Il primo giugno abbiamo promosso con Radici la prima manifestazione che riuniva gli Spumanti del Sud partendo da alcuni dati concreti: la Campania marcia a tappe forzate in questa tipologia insieme a tutte le regioni italiane. Infatti siamo a oltre un milione di bottiglie prodotte nel 2012, di cui il 75 per cento vengono lavorate in regione.
Un giro di affari sorgente che supera i cinque milioni di euro e che prevedibilmente raddoppia al consumo.
C’è attesa e tensione verso questo segmento che vede proprio i mercati di Campania e Lazio in espansione e il clamoroso successo della manifestazione lo ha dimostrato.
Un fenomeno variegato e complesso, in cui rientrano le 200mila bottiglie della Guardiense in cinque tipologie diverse e il metodo classico dei Feudi avviato con Selosse, sino alla rifermentazione artigianale di CaseBianche e Picariello.
Poco più di 250mila bottiglie, invece, vengono spumantizzate fuori regione. Anche qui rientrano categorie diverse, dalle piccoline che non superano le diecimila bottiglie ad alcune storiche, come I Borboni che tra i primi proposero bollicine da uve autoctone, segnatamente l’Asprinio, ormai vent’anni fa senza mai decidersi ad attrezzarsi in proprio.
Si tratta di un fenomeno sostanzialmente positivo oltre che legittimo: con lo spumante, l’unico settore che cresce in Italia nel mondo del vino, si fa subito cassa, alcune aziende riescono a sopravvivere evitando di sottoporsi allo strozzinaggio delle banche. Ma soprattutto si è avviato un frenetico e impegnativo processo di sperimentazione, in particolare in Campania, con i vitigni autoctoni che è uno dei segni distintivi, certo non l’unico, che costruisce il processo identitario territoriale della viticoltura regionale e meridionale.
Nessuno dei protagonisti di questo segmento pensa lontanamente di paragonarsi allo Champagne, al Trentino o alla Franciacorta. Come del resto i bianchisti campani non pensavano vent’anni fa di paragonarsi ai friulani e ai trentini prima di riprendersi totalmente il mercato casalingo e partire sull’export proprio grazie alla ricerca e agli investimenti, oltre che ai sacrifici familiari e al rischio di impresa in un paese che punisce chi produce reddito in agricoltura.
Personalmente trovo alcuni prodotti interessanti e in grado di competere con la maggioranza dei Prosecco che girano nei bar e nei ristoranti come aperitivo e naturalmente mi fa piacere che il comparto campano e meridionale abbia deciso di lavorare anche qui perché in una fase di crisi chi investe e crea posti di lavoro, o semplicemente rende possibile il sostentamento della propria famiglia, va incoraggiato e non deriso.
Del resto chi fa vini dolci al Sud non pensa di produrre vini migliori dei Sauternes!
Per un ristoratore o un pizzaiolo è sicuramente qualificante avere in carta anche una bollicina della propria regione.
Dunque un giudizio, quale che sia, deve essere ponderato sulla realtà.
Soprattutto se si ha la responsabilità di un guida sulle spalle. Mi piacerebbe dunque che Paolo de Cristofaro, persona seria, bravissimo degustatore, mettesse lo stesso impegno sia nel valutare un vino che nell’analizzare la realtà quando prova a fare le sintesi perché se si inseguono le sensazioni, come già altre volte è capitato, le impressioni, gli umori a prescindere dai fatti si rischiano brutte figure che i facili e prevedibili ragli di consenso (emessi secondo la logica amico-nemico e non sul merito delle questioni) certo non possono cancellare ma, anzi, amplificano tra chi in questo lavoro ci lavora e ci vive da anni e non ci gioca.
Ecco cosa scrive, tra l’altro, sul suo blog Tipicamente: “Autoctono. Terroir. Ampliamento delle frontiere degustative. Uhm, effettivamente non suona male. Però, mannaggia, non riesco a ricordare (Quarto e Sorbo Serpico a parte) dove ho visto una pupitre o un’autoclave negli ultimi 3-4 anni di scorribande per la mia regione”.
Ci fa sicuramente piacere che Paolo abbia finalmente messo la testa fuori dal cerchio magico approfondendo la realtà extra Montefredane, per esempio accorgendosi qualche settimana fa dei vini di una nostra chiocciola del Cilento dalla prima edizione Slow Wine o di quelli del Vesuvio e dei Campi Fregrei. Ma cavolo, solo per restare in Irpinia, a Montefusco c’è una azienda, Montesole, che per prima ha lanciato gli spumanti con le proprie autoclavi ormai da dieci anni da uve autoctone e che di bottiglie ne fa centomila! E di Struzziero che ha fatto per primo metodo classico con il Greco negli anni ’90 ne vogliamo parlare?
