Uva: fiano di Avellino
Fascia di prezzo: da 25 a 30 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Vista 5/5. Naso 27/30. Palato 28/30. Non Omologazione 31/35
Via del Campo, la Falanghina, è una volée ad occhi chiusi mentre Giallo d’Arles, il Greco, è un rovescio di rimessa da fondo campo. Infine Exultet una battuta che spiazza l’avversario e va punto. Mi diverte vedere il rapporto di Luigi con i suoi vini bianchi, lui rossista nato nel rosso Falerno e studiato nel rosso Bordeaux perché poi alla fine è il mio rapporto con le sue etichette.
Chi scrive di qualcosa tende spesso ad uscire fuori ruolo, ad immedesimarsi nell’oggetto soggettivizzandolo con suggerimenti, consigli, elogi. Solo l’esperienza consente di allontanarsi bene per focalizzare meglio l’oggetto.
Ci sono i critici militanti, che hanno una idea ben precisa di cosa debba essere il vino e bocciano inesorabilmente tutto quello che non corrisponde al loro idealtipo weberiano.
Poi c’è la categoria degli scolastici, incapaci di modulare il modello della critica al contesto umanistico e colturale in cui si inserisce l’opera del vignaiolo.
Ci sono i settari, quelli che con il produttore ci fanno l’etichetta, hanno il loro enologo di riferimento, scrutando all’orizzonte per vedere se spuntano altre cantine “concorrenti”.
Tutti e tre questi prototipi hanno una cosa in comune: sono privi della curiosità, la vera molla istintiva alla conoscenza.
Invece il ruolo più giusto è quello di allontare il quadro prospettico, coniugare quello che si sente nel bicchiere nel territorio di provenienza e all’epoca in cui viene concepito. Solo così si assume la visione storica più completa in grado di offrire un servizio migliore….a chi compra e beve il vino.
Già, perché purtroppo una parte dei critici critica il vino per i critici e non per il pubblico. Disprezza, anzi, chi riesce ad uscire dal cerchio magico del linguaggio esoterico, dei riti massonici consumati stancamente nelle stanze di monasteri disabitati.
Usa l’arma della parola per colpire, non per spiegare, per manifestare appieno il proprio complesso di inferiorità nel minimizzare quello che scrivono e fanno gli altri.
Invece quando usciamo dalla sala cinematografica, meglio, sala autoptica in cui si scimmiotta la conoscenza scientifica, il sole ci abbaglia, l’azzurro del cielo ci emoziona e ritroviamo la realtà fatta di lavoro, impegno, progetto coerente portato avanti con gioia e sacrificio.
Exultet 2011, ben giudicato da quasi tutta la critica specializzata dalle guide, con l’eccezione di Giampaolo Gravina, è uno dei migliori vini bianchi di sempre in Campania: l’equilibrio che ha raggiunto tra la massa lavorata in acciaio e quella in barrique è sicuramente emozionante perché Moio ha recuperato tutta la mineralità del territorio di Lapio lasciando buono spazio alla frutta e dosando bene il legno.
Si dirà, perchè c’è sempre qualcosa da dire in conferenza stampa, che è molto diverso dalla 2006. Vero, ma la costruzione enologica di un vino dura molti anni, nel frattempo la vigna, sempre la stessa, cresce, le condizioni del tempo cambiano stagione dopo stagione e non basta una vita per trovare il protocollo perfetto.
La direzione in cui procede Luigi con il legno, decisione che a me piace perché sono convinto che si tratti di uno strumento formidabile al servizio dell’enologia, va verso la freschezza con maggiore attenzione alle immediata bevibilità del vino.
Exultet 2011 è una sorta di giro di boa, dopo la bolina viene il lasco, non ci si deve rilassare, ma almeno il vento è a favore e non deve essere tagliato di prua.
La 2012, provata l’altra mattina a Mirabella, continua in questa direzione ed esibisce una potenza maggiore senza per questo perdere in velocitànel palato. Si tratta di un vino, il 2012, leggermente più materico.
Quello che mi spiace è il continuo stappare di queste bottiglie che in realtà andrebbero bevute dopo almeno dieci anni. Invito tutti a conservarle, tenerle per bene in cantina perché sono convinto che, come quelle di Mastroberardino, Molettieri, Caggiano, Clelia Romano, Gabriella Ferarra e Marsella, alla fine saranno la storia di questo fantastico territorio vitivinicolo.
Ora dopo averne scritto ho voglia di berlo.
Ma il vero piacere è nell’attesa della mente, nell’immaginare quello che può succedere ai sensi e come possiamo viverlo.
Dopo è ricordo.
Sede a Mirabella Eclano, Via San Leonardo. Tel e fax 0825.449321. www.quintodecimo.it; info@quintodecimo.it. Enologo: Luigi Moio. Ettari: 10 di proprietà. Bottiglie prodotte: 30.000. Vitigni: aglianico, fiano, falanghina e greco.
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