di Michele Polignieri
Il mondo moderno si accorse dell’esistenza di un piccolo paese dal nome Laino Borgo, in provincia di Cosenza, nella seconda metà degli anni 60.
Fu in quel periodo che per la favorevole congiuntura economica, i segni di un ammodernamento di coscienze e conoscenze e di una storica apertura a nuove opzioni sociali grazie al miracolo delle “ferie pagate” agli operai, vennero percepiti in modo tangibile dalla Nazione; fu a tutti nota, quella fase, come del “Boom Economico”:
dopo di allora gli spostamenti non furono più solo rappresentazioni migratorie della Calabria “exteriore”, frugali viaggi per le nozze o per i mesi di leva militare obbligatoria, per la quale i 18enni venivano “spediti” in altre parti d’Italia; l’inaugurazione dell’Autostrada Salerno Reggio Calabria concretizzò una facilitazione insperata all’interno di una territorio montuoso e, con essa, la fruibilità di beni, luoghi ed agricolture.
LA DIETA DEL POLLINO
Nel 1966 si ascoltava il tormentone musucale “pasc’kalinudu” in “Son figlio unico “ ( Riccardo del Turco), mentre Maurizio Costanzo e Ennio Morricone scrivevano una delle più belle canzoni d’amore della storia musicale tricolore, “Se telefonando” così come California Dreaming dei Mama’s & Papa’s, riecheggiando nelle strade di Laino Borgo, Mormanno e Laino Castello, animate dalle note dei “mangiadischi” a tracolla, incoraggiavano il sogno vacanziero, segno palpabile, come la Nutella nelle dispense e il televisore in ogni casa, di un progresso a portata di mano.
La dieta pollinica invece, marcatamente ”mediterranea”, rimaneva saldamente ancorata al regolare consumo di fagioli due/tre volte a settimana per famiglia, quando di ettari investiti a “Poverello Bianco” se ne contavano più di 1000 tra Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno ed Aieta.
Avete capito bene, non legumi, solo fagioli.
Nel frattempo il Viadotto Italia, cioè il primo Ponte Morandi, divenne ben presto l’icona di quegli anni di apertura ai viaggi, costruito proprio qui a Laino Borgo, e di cui ancora oggi se ne ammira la spavalda aggressività progettuale e costruttiva con un’altezza di ben 255 mt, che lo consegnò alla storia come il ponte più alto d’Europa.
I Poverelli Bianchi erano lì da secoli, cosi come i funghi ovoli, porcini e l’aglio bianco, orfani di quel “gran tour” di fine secolo mai atterrato da queste parti, ad attendere con pazienza di spiccare il volo che, in realtà, non fu mai realizzato nonostante le facilitazioni commerciali, tanto che le superfici coltivate crollarono a meno di 100 ettari, garantendo appena la produzione per il solo l’autoconsumo delle comunità locali.
Difficile comprendere come una tale agro-cellula di longevità mediterranea non fosse stata sfruttata favorevolmente dalla sorte nei decenni passati quando, analogamente ad altri logo-tipi, riconoscimenti comunitari e tipicità alimentari, avrebbe potuto dilagare in lungo ed in largo oltre che richiamare curiosi ed appassionati;
l’intera Calabria, forse distratta ed abbagliata dal miracolo industriale incipiente, con l’implicito abbandono delle campagne, ne trascurò il potenziale valore immateriale e la cui produzione avrebbe agito da attrattore in guisa di meta enogastronomica, prima voce, oggi, per primato tra le diverse destinazioni turistiche.
AGRI CULTURA
Il fagiolo Poverello Bianco, da sempre e da tutti riconosciuto Prodotto Agricolo Immacolato, dotato cioè di quelle qualità che non si possono inventare, ricco per la compresenza dei pre recquisiti biologici, chimici ed ambientali da poterlo considerare “alimento-nutrimento”, è naturalmente bio, incapace cioè di chiedere aiuto a condizionamenti se non alle sole variabilità stagionali di anno in anno ed all’abilita delle mani dei ritrovati contadini che oggi ne rappresentano l’avanguardia.
