anche il Primo Festival Meridionale delle Piccole Vigne: in programma una relazione su «La vera storia dei miei vitigni», a seguire l’asta delle prime 30 bottiglie numerate della raccolta notturna del 19 settembre dello scorso anno battuta da Michela Guadagno, neo direttrice della Grande Notte del Rosato a Fabbrica dei Sapori, infine la cena, sempre in azienda.
Poi un pisolo e infine al lavoro. Scegliere tra i vini di Nicola, ottenuti da uve biologiche da tempi non sospetti, è sempre un dilemma per l’appassionato: la freschezza del suo Barbetta va da contrappeso alla classicità dell’Aglianico Marraioli, le due versioni del Solopoca, bianco e rosso, sono sempre da incornciare.
Stavolta mettiamo sul podio la Falanghina 2008, piena espressione della sua filosofia non urlata, semplice, lineare, comunicabile, mai eccessiva. Da bere sicuramente sulla cucina di mare nel suo complesso, ma anche su tante preparazioni dell’autunno sannita a base di funghi e di castagne. Una bella espressione del territorio campano, da iscriversi senza esitazioni tra i classici di una enologia a cui Nicola ha contribuito non poco a restituire la dignità perduta.