Il primo passo è stato fatto con il riordino del panorama beneventano delle denominazioni di origine (che consentirà – si spera – all’intero comparto vitivinicolo di “comunicare” in maniera più efficace). Ringraziano i consumatori e gli aspiranti sommelier ;) se non altro perché gli è stato risparmiato lo sforzo di ricordare le vecchie doc della provincia sannita* (oggi sottozone nel nuovo disciplinare della doc Falanghina del Sannio), bastando adesso pensare – molto più semplicemente – alle due macroaree dove la falanghina è maggiormente coltivata, il Sannio e i Campi Flegrei.
La tappa milanese di Falanghina Felix, rassegna regionale dei vini da uve falanghina, è arrivata proprio nel momento giusto e mi pare abbia centrato l’obiettivo: creare interesse intorno a un vitigno di indiscusso pregio, che non disdegna affatto l’invecchiamento e ha, oltretutto, una non comune versatilità. Prova ne è stata la forte affluenza di pubblico al banco d’assaggio organizzato con il sostegno della Provincia di Benevento e la collaborazione della delegazione lombarda dell’ONAV e del Consorzio Samnium.
Si può e si deve fare di più, è chiaro. La formula del banco d’assaggio, per dire, è sinceramente rivedibile, specie se – come è accaduto a Milano – manca l’attore fondamentale della comunicazione (il produttore), a volte colpevolmente disinteressato. Si potrebbe pensare anche ad un seminario d’approfondimento per il pubblico qualificato e, magari, di dare un po’ più di profondità ai vini proposti in degustazione (soprattutto se poi uno va predicando che la falanghina invecchia). Ci vorrebbe pure qualche etichetta in più visto che delle 80 annunciate dall’ONAV io ne avrò contate (forse) la metà, con province completamente assenti (Caserta e Avellino) e con tipologie scarsamente – solo a livello numerico, eh ;) – rappresentate (il Nudo Eroico di Fontanavecchia per la tipologia “spumante” e l’ottimo Jocalis 2006 di Aia dei Colombi per la tipologia “passito” sono un po’ poco per dare l’idea).
È un fatto, però, la qualità media dei vini proposti in assaggio: Campi Flegrei davvero in forma smagliante, con delle Falanghina fresche e dritte, eleganti, scattanti e gustose nella beva; il Sannio si difende bene con prodotti più strutturati, tenori alcolici più elevati e i primi accenni di una mineralità che, da queste parti, verrà fuori più in là.
Il trio dei Campi Flegrei, dicevo, fa una gran figura. La 2010 di Contrada Salandra – tutto un alternarsi di agrumi, timo ed erbette – da’ il meglio di sé in bocca: sorso agile che parla schietto di mare e di vulcano. Un bianco dritto e saporito che non manca, oltretutto, di eleganza.
Il colore più intenso della 2011 di Agnanum suggerisce una raccolta più tardiva delle uve e così anche l’approccio al naso, decisamente più pienotto. Per il resto, maggiore struttura rispetto al vino precedente, (probabilmente) anche più alcol e una chiara impronta minerale a segnare il bicchiere. Ancora in via di definizione, al naso, trarrà senz’altro beneficio dal tempo.
La Cruna de Lago 2010 de La Sibilla è stata la mia preferita: bello affondare il naso nel bicchiere, anche quando il vino è bello che finito. Le sfumature di biancospino, timo e frutta a polpa bianca hanno grazia e intensità. L’affinamento sur lies conferisce maggiore struttura e ci sono anche freschezza e sapidità, chiaro, ed è per questo che ne berresti e ne berresti ancora.
Tre etichette, al di là dei nomi più noti, anche per il Sannio. Sugli scudi l’Alexia 2011 di Fattoria Ciabrelli che ha grande piacevolezza: il sale, l’alcol e la giusta acidità compongono una beva scorrevole e mai scomposta. Lunga la chiusura, lungo il ricordo.
La vera sorpresa della serata è la 2011 di Fontana Reale: non pulitissima (forse) all’esordio ma lineare, assolutamente tipica e didattica nel senso buono della parola. Perde un po’ d’eleganza al naso (dove, però, la nota di salvia emerge poi ben tratteggiata) e si perde un attimino sul centro bocca, pur denotando un sorso gobilissimo e di discreta struttura. Faccio ammenda perché questa giovane azienda in regime di agricoltura biologica non la conoscevo ed è senz’altro da seguire.
Il cru Vigna Segreta 2009 di Mustilli, storico produttore di Sant’Agata dei Goti, è la falanghina che vuole affrontare il tempo. E pazienza se adesso va aspettata nel bicchiere ché sugli inizi fatica a trovare la messa a fuoco: il tutto si schiarisce presto, con il bicchiere che riesce a regalare profumi eleganti e non sfacciati di frutta e fiori gialli. Finale ricco e sapido, con il sale -appunto- e la freschezza a dare sollievo e a dettare il sorso successivo.
* Guardiolo o Guardia Sanframondi, Sant’Agata dei Goti, Solopaca e Taburno.
Dai un'occhiata anche a:
- La Disfida del Soffritto di Maiale, Taurasi – AV
- Mille&UnBabà. Antimo Caputo, Sal De Riso e Luigi Biasetto incoronano Patrizia Pragliola lady Babà
- A Genova una due giorni all’insegna dei Vini Naturali
- FVG: Invito a Pranzo alla scoperta dei prodotti tipici stagionali delle Valli del Natisone
- Premio Cucina Italiana per Roma Capitale – Una splendida giornata!
- Vinitaly 2024 – Buoni e confortanti i numeri della 56° edizione. I nostri migliori 5 assaggi
- Vigna delle Rose di Casa Setaro: inaugurazione con lo chef Peppe Guida e il team di Nonna Rosa
- Abruzzo in Bolla, il futuro delle bollicine fra Gran Sasso e Adriatico