Grande merito va tributato all’Arsac (Azienda Regionale Sviluppo Agricolo Calabria), che negli anni ha garantito il necessario supporto proprio di quegli studi necessari a comprendere quanto sia effettiva e radicata la presenza del Poverello, tutt’altro che scontata o clonabile da tipologie simili per la sua autentica tipicità ed i cui risultati vengono condivisi, per gli approfondimenti biochimici, con l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR di Bari.
Se a tutto aggiungiamo la scoperta della resistenza naturale agli attacchi parassitari tipici degli altri legumi, si può classificare questo prodotto come uno dei pochi dal volto “green”.
Ce lo conferma Luigi Gallo, conduttore degli studi per Arsac che nel tempo ed a più riprese hanno potuto trasferire ai consumatori le informazioni essenziali circa le qualità del fagiolo; proprio grazie a questi sono arrivate le belle conferme che, a cascata, ne hanno determinato una effettiva ripresa in termini di ettari investiti; difatti dalla recente indagine effettuata in collaborazione con l’Ente Parco Nazionale del Pollino, risulta un sensibile incremento nel numero degli insediamenti rurali di cui oltre 50 censiti ufficialmente tanto da meritare il riconoscimento delle Comunità Agricole del Poverello Bianco del Pollino quali Custodi di Biodiversità.
Buono da pensare – Buono da Mangiare
Non buono, dunque, solo perchè è docile in cottura da non richiedere “ammollo”, OPPURE perchè al gusto Esprime una cinestesia di bocca gradevolssima – turgido ma tenero al contempo – (attenzione a non farlo scuocere, non è un “canadese”), oppure perché all’analisi sensoriale emana profumi erbacei di fieno verde sia diretti che retro-olfattivi così come di sottobosco, lieve nota di UMAMI, ed una piacevole tendenza dolce finale legata all’amido, ma soprattutto perché è puro, vero e sano nutrimento dall’alto della sua elevata accettabilità nutrizionale e delle sue nobilissime (26%!!!!) proteine.
A proposito fagioli, leggo la preoccupazione dei consumatori, e ne parlo con Terenzio Calvosa, già sindaco di Laino Borgo, per i risultati di analisi effettuate da Il Salvagente su altri legumi presenti in commercio nella GDO con il ritrovamento, in 6 marche di prodotti in commercio nelle GDO (Grande Distribuzione Organizzata), di glifosato ma anche pesticidi come boscalid, piperonyl butoxide, cyproconazol (che può creare danni ai nascituri) e 2,4-D (potenziale cancerogeno secondo lo IARC)*.
Lui è un geologo, ora a capo della associazione archeologica Geo Pollino treakking, ed intuisce che proprio per tali distanze tossicologiche con i legumi in commercio, la sfida non è solo realizzare il consueto tam tam degli articoli e dei passaggi televisivi che non lasceranno qui nemmeno l’odore dell’arrosto, ma quella di consegnare alla dispensa degli italiani un alimento sano prodotto con la Terra e non contro la Terra e che, nonostante lo sciupìo di esternazioni ascoltate a favore della Dieta Mediterranea nell’ultimo decennio, qui si trova davvero la sintesi “baciata” degli studi di Ancel Keys e Fidanza, di Antonino Dilorenzo, Laura Di Renzo, e di tante anime del mondo scientifico che affermano, ove ce ne fosse bisogno, di quanto la nutrigenomica, con uso degli ingredienti di una dieta quasi “pitagorica”, si, ma non macchiata dalla chimica (strepitose qui le patate completamente diverse da quelle coltivate altrove, il recuperato aglio bianco, le taccole ed i peperoni che profumano degli spruzzi del fiume Lao durante le discese di rafting) , e l’epigenetica (per lo stile di vita perpetrato a Laino Borgo con i suoi due fiumi che lo abbracciano, grazie a bellezza e salubrità del Parco Nazionale del Pollino, dei monti circostanti), possano qui essere utilizzati come “descrittori” di un eco sistema complesso con un perfetto equilibrio uomo-ambiente.
