di Pasquale Carlo
Da oltre un anno Biagio Federico è protagonista ai fornelli di ‘Kilometro 32’, locale che si apre sull’area di servizio Gruppo ROA, che per chi viaggia in direzione Benevento sulla superstrada ‘Telesina’ rappresenta la prima sosta in terra sannita. Siamo in territorio di Faicchio, dove i fratelli Roberto e Amedeo Onofrio hanno voluto realizzare una accogliente e luminosa struttura, progettata dall’architetto milanese Stefano Sanfilippo utilizzando esclusivamente acciaio, legno e vetro. Locale luminoso, ben arredato, che offre una varietà di servizi per gli automobilisti, i gruppi che viaggiano in pullman e i camionisti.
Inaugurata nell’estate del 2018, nelle idee dei gemelli Onofrio questa area si candida a essere anche uno scrigno di sapori sanniti. Si spiega così la collaborazione con Biagio Federico, chef poco più che trentenne, ma con valida esperienza maturata in altri locali della Valle Telesina dopo gli studi all’Alberghiero di Piedimonte Matese. Oltre a Biagio, nelle ultime settimane è arrivato Mariano Guarnieri, chiamato a dirigere le operazioni al forno a legna dell’annessa pizzeria, forte dei suoi dieci anni trascorsi in Inghilterra, un anno e mezzo a ‘Il Foro dei Baroni’ di Puglianello e altri tre anni a ‘Malto Reale’ a San Leucio di Caserta. Mariano Guarnieri giunge alla corte degli Onofrio per proporre la sua idea di “pizza napoletana”: impasto ad alta idratazione con 30% di biga (la biga è al 50% di idratazione e matura per 24 ore) che lievita 24 ore in massa e ulteriori 6-8 ore in panetti.
Biagio e Mariano hanno lavorato a braccetto per definire il progetto che doveva partire in questa primavera, rallentato dalla diffusione del Covid-19: un bistrot-pizzeria capace di esaltare in chiave gourmet il ricco paniere di prodotti sanniti. Per il bistrot è stato ultimato un apposito spazio – accogliente e riservato – ricavato sulla terrazza che si apre sull’ampio locale, che per circa la metà è occupato dai colori e la comodità dell’area di ristorazione.
Nella minuziosa attenzione ai dettagli si legge la caparbietà e la tenacia dei gemelli Onofrio a fare di ‘Kilometro 32’ una sosta gastronomica importante. Il locale vuole essere un punto di riferimento non solo per i viaggiatori in transito lungo la via più breve che unisce la costa tirrenica con quella adriatica, ma anche per i sanniti che riempiono le sale di locali e pizzerie della Valle Telesina.
A dire il vero, leggiamo in tutto questo anche una ferma volontà di recuperare il senso primordiale della ristorazione. ‘Kilometro 32’ ci riporta alle taverne che sorgevano lungo l’antica Strada Sannitica, l’arteria voluta da Carlo III di Borbone per collegare in maniera più veloce la capitale del Regno con le terre molisane e Campobasso. Le taverne erano soste di ristoro (e pernotto, generalmente di una sola giornata) che costituivano i punti di riferimento del mercato del prodotto principe della Valle Telesina: in questi veniva contrattata la compravendita delle uve e del vino prodotti in queste ricche campagne. I commercianti di allora, provenienti dall’hinterland vesuviano e dall’area aversana, arrivavano a bordo dei loro carri trainati da cavalli. I fruitori di oggi viaggiano ad una velocità più frenetica, ma certo non disdegnano una buona sosta, soprattutto se questa offre la possibilità di gustare un territorio ancora segreto, ancora lontano dai flussi turistici.
Un progetto, dunque, che prende spunto dalla funzione originaria di questo antico mestiere. Come non pensare a monsieur Boulanger, di professione “marchand de bouillon” (“mercante di brodo”) e al suo locale aperto nel cuore di Parigi (a due passi dal Louvre) qualche decennio prima della Rivoluzione Francese? Come non pensare a quel cartello affisso all’esterno di quel locale che avrebbe dato il nome all’arte e ai luoghi della ristorazione: «Boulanger serve qui dei ristoranti divini», dove con il termine “ristorante” si identificava il brodo ristretto servito sul posto.
