di Giulia Cannada Bartoli
L’argomento è di quelli infiniti, i personaggi coinvolti non meno. In occasione della presentazione del volume “Cronache Golose, 50 anni, 50 cuochi, 50 ricette” edito da Slow Food, Marco Trabucco, giornalista di Repubblica, insieme con Luciano Pignataro, hanno colto l’occasione per rivolgere un po’ di domande da un milione di dollari aEnzo Vizzari, direttore delle Guide Espresso.
Lo stato di salute in Italia della cucina italiana. Intanto Vizzari comincia definendo una linea di demarcazione netta tra il pre Marchesi e il post Marchesi. L’Italia nella fase precedente si è trovata molto in ritardo rispetto a paesi come la Francia. Diciamo che soltanto dal dopoguerra si sono registrati tentativi ben riusciti di ristorazione che è cosa diversa dalla cucina. Siamo negli anni del boom economico, la gente comincia ad andar fuori ed ecco che appaiono anche sulla stampa piccoli cenni all’argomento, contrariamente ad oggi, dove, ogni strumento mediatico è pervaso dall’ argomento cucina e ristorazione.
L’era Marchesi cade nella metà degli anni ’80 e segna una linea di confine netta tra il prima e il dopo, quando negli anni ’90 vengono fuori i vari Vissani, Pierangelini, Enoteca Pinchiorri, il Desco a Verona. Inizia il periodo della vera ristorazione, all’inizio degli anni 2000 s’intravedono gli embrioni della nuova cucina italiana; il Sud sconta un ritardo d’immagine legato al folklore, perché sono mancati reali interpreti del patrimonio meridionale, unico al mondo per prodotti e biodiversità.
Dal ’90 in poi accade che i cuochi del Sud cominciano a girare l’Italia ed il mondo , tornano a casa non per scopiazzare ma per applicare tecniche e filosofie di cucina alle proprie fantastiche materie prime. Si parla poi del problema dell’assenza della grande ristorazione nelle città e del loro proliferare nei piccoli centri: < Napoli e Bologna – afferma Vizzari – sono un caso emblematico, basta spostarsi in costiera amalfitana e si trova il paradiso>. I migliori sono fuori, probabilmente perché il ristorante italiano è l’evoluzione della trattoria di paese. La cucina italiana è molto spesso a carattere familiare, con facile accesso ad eccellenti materie prime, manca però del tutto la cultura della ristorazione come impresa a 360°.
Sollecitato ad esprimersi sulle nuove generazioni di cuochi, Vizzari, premette che la maturità di un cuoco non si vede prima dei 35 – 40 anni . oggi, in situazione di crisi è tutto più difficile la gente non va al ristorante e l’Italia non ha saputo seguire il grande modello del “bistrot parisienne” , dove con 40 euro si assaggiano piatti gourmet di alto livello. Il modello di successo è appunto quello della spesa del giorno, pochi patti, decisi dal ristoratore, preparati alla grande. In generale, comunque, ha concluso Vizzari, assistiamo ad un innalzamento generale straordinario della qualità media, che è contagiosa, in quanto sviluppa la sana competizione.
La cucina chiude Vizzari, deve essere buona e sana e si giudica in base a diversi parametri, compreso quello della digestione notturna. Inoltre l’Italia ha avuto pochi grandi Maestri, Marchesi innanzitutto, dietro di lui , Corelli, Beck che hanno sfornato le nuove generazioni oggi emergenti.
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