di Carmen Autuori
I presupposti che Entroterra, il progetto di valorizzazione dei piccoli borghi delle aree interne ideato da Cristian Torsiello chef di Osteria Arbustico 1 stella Michelin, fosse vincente erano emersi in maniera netta già nella prima edizione.
Il movimento gastronomico culturale partito da Valva, piccolo borgo dell’Alta Valle del Sele famoso per Villa D’Ayala, genius loci dello chef, quest’anno ha avuto un respiro più ampio abbracciando altri territori dell’entroterra campano, dall’Irpinia al Vallo di Diano, al Cilento.
Anche questa seconda edizione è stata un vero e proprio manifesto di rinascita, ma anche di speranza, per le zone interne che conservano la cultura gastronomica, ma anche quella artigianale, più autentica. Una sorta di crociata contro lo spopolamento di luoghi preziosi che hanno tutte le carte in regola per diventare meta di un turismo alternativo, o complementare, a quello delle zone costiere.
Il movimento non è centrato solo sull’ enogastronomia ma anche sulla valorizzazione dei prodotti tipici e sulla promozione di pratiche sostenibili volte ad incentivare la filiera corta favorendo un impatto positivo sull’ambiente attraverso cene tematiche che vedono il coinvolgimento di chef provenienti dall’ entroterra di tutta Italia, laboratori didattici e visite a piccoli produttori che hanno scelto di investire nel loro territorio.
<< La formula è sempre la stessa, laboratori, visite ai piccoli produttori e cene itineranti in luoghi simbolo della nostra terra come il castello di Taurasi, la certosa di San Lorenzo a Padula ed il castello di Rocca Cilento – spiega chef Torsiello -. Quest’anno, come avevo preannunciato nella scorsa edizione, abbiamo voluto allargare i confini del progetto in modo da abbracciare anche culture territoriali differenti. Partendo da Colliano con il laboratorio sul tartufo, siamo andati in Irpinia per un’esperienza immersiva nel mondo del vino. E poi il Vallo di Diano il cui “ambasciatore” è il sciuscillone, un’antichissima varietà di peperone corno, per poi tuffarci nella bellezza e nella storia della certosa per concludere nell’antica fortezza del Castello di Rocca Cilento. Entroterra oltre ad accendere i riflettori sulla straordinaria bellezza dei luoghi ne ha rilevato anche le criticità. In primo luogo, la viabilità, le distanze che per la mancanza di servizi sono sembrate incolmabili, faccio un esempio: per chilometri e chilometri non c’era una colonnina per il rifornimento delle automobili elettriche. Non vogliamo essere critici o, peggio, polemici, ma il nostro patrimonio naturale, artistico e storico avrebbe bisogno di una maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Siamo fiduciosi che questo movimento sia da traino per una sorta di rinascita delle zone interne>>.
Nonostante le difficoltà oggettive c’è chi come Pietro D’Elia de I segreti di Diano, a Teggiano nel cuore del Vallo di Diano sta tentando – con successo – di riscrivere un nuovo umanesimo rurale partendo da un’antichissima varietà di peperone della varietà corno, il sciuscillone, a cui ha affiancato il serpentino, una varietà piccante.
Oggi il sciuscillone è un P.A.T. (Prodotto Alimentare Tradizionale), prodotto secondo il disciplinare De.Co del comune di Teggiano per tutelarne ancora di più la tipicità.
Una laurea alla Luiss, un master in gestione delle risorse energetiche alla Bocconi di Milano, due anni da commerciale per un’agenzia di marketing collegata alla British American Tobacco, Pietro torna a Teggiano con l’intento di mostrare che guardare le cose da un’altra prospettiva potrebbe cambiare le sorti di un territorio. Nel 2017 Pietro decide di tornare a Teggiano. La realtà non è proprio rosea soprattutto per il settore agricolo ingabbiato in un dualismo che ne ostacola lo sviluppo.
