In queste ultime settimane abbiamo molto insistito sui bianchi di attesa,e notiamo come questa filosofia stia iniziando ad entrare nei ristoranti più qualificati: citiamo tanto per gradire il Fiano Gaia 2004 beccato al ristorante Sud, bella esperienza di bicchiere e di piatti.
Ma è anche tempo di bere e di salutare invece quei bianchi già adesso pronti per essere stappati con l’arrivo del primo caldo: in fila ci sono nell’ordine Asprinio, Biancolella d’Ischia, Coda di Volpe e la falanghina dei Campi Flegrei.
Intendiamoci, non vogliamo affatto negare la possibilità di evoluzione nel tempo, ci sono esempi lampanti e gratificanti anche con queste uve, anche perché ogni vigna ha una storia da raccontare nei tempi dovuti. Per questo, in generale, è bene diffidare sempre di vinificatori senza terra: non perchè i vini non siano buoni, ma perché difficilmente è possibile trovare le emozioni dei bianchi e dei rossi concepiti con le proprie uve. Questo è stato lo scatto di reni della famiglia Martusciello di cui abbiamo scritto numerose volte, quando cioé dopo quasi 80 anni di tradizione con il marchio Vinicola Flegrea, si è deciso di legarsi alla terra e di qualificare la produzione autoctona della Campania.
Passo dopo passo, tenendo sempre la testa sulle spalle e senza mai alzare i prezzi per fare guadagno facile. Ecco allora la prima beva estiva, da celebrare nelle due notti della Falanghina in programma il 3 e il 4 giugno nella Fabbrica dei Sapori di Battipaglia. Falanghina 2009 Campi Flegrei doc allora, un bianco base, di bella acidità, floreale al naso e sapido in bocca: una vera chicca da spendere sulla stragrande maggioranza dei piatti dei ristoranti di mare, per esempio sulla mitica minestra di pasta mista di Gragnano con crostacei e piccoli pesci di scoglio di Gennaro Esposito.
Oppure, su qualsiasi pasta con i legumi di stagione: il grande successo di questo bel vitigno che ha segnato la rinascita campana è dovuto proprio alla sua estrema versatilità e abbinabilità.
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