di Fabio Giavedoni*
NATURALMENTE INSIEME A VERONA
Da quando sono uscito dal Vinitaly, lunedì pomeriggio, ci ho messo un po’ a metabolizzare tutto quello che mi era capitato di vivere a Verona nei cinque giorni di fiera, inframmezzati dalle ore passate a Cerea e a Villa Favorita.
Martedì ero già in giro a visitare produttori veneti, e tra una vigna e l’altra mi si è chiarito meglio un ragionamento nato già la mattina del primo giorno di Vinitaly e ricomparso più volte parlando con varie persone.
In estrema sintesi questo: ma non sarà giunta l’ora di vedere riuniti in un unico padiglione, all’interno del Vinitaly, i tanti produttori che erano presenti a Cerea e a Villa Favorita, e altri ancora che lì non c¹erano ma che si riconoscono e identificano con questo movimento che per comodità e brevità (non me ne voglia nessuno) definisco dei vini naturali?
Premetto, prima di continuare, che questo non è un argomento che mi riguarda da vicino (non essendo io produttore di vino), ma per vicinanza e licenza professionale provo comunque a farlo mio.
Sono convinto che questa sarebbe una buona cosa: tutti assieme in un unico grande padiglione, poi magari all’interno divisi per associazioni o gruppi di appartenenza come è stato a Cerea, con in fondo i soci fondatori di ViniVeri, da una parte i produttori di Renaissance e dall’altra tutti gli altri ospiti – se i produttori lo ritengono opportuno; oppure tutti
mescolati, senza divisioni.
I motivi di questa operazione? Ne elenco alcuni, che per me hanno una qualche validità.
Fin troppo ovvio il motivo della «semplificazione logistica», per chi stanzia al Vinitaly ma vuole visitare anche queste realtà: sappiamo tutti che la Fiera di Verona è tra i luoghi di più difficile frequentazione al mondo (chi è andato ad altre fiere o manifestazioni in Italia e in Europa ha chiaro questo concetto) ma almeno evitiamoci di girare da una parte all¹altra del Veneto.
Da un punto di vista economico potrebbe anche convenire alle varie aziende coinvolte a Cerea e Villa Favorita: gli spazi del Vinitaly costano molto ma riunendosi tra loro i produttori naturali (che mai come in questo momento fanno parlare di se) potrebbero avere un forte peso contrattuale con l’Ente Fiera e strappare un prezzo estremamente favorevole per l’intero padiglione.
Terzo, e più importante, l’approccio con il mercato. Se è sacrosanto che il modo di lavorare – il modo di essere – di tutti i produttori naturali è assolutamente diverso dalla grande parte delle aziende presenti al Vinitaly, è altrettanto vero che il mercato sul quale si affacciano è però lo stesso dei produttori di Vinitaly. Io sarei preoccupato se il mercato dei vini naturali fosse solo quello delle pur tante, tantissime, persone che sono andate a Cerea e a Villa Favorita, o che hanno frequentano le tante e belle manifestazioni organizzate nei mesi scorsi (Roma, Agazzano, ecc.) e le prossime che verranno: o bevono (e fanno bere agli amici) almeno dieci bottiglie di vino a testa oppure i vini naturali devono trovare molti altri estimatori. E al Vinitaly ci sono frotte di enotecari, agenti di commercio, buyer, distributori, appassionati, ecc., che assaggerebbero volentieri e con grande curiosità un vino naturale anche solo di un unico produttore – ma non hanno tempo di andare a Cerea o a Villa Favorita.
In ultima istanza: il movimento dei vini naturali è molto cresciuto, con grande soddisfazione di tutti. Se anni fa aveva un senso differenziarsi anche fisicamente dal resto della produzione italiana (tutta presente al Vinitaly) e giocare la propria partita – agli stessi orari ma in un altro stadio -, ora penso che sia giunta l’ora di abbandonare i pur belli, accoglienti e ben organizzati campetti di provincia e scendere con forza e convinzione nell’arena principale. Altrimenti, se proprio si vuole rimanere staccati dal mostro veronese, almeno scegliere un altro periodo: in maggio a Cerea e a Villa Favorita si respira un’aria certamente più buona e rilassante.
Co-curatore della guida Slow Wine
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