En Gioi. Agrilocanda cilentana e pizzeria. Una storia di emigrazione e di ritorni, questa di Elena e Nicola. Come sempre più spesso ci capita di poter raccontare del Cilento.
Più di venti anni a Milano, nel mercato ortofrutticolo tra i più importanti d’Europa. Poi, è stato più forte il richiamo delle origini: a Gioi, piccolo centro del Cilento interno, con poco meno di 1000 abitanti. Un paesino che ce la sta mettendo tutta per uscire in maniera costruttiva dai ritmi a volte troppo sonnacchiosi di questa terra.
Ed ecco allora il piccolo salumificio artigianale di Raffaello Palladino, con la strepitosa soppressata di Gioi (Presidio Slow Food); l’azienda agricola Bianco che apre agli ospiti casa e cantina, come abbiamo raccontato qui; la macelleria che prova a far entrare nelle case il biologico; le due chiese restaurate da artigiani del posto. Ed ecco anche, da qualche mese, una giovane sindaca che lavora per mettere in rete (sarebbe meglio dire a sistema) tutto questo, con orgoglio e pazienza.
Proprio nel centro storico, agli inizi della stagione estiva, Elena Mazza porta a conclusione il suo progetto di agrilocanda con pizzeria: già dal nome, En Gioi, una cucina che lavora per il piacere del cliente, ma anche per il suo benessere. Il faro, infatti, è quello della Dieta Mediterranea: frutta, verdura, pane, pasta, pizza, olio extravergine di oliva.
Le idee, come il menu, sono chiare e precise: lavorare con i prodotti della terra, quelli che offre la stagione, da quelli coltivati a quelli spontanei. Il marito, Nicola Di Matteo, l’aiuta nella spesa (ma anche nel raccolto delle pere selvatiche, delle erbette di montagna o delle more), mentre in cucina Elena si avvale dell’aiuto della cognata Silvana.
Piatti semplici e casalinghi, fuor di retorica: si friggono in pastella i fiori di zucca, oppure i ruospi (rospi), cioè frittelle di pasta di pizza con le acciughe. Si aggiungono al tagliere del salumificio locale, insieme alla tipica mozzarella nella mortella e l’antipasto è servito. Sapori autentici, accoglienza schietta.
Tra i primi piatti non avete che l’imbarazzo della scelta tra la pasta fresca fatta a mano: dai ravioli di ricotta, giganteschi e buonissimi, conditi con una salsa di pomodorini dell’orto e tanto basilico profumato (tantissimo, molto amato da Elena che lo usa anche come centro tavola); oppure, immancabili, i fusilli al ragù cilentano, serviti con sopra la braciola al sugo, in una zuppiera al centro del tavolo, secolare simbolo di condivisione.
E, ancora, polpette al sugo, melanzane alla cilentana oppure, di sera, da provare la loro pizza alla pala, lievitata 36 ore, farcita in maniera classica o con gli ingredienti che passano le stagioni, dagli orti delle campagne vicine.
La raccomandazione è di lasciare spazio per i dolci di Elena: dalla sua interpretazione della torta ‘ricotta e pere’, fatta con pere selvatiche e fico bianco del Cilento oppure quella con le more appena raccolte da Nicola.
Sala con arredi di grande semplicità e servizio familiare in senso vero e profondo, con un’atmosfera conviviale che da sola vale l’esperienza.
Berrete vino della casa o etichettato, in entrambi i casi cilentano. Un posto dove si sta bene e, come esorta a fare il gioco di parole del nome, ci si gode davvero la cucina del Cilento.
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