<<Da un lato il retaggio bucolico secondo il quale non è possibile fare innovazione in nome di un concetto di “genuinità” antica e ormai obsoleta – spiega Pietro -, dall’altro le grandi coltivazioni sottomesse alle logiche del mercato che sfruttano sia il territorio con coltivazioni intensive, spesso con enormi estensioni di serre, che la forza lavoro ricorrendo al caporalato che ne assicura il basso costo. Ma ci doveva essere una terza strada per uscire da questa strada, io l’ho trovata grazie al sciuscillone>> L’azienda si sviluppa su 10 ettari coltivati a rotazione triennale. Ad oggi sono 11 i coltivatori che fanno parte della rete, tutti nell’areale di Teggiano, che senza grossi investimenti contribuiscono alla conservazione dell’antico sciuscillone. In azienda è presente il laboratorio di trasformazione gestito da donne che con mani sapienti e gesti antichi realizzano le “collane”, le ‘nserte, di peperoni prima di essere sottoposti al processo di essiccazione, all’aria ma non al sole, che dura massimo sessanta giorni. Dopo di che vengono puliti ad uno ad uno, privati dei semi e confezionati oppure, in alcuni casi fritti.
Il peperone sciuscillone è il padre di 4 prodotti: le Starici, chips di sciuscillone essiccate e fritte, la Porva che è la spezia del peperone essiccato e macinato, la Crema di Cuorno ottenuta dalla rigenerazione dello stesso emulsionato con acqua e sale e poi il Cuorno che è lo sciuscillone semplicemente essiccato, e pulito a mano.
Mentre per il Serpentino troviamo la Piccante, la spezia di serpentino, La crema di Serpentino che è la versione piccante di quella di Cuorno, il Forte, peperoncino essiccato e conservato in olio evo, la Piccantina, sfoglia di peperoncino fritta in olio evo e, appunto, il Serpentino essiccato al naturale.
La cena nella Certosa di San Lorenzo a Padula
Lo scenario da sogno in uno dei luoghi simbolo del patrimonio artistico nazionale, dal 1998 patrimonio Unesco è stata la suggestiva cornice della magnifica cena che ha visto protagonisti chef dell’entroterra toscano, lucano, pugliese, ma anche chi come Emmanuel Scotti del ristorante Maxi del Capo La Gala a Vico Equense, ha voluto parlare di sottobosco e della poco conosciuto carne di bufala.
Agli aperitivi il cibo vagabondo di CiVà, il food truck nato dall’idea dello chef Tony Granieri che propone un servizio di catering avulso da qualunque banalità concentrato sui prodotti del territorio – quelli del Vallo di Diano – che affondano le radici nella cultura gastronomica contadina più autentica. Troviamo, così, il Falafel di ceci e tartare di trota, i ceci sono di San Pietro al Tanagro, mentre la trota proviene dal cuore del Vallo di Diano. La pizza fritta con genovese e provolone del Monaco è ispirata al ‘pizziddo’, che si realizzava con gli avanzi della pasta di pane, mentre la pita farcita con coniglio al pomodoro è un omaggio al pranzo della domenica quando il coniglio allevato dalle famiglie contadine era considerato un ingrediente speciale.
Come dicevamo, Emmanuel Scoti si è cimentato con i sapori dell’Entroterra: Bufalo in sottobosco di funghi e capperi. La carne di bufalo, o meglio, di annutolo, cotta con rara maestria per evitare il sapore ferroso e mantenerne la delicatezza.
Simone Profeta, delle cantine e ristorante ES di Gianfranco Fino a Manduria, ha proposto il Latte cotto di burrata affumicato, manzetto, basilico e pomodoro confit. Un piatto ‘piacione’ che riporta immediatamente alla voluttuosa cremosità dei piatti dell’infanzia.
Straordinario il risotto tartufo, arachidi e caramello salato di Vitantonio Lombardo. Rappresenta il peccato notturno di un cuoco e richiama gli snack a base di caramello. Da fare il bis, forse anche il tris.
Il piccione di Laura Peri: coscia croccante, castagne e melograno non ha bisogno di grandi presentazioni. La mano è quella di Gaetano Trovato del ristorante bistellato Arnolfo di Colle Val d’Elsa: sublime.
La realizzazione dei dessert è stata affidata al maestro Giuseppe Manilia della pasticceria Maison Manilia di Montesano sulla Marcellana, un visionario innamorato della sua terra che con straordinaria bravura declina le più raffinate tecniche di pasticceria con le erbe aromatiche (spontanee) del Vallo di Diano, tanto per fare un esempio. In occasione di Entroterra ha realizzato un bignè craquelin con crema alla vaniglia e Infinitamente limone, fragola e mango. Quest’ultimo un dolce contemporaneo che ‘fotografa’ tutta la tecnica del Maestro orgoglio del nostro entroterra.
Vini in abbinamento: Core delle cantine Montevetrano.
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