Caro Signor Pignataro,
leggo con costanza il suo blog, lo trovo interessante e soprattutto impostato su una giusta filosofia, che condivido in buona misura. Ma quando dentro di me si impone l’urgenza di dissentire su alcuni punti, ecco la mia lettera. Cercherò di essere sintetico e chiaro.
E parto dalla sua lettera aperta: non sono d’accordo che solo ai palati più raffinati interessi capire ciò che c’è dietro un vino, la terra, gli uomini, il sudore, la cultura… No! Il vino va raccontato per quello che realmente è, sempre e comunque, a tutte le persone, anche a quelle che, umilmente e dignitosamente, comprano le “3 bottiglie-10 euro” o a quelle, realmente cafone, che sprezzantemente comprano Sassicaia… Non tutti capiranno e riusciranno ad avere rispetto per il vino, ma noi abbiamo il dovere di tentare e, a onor del vero, c’è qualcuno che già lo fa (ricevendo colpi bassi perché fuori dalle logiche serviliste e commerciali che spesso preponderano anche in questo mondo). Quando parlo di noi, mi riferisco a tutti quelli che sono chiamati a far parte della catena agroalimentare: i produttori e gli enologi (che sempre più spesso hanno proposto vini finti, ruffiani, che nulla raccontavano, nessuna emozione, semplicemente artifici di laboratorio, nati per prendere in giro persone, nasi e palati), i critici e i giornalisti (che a volte, seduti comodamente sulla loro poltrona, bevono gli ultimi vini recapitati a casa, in segno di captatio benevolentiae forse…), i sommelier (che eccedono di superbia e saccenza, a volte neanche giustificata, descrivendo il vino come per pochi eletti), i rappresentanti e gli enotecari (che peccano, in molti casi, di una infinita ignoranza in materia), e potrei continuare parlando degli enti o delle associazioni, chi pubblica chi privata, che sono asservite a logiche viziate…
Il sistema è malato e la caratteristica, tipicamente italiota, di puntare l’indice contro l’altro da sé, la categoria cui non si appartiene, non porta a nulla. Il sistema è malato, è vero, ma esistono le eccezioni. Lei ne rappresenta, a parer mio, una: teso a valorizzare i prodotti capaci di raccontare una terra e gli uomini che la lavorano, contribuisce a cambiare lo status quo. Ma esistono altre eccezioni, altre persone oneste moralmente che cercano di infondere questo mondo della propria passione. E mi riferisco ai bravi produttori, ai vignaioli che con coraggio continuano a spaccarsi la schiena, ai bravi sommelier, agli altri bravi giornalisti, ed ovvio anche agli enotecari. Non basta, né serve, parlar male delle categorie…
Le eccezioni esistono e vanno valorizzate, incentivate per renderle norma.
Solo in questo modo tutti, non solo i palati più raffinati, potranno comprare vini veri senza dover scarpinare per colli e montagne…Piccole realtà, dai produttori agli enotecari, che lavorano controtendenza esistono già oggi.
“Che il linguaggio divenga concreto!” diceva Paul Eluard e allora parliamo, non per categorie, ma dei singoli, nel bene e nel male…
Roberto Erro
enotecario per passione.
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