E che dire della Guardiense che da sola ne produce 200.000? Non posso credere che al responsabile della guida del Gambero Rosso siano sfuggite le autoclavi della foto quando ha visitato la cantina che da sola rappresenta un quarto della superfice vitata del Sannio. Né posso credere che coordini i lavori regionali di una guida importante senza esserci mai andato, sarebbe come un epatologo che non ha mai visto un fegato.
Ecco allora: è sicuramente giusto sottolineare il disappunto, o il semplice non essere d’accordo, verso chi spumantizza legittimamente al Nord, ma da qui a dire che questa sia la realtà campana ce ne corre. Anzi, si afferma il falso e si danneggia gratuitamente la reputazione di un settore.
Già, perchè la dose viene rincarata su Facebook:
Qualcun altro c’è, chiaramente. Se ampliamo il ragionamento, subito mi vengono in mente per esempio gli spumanti di Azienda Agricola Casebianche o di Ciro Picariello. Ciò non toglie che siano in percentuale molto pochi i produttori campani che seguono l’intero processo per le loro bollicine rispetto a quelli che hanno almeno uno spumante in gamma. Forse è un aspetto su cui vale la pena di riflettere.
Riflettiamo. Si. Magari sui fatti: ecco chi spumantizza le uve in regione producendo le circa 750mila bottiglie sfuggite a Paolo.
FEUDI DI SAN GREGORIO 100.000 METODO CLASSICO
LA GUARDIENSE 200.000 TRA METODO CLASSICO E CHARMAT
CANTINA SOLOPACA 65.000 METODO CHARMAT
MONTESOLE 80.000 METODO CHARMAT
D’ANTICHE TERRE 5.000 METODO CHARMAT
DI MARZO 3.000 METODO CLASSICO
CANTINA DEL TITERNO 15.000 METODO CHARMAT
CORTE NORMANNA 25.000 METODO CHARMAT
CANTINE RIUNITE GUARDIESI 10.000 METODO CHARMAT
CARPUTO 3.000 METODO CHARMAT
GROTTA DEL SOLE 100.000 TRA METODO CHARMAT E CLASSICO
FERRARO 10.000 METODO CHARMAT
CASEBIANCHE 7.000 RIFERMENTAZIONE IN BOTTIGLIA
CANTINA DEL VESUVIO 2.700 METODO CHARMAT
SORRENTINO 15.000 METODO CHARMAT
SAN SALVATORE 10.000 MERODO CLASSICO
CASA SETARO 3.000 METODO CLASSICO
FONTANAVECCHIA 8.000 METODO CLASSICO
CANTINE FEDERICIANE 65.000 METODO CHARMAT
CANTINE BABBO METODO CLASSICO 1.000METODO CLASSICO
CIRO PICARIELLO 3.000 METODO CLASSICO
A me sinceramente dispiace polemizzare con un collega che ho sempre stimato, ma una baggianata del genere scritta su un blog non può passare in cavalleria.
Perché, vedete, è proprio così che nascono i luoghi comuni anti-meridionali: quando a parlare male e a irridere la nostra terra, la nostra gente, siamo noi stessi.
E se è giusto avere un senso della misura e di distacco, è anche importante essere precisi e puntuali quando si fanno critiche senza sparare nel mucchio.
Ecco allora, con precisione, le aziende che spumantizzano fuori regione: circa 250mila, le uniche che ha incontrato Paolo.
I BORBONI 60.000
FATTORIA LA RIVOLTA 7.000
I FAVATI 6.000
SAN PAOLO 12.000
DE CONCILIIS 50.000
CANTINE BABBO 7.000
DI MARZO 6.000
CANTINA DEL TABURNO 70.000
CANTINE ASTRONI 13.000
TENUTA CAVALIER PEPE 10.000
DONNACHIARA 8.000
MACCHIALUPA 6.000
D’AIONE 3.000
I titoli ad effetto piacciono a tutti, ma io non mi sarei mai sognato di fare un titolo sul Prosecco Daunia igt solo per un sentito dire di acquisto di uve a bacca bianca da parte di imprenditori a 23 centesimi al chilo.
Ecco, come spesso ci esorta il comune amico Luigi Moio, facciamo parlare i fatti.
Essere giornalista vuol dire cercare di rappresentare e raccontare il reale; gli umori, le antipatie e le simpatie, lasciamole a casa.
Il coraggio non è sparare qualcosa a effetto che alimenti luoghi comuni antimeridionali, ma lavorare con dedizione e professionalità ogni giorno sulle cose concrete rispettando il lavoro altrui, solo grazie al quale anche noi possiamo fare il nostro.
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