di Cristina Mosca
Si ispira alla pasticceria francese e va matto per il duemila foglie di Pierre Hermé l’abruzzese che si è classificato secondo alla XII Coppa del Mondo di Pasticceria lo scorso 23 gennaio a Lione, in Francia. Dopo un anno di allenamento, il trentenne originario di San Valentino in Abruzzo citeriore, e da cinque anni fiore all’occhiello della pasticceria Pannamore di Vasto, si è aggiudicato il titolo di vicecampione del mondo insieme alla squadra nazionale italiana composta da Domenico Longo di Reggio Calabria (che si è esibito con una scultura di ghiaccio) e Davide Comaschi di Milano (che ha modellato il cioccolato), coadiuvati dal direttore tecnico Alessandro Dalmasso e dall’allenatore Luigi Biasetto.
Per la competizione gli italiani hanno proposto il tema del “Bosco incantato” rappresentando le creature dei boschi e affidando alle forme artistiche delle sculture di ghiaccio, cioccolato e zucchero una simpatica presenza di fate, gnomi, farfalle multicolori, piccoli funghi e lumache. Emmanuele Forcone ha presentato una vera e propria scultura di zucchero, “Ninfa”, realizzata coniugando il cioccolato, uno dei suoi ingredienti preferiti, ai sapori esotici.
Di fatto questo pasticcere abruzzese che, come nei sogni dei bambini, profuma alla vaniglia, non è nuovo alle vittorie: è dal 2003 che colleziona successi, da quando cioè vinse il Campionato Italiano di Pasticceria Juniores al Sigep di Rimini con la torta noisette (tanto che il dolce, anche in monoporzione, è ancora uno dei cavalli di battaglia di Pannamore). Nel 2005 ha vinto il campionato mondiale di pasticceria seniores, sempre al Sigep; nel 2007 ha fatto parte della squadra nazionale italiana che si è classificata terza alla “Coupe du Monde de la Patisserie 2007”, dal 2009 è membro dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani e nel 2010 ha doppiato il successo al Sigep, guadagnandosi di diritto l’accesso al campionato mondiale di Lione.
«Mi piace la creatività estrema che la pasticceria moderna permette – spiega Emmanuele – mi piace misurarmi con la mia golosità e con il mio perfezionismo, che mi spingono a tentare sempre qualcosa di nuovo e ad andare “oltre”.
Mi piace la ricerca, che oggi è finalizzata a creare un dolce molto minimalista, che punti molto di più sul suo contenuto e molto di meno sulla sua apparenza.
Un pasticcere oggi deve essere a metà strada tra un tecnico e un artista, anche se l’ago della bilancia dovrebbe pendere di più verso il tecnico, soprattutto ora il pubblico è più esigente.
La tecnica deve permettere ad un pasticcere di crearsi uno stile, un marchio, che lo renda riconoscibile. Oltre a saper applicare la sua tenacia e la sua passione, un pasticcere deve anche essere ricettivo e imparare a fare propria una piccola parte di quello che lo colpisce del lavoro degli altri, sviluppandola poi con creatività. Credo nella promessa di offrire una qualità estrema al proprio pubblico, a partire dalla materia prima al packaging: persino la targhettina su una monoporzione ha un suo perché. La facciamo venire dalla Francia».
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