Un rapporto sempre esistito – quello tra la strada e il cibo tipico – che è andato in frantumi sotto i colpi inferti dal “modello autogrill”. Avviati insieme ai supermercati alla vigilia del boom economico, gli autogrill (come i supermercati) rappresentavano l’interpretazione italiana di quanto realizzato negli Stati Uniti, pensati come “vetrine” di aziende leader della nostra industria alimentare: Pavesi, Alemagna e Motta. Le continue evoluzioni delle soste autostradali raccontano la rivoluzione degli usi e dei costumi alimentari del nostro Paese. Descrivono come l’Italia sia stata risucchiata nel mondo del consumismo di massa, a cominciare dal boom delle automobili, che non sempre hanno avuto vita facile e la possibilità di scorrere veloci lungo le strade della Penisola. Il sogno dell’autogrill fu tale da illudere anche il grande Mario Soldati, che scriveva: «Gli Autogrill rispondono a un bisogno primitivo del viaggiatore, il quale di lontano, ansiosamente, spia in fondo all’infinità del rettilineo, le loro tende multicolori e il riflesso dei vetri al sole; o nell’oscurità immensa della campagna notturna, il primo e puntiforme scintillar di quelle luci che poi rapidamente ingrandiscono fino a sfolgorare in grandi parallelepipedi di diamante». Soldati, che osannava i «menus leggeri e sostanziosi» serviti presso gli autogrill, non aveva letto le pericolosità nascoste in quel modello, che qualche anno dopo venne invece fortemente criticato da Ugo Gregoretti. Nell’episodio ‘Il pollo ruspante’ (la pellicola è ‘Ro.Go.Pa.G, del 1963) il regista raccontò le avventure di una famiglia confusa dalle sirene della nuova società dei consumi. Nelle scene della sosta all’autogrill Pavesi di Fiorenzuola d’Arda (il primo autogrill a ponte inaugurato in Italia), Gregoretti mise in scena un pranzo con proposte “standardizzate”, metafora con cui presentava il moderno uomo-consumatore come un ‘pollo in batteria’, dimentico della libertà del suo progenitore ruspante.
Oggi la “falsa tipicità” esposta nelle aree di sosta è diventata palese a tutti. A voler datare il momento preciso in cui tutto questo diventa chiaramente leggibile, in qualità di attento protagonista della bell’avventura di questo blog, indico l’anno 2007. Con incredibile lungimiranza, tredici anni fa Luciano scriveva della sosta all’area di servizio di Campagna, sulla Salerno – Reggio Calabria. Una sosta diversa, che si distingueva dalla tristezza che segnava le soste nelle «aree di servizio autostradali dove tutto, a cominciare dagli abiti e dai berretti volgarmente simili a quelli dei fast food americani, è uguale dalla Val d’Aosta alla Sicilia e la caratterizzazione delle località avviene, come in un circo televisivo, nel nome dato ai panini e ai tramezzini o a qualche piatto alla carta testato in laboratorio per essere clonato per migliaia di chilometri come la pecora Dolly». Non a caso, sempre nel 2007, arrivava la prima edizione di ‘Fuoricasello’, la guida che propone soste diverse dalle stazioni di servizio autostradali, con locali che sorgono ai margini delle veloci e trafficate arterie, che propongono una cucina territoriale, rispettosa delle tradizioni.
Questo forte rispetto delle tradizioni e delle tipicità territoriali è evidente nei piatti di Biagio e nelle pizze di Mariano. Provati il Peperone ripieno 2.0, con peperone “cruscato” al forno e, in forma scomposta, capperi, pane raffermo, alici di Cetara, pesto di basilico, riduzione d’aceto e pecorino sannita; le Candele con tracchie, con la pasta lessata per pochi minuti e ripiena con la carne frullata e poi messa sottovuoto con un filo di olio, riposta in acqua bollente per ultimare la cottura; il risotto mantecato al Grottone con gelatina di Strega e tarallo di San Lorenzello sbriciolato; la rivisitazione del Pancotto, proposto in versione “sifonata” con vellutata di broccoli e papaccelle. Work in progress anche sul versante pizza, dove alle tradizionali Margherita con bufala e Bianca con broccoli e salsiccia e alla rodata Km32 (fior di latte, guanciale e pomodorino giallo) vanno aggiungendosi la Elogio del Matese (fior di latte, provola e caciocavallo matesino invecchiato in vino rosso e salsiccia fresca, porcini e radicchio), la Fumè (crema di melanzana affumicata, fior di latte, guanciale croccante, crumble al pomodoro), l’Ortolana (peperoni, zucchine e melanzane grigliate con provola e pesto di rucola) e una pizza ancora senza nome (fior di latte, crema di patate viola, papaccelle, baccalà scottato e pomodorino giallo).
Con questa offerta, arricchita dalla pasticceria di Carlo Antonio Ricci, che ha iniziato ad amare quest’arte nei laboratori del compianto don Peppino Sparono nella vicina Caiazzo, ‘Kilometro 32’ vuole essere un “biglietto da visita” dell’interessante giacimento gastronomico che arricchisce il paniere della provincia leader in Campania per la produzione enologica.
Una sosta tipica e “sicura”. Sicura perché l’emergenza imposta dal Coronavirus è servita a conformare il lavoro della squadra e gli spazi dell’accoglienza a quanto prescritto dal nuovo percorso. Rispetto delle distanze in maniera confortevole, grazie anche ad un “semaforo comportamentale”: i pois colorati segnalano le distanze e garantiscono un’equa distribuzione delle persone, evitando assembramenti e code disordinate. Il distanziamento rispettato nella sala ampia, con menù elettronici ai tavoli con scansione Qr Code. Il tutto preceduto da un sistema di prenotazione facile con l’app ‘km_32’, congeniale anche per food delivery e take away. La pizza prende la strada di casa nel contenitore ‘Ciro’, accompagnata da certificazione e tabella degli allergeni.
Questa sembra essere la strada giusta – per contenuto e forma – su cui riprendere il viaggio dopo lo stop imposto dal virus.
Kilometro 32 – Strada Statale ‘Telesina Km 32+252 Faicchio (Bn) – 0824.849077 – www.kilometro32.it – info@kilometro32.it – Aperto dal lunedì alla domenica
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