Da alcuni anni l’attenzione del mondo della pizza si è concentrata sull’impasto con alcuni mantra di origine commerciale che hanno fuorviato l’attenzione dalla verità gastronomica: ossia ciò che differenza la pizza dal pane con qualcosa è appunto la perfetta fusione tra il disco di acqua e farina e gli ingredienti mentre quando mangiamo un panino o una focaccia distinguiamo perfettamente il sapore del pane da quello del condimento.
Sia chiaro, il movimento che ha portato al miglioramento dell’impasto e alla ricerca continua su diversi cereali è sicuramente positivo perché ha migliorato notevolmente la situazione, soprattutto al Nord dove non c’era tradizione e il consumo era controllato da aziende di congelati o di precotti.
Sono nati però alcuni mantra, lievito madre al posto del lievito di birra, farina integrale al posto della oo, non al glutine, cornicione alto indice di buona lievitazione e non di tecnica di ammaccamento, etc, che spesso ci hanno riportato indietro di due secoli, alla panificazione. Insomma, perché tornare alle carrozze con i cavalli quando da cento anni ci sono le auto?
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PIZZA NAPOLETANA
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Si tratta di un prodotto che ha avuto una evoluzione di oltre un secolo e mezzo ed è migliorata costantemente prima con l’uso della farina 00, una eccellenza italiana che ci identifica all’estero, poi con il rafforzamento delle miscele che hanno consentito una maggiore idratazione rispetto al passato e dunque portato ad una leggerezza superiore. L’equilibrio degli elementi, come tutti i piatti della tradizione italiana, è il risultato di una memoria collettiva che porta alla fusione del pomodoro, della mozzarella e dell’olio con il panetto in modo tale che alla fine, dopo la cottura a 450 gradi in un forno a bocca di luna per poco più di un minuto, il sapore non è la somma ma la trasformazione delle materie prime utilizzate. Questo il segreto del successo.
Ovviamente quando si usa questo impasto per altri tipi di pizza bisogna stare davvero attenti, perché qui il rischio è di caricare eccessivamente di roba il disco. In particolare si abbonda con i latticini e la ricotta avvicinando più la pizza alla cucina dozzinale degli anni ’80 quando si cercava soprattutto grasso e rotondità in bocca.
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PIZZA ITALIANA
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Qui il discorso è assolutamente inverso. I diversi impasti e soprattutto la cottura con il forno elettrico tradizionale a maniglia che si usa per il pane, esaltano ancora di più l’impasto che spesso richiede farce più impegnative. Non a caso le margherite somigliano molto alle pizzette che fanno le panetterie al Sud o la marinara alla focaccia barese dove il sapore del pane alla fine è l’ultima cosa che registrano le papille. Esempio concreto: usando il tonno con il farro difficilmente avrete il ricordo del pesce se non si gioca di acidità usando altri trucchi.
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I SEI ERRORI CAPITALI
1-Inutile concentrarsi sull’impasto a prescindere dal progetto di pizza che si vuole proporre al cliente. Una pizza con la farina 00 vuole sicuramente materie prime non pesanti, un’altra con farina integrale richiede invece materie prime di grande carattere e un buon gioco con le acidità
2-Quando si passa dalle pizze classiche a quelle creative o gourmet, è sempre bene fare uno stage di cucina o collaborare con un cuoco invece di mettere ingredienti a cacchio.
3-Non è il numero degli ingredienti a fare buona la pizza, ma il loro equilibrio, proprio come accade in cucina dove da qualche anno la tendenza è a togliere, sottrarre, non ad aggiungere. Ebbene sia per la pizza napoletana che per quella italiana sta avvenendo esattamente il contrario.
4-Inutile fissarsi sulla digeribilità dell’impasto se poi lo carico con prodotti pesanti come salumi e formaggi ci bevo un litro di birra. Meglio concentrarsi sul gusto perché la gente viene in pizzeria per divertirsi e godere, non per curarsi. Un po’ come la storia dei solfiti nel vino: se uno vuol star bene evita l’alcol, punto.
5-Come ben sanno i cuochi, bisogna distinguere tra ricerca su materia prima e abbinamenti e la proposta finale a tavola. Solo dopo aver ben sperimentato e ragionato a fondo è bene iniziare a vendere la propria pizza.
6- Ma l’errore più clamoroso che registriamo è un comportamento autistico rispetto all’impasto, della serie vedete come sono bravo con acqua farina e lievito. Quel che ci metto sopra diventa poi secondario. L’effetto finale di questa situazione è duplice.
a-Quasi sempre è impossibile mangiare queste pizze intere perché saranno digeribili nello stomaco ma per transitare nel palato e in gola hanno bisogno di fiumi di birra o vino. Si, insomma, un po’ di acidità, perché gli elementi non sono ben combinati tra loro.
b-Alla fine ti resta in bocca solo il sapore del grano o dei cereali utilizzati.
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