GEOGRAFIA
C’è voluto tempo perchè la Fondazione per la Biodiversità si decidesse ad inserirlo nei prodotti da tutelare dall’estinzione ed eleggerlo Presidio Slow Food, riconoscendogli l’autenticità già acclarata scientificamente dall’ARSAC Calabria e dall’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR Bari fondamentale a ribaltare l’uso improrio che i cugini lucani ne fanno quando parlano analogamente del DOP fagiolo bianco di Rotonda, città lucana pollinica, e di Poverello Bianco (Il Comune di Aieta compare altresì tra i comuni che lo coltivano in reiferimento a documenti annonari custoditi presso l’Archivio di Stato a Napoli);
ora che finalmente la certezza identitaria oltre che salutistica legata alla sua purezza colturale e nutrizionale, ne produrrà finalmente una proiezione verso la Nazione, credo che l’icona del Ponte Morandi possa definitivamente andare in pensione pur se manterrà, mirabilmente, il ruolo di trampolino viario per la promozione delle destinazioni che implicitamente ne implementeranno, ulteriormente, la produzione ed il successo.
GASTRONOMIA
Ricordando ancora la sempre verde ricetta del grande Gaetano Alia “Poverelli Bianchi e Veli di Calamaro ”, le interpretazioni gastronomiche scelte oggi sono affidate alle mani esperte a Jakopo Simone del ristorante Gioja di Altamura (per ilprimo piatto), e di Andrea Diodati, patron e chef del ristorante Origini a Castrovillari (per il secondo), con due ricette adatte a mantenere profilo aromatico ed eleganza della materia prima piuttosto che con tecniche da “cucina di precisione”.
IL PRIMO PIATTO
Tofette di Gragnano ” Pastificio dei campi “, Dashi di fagioli “Poverelli bianchi del Pollino”, kefir, polvere di alghe nori e cotica di maiale
IL SECONDO
Polpo Fagioli cipolla e salsa verde.
I vini scelti per un abbinamento equilibrato, potranno essere sia bianchi che rosati; rimanendo in Calabria a San Marco Argentano scelgo ASOR o, ancora meglio per freschezza e spalla, il suo omologo di cantina “orange”, Mantonicoz: si tratta di 2 prodotti accattivanti e seducenti al tempo stesso.
Vini agricoli come Il Poverello Bianco, Briglio li ha concepiti per assoluti in piena autonomia, ma che accompagnano, in questo caso, i piatti senza schiacciarne le espressioni aromatiche. Un connubio, più che territoriale, prossimo alla alla perfezione.
I PRODUTTORI
Questi sono alcuni afferenti alla produzione del Presidio Slow Food ma la lista è davvero limitata se pensiamo a quanto censito dall’Arsac e dall’Ente Parco sui 50 e più produttori rilevati.
Agriturismo al Verneto Contrada Verneto, Laino Borgo (CS) – tel 347 5869257 info@al verneto.it
Agriturismo Aria Fina, c.da Colle di Trodo – Mormanno (CS) tel 331 7773777 – 346 7201432 agriturismoariafina@libero.it
Masseria Gioia di Annamaria Gioia contrada Iannello Laino Borgo (CS) tel. 320 6130039 parcoavventuragioia@gmail.com
Sapori e saperi di Un’arte Antica di Giovanni Donadio Contrada Iannello, Laino Borgo (CS)
Tel.324/6051834 giovanni.donadio1988@gmail.com
Società Cooperativa Pollino Food Experience contrada Malinieri Mormanno (CS) Tel. 349 3301655 info@pollinoexperience.com
Terraegusto di Teresa Maradei C.so Municipale 110 Mormanno (CS) tel. 389/1546321
info@terragusto.it
Produttore Aieta
Agriturismo Terre Rosse di Massadita Contrada Massadita di sopra – 87020 Aieta (CS) Tel. +39 0985 778994
Cell 3489297336 info@terrerossedimassadita.it
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