Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’opinione di un piccolo produttore sannita che non si fa scudo dell’anonimato per esprimere il suo punto di vista.
In merito al Bando per le aziende vitivinicole sulla partecipazione della Campania al Vinitaly 2009
di Raffaello Annichiarico*
Scrivo in merito al bando di concorso all’Assessorato all’Agricoltura e alle Attività produttive della Regione Campania e Unioncamere Campania, per la partecipazione al Vinitaly 2009. Tale bando prevede una serie di condizioni per la partecipazione delle aziende del comparto vitivinicolo.
Prima condizione. La produzione venduta deve essere di almeno 15.000 mila bottiglie nel solo anno 2008.
Seconda condizione. Che sia citata nelle guide con allegato elenco guide e punteggio relativo.
Terza condizione. «punteggio» a secondo del fatturato nazionale e estero.
Quarta condizione. Pagamento di 2000 euro + Iva.
Sono sconcertato dall’idea che sia tutto orientato a favorire delle grandi aziende e che si crei un contesto dove i piccoli sono automaticamente fuori. 15.000 mila bottiglie (prima condizione) non sono certo un numero grande, ma spesso ci sono piccole realtà: 10.000, 12.000 ma anche 20.000 bottiglie (che forse nello stesso anno non vendono tutto), che sono realtà che devono assolutamente essere salvaguardate e anzi spinte e aiutate dalle istituzioni a farsi conoscere (non ostacolate), ma anche produzioni più grandi che sono agli inizi e pensano di farsi conoscere utilizzando il Vinitaly.
Le guide (seconda condizione). Questione molto soggettiva c’è chi non invia proprio i vini, c’è chi l’invia solo ad alcune etc.. La mia prima esperienza con una delle guide fu che quando portai il vino mi trovai in piena degustazione, con vini assolutamente non coperti (etichetta visibile), cosa che trovo non corretta anche per il solo fatto che la grafica (per non parlare del nome dell’azienda), può in qualche modo influenzare il giudizio dei degustatori (su questo poi ci sono varie pendenze anche legali). Può anche farmi piacere avere pareri sul vino di gente che non conosci (anzi lo ritengo importante) ma altra cosa sono i voti ………..invenzione americana che ha influenzato il mercato mondiale (anche noi “vecchio continente”) notevolmente. Quello che lascia più perplessi non è tanto l’influenza sul mercato, ma soprattutto l’influenza americana sul gusto giudicato giusto..
Sul fatturato (terza condizione) mi sembra ci sia poco da dire: il punteggio favorisce i grandi in modo eclatante. Anche la quarta condizione, l’iscrizione che non è cosa da poco per un piccolo produttore, a differenza di una grande produzione.
Siamo un territorio fatto storicamente di tante piccole produzioni che portano in se complessità, profondità, ricchezza della terra e dei piccoli territori (cioè diversità) soprattutto nell’agroindustriale, i piccoli produttori hanno salvaguardato la tipicità. Sono queste, il grande “valore aggiunto” del territorio Campano, ma anche di tutte le produzioni del made in Italy; diversità che forse deve uscire, deve essere spiegata, raccontata, approfondita, non occultata, ostacolata (es. i finanziamenti vanno su questa linea: è più facile per un grande che per un piccolo ottenerli). Un produttore in Campania (direi in Italia in genere) che produce 2000 pezzi di un determinato prodotto è una ricchezza, perché è il nostro territorio che permette ciò e va interpretato in questo senso. La produzione di prodotti ottenuti da piccoli appezzamenti di terreno, piccole vigne dove c’è un terreno particolare, dove c’è un microclima differente, dove c’è un esposizione diversa, dove c’è una microfauna e microflora differente, dove ci sono delle antiche varietà che sono salvaguardate e il cui prezioso patrimonio genetico non viene perso. La storia dell’agricoltura Campana è fatta di tantissime piccole realtà non solo nel vino, ma nella produzione di formaggi che provengono da piccoli pascoli, in piccole produzioni di olio etc.. La diversità e le minoranze, con la sua conseguente frammentazione, non sono cose da combattere, ma la loro tutela è sempre un segno di civiltà . Immaginiamo i due estremi: da un lato tante piccole realtà (se non piccolissime) che producono tanti prodotti differenti anche relativi ad uno stesso piccolo territorio; dall’altro una sola realtà che rappresenti la Campania o semmai quattro, una per provincia (per avere un minimo di diversità), quale scieremmo ? La nostra ricchezza, è l’estrema diversità che è un pregio inestimabile.
La grande industria (e in Italia già da molto tempo) e la finanza (creativa e non) ad essa collegata, hanno condizionato il mercato per grandi e piccoli e oggi, possiamo dirlo, hanno realizzato un modello fortemente negativo (sono i piccoli che sono rimasti e continuano “da soli” a preservare il nostro patrimonio storico e culturale, tra mille difficoltà e problematiche).
Abbiamo, forse, una possibilità quella di trovare un “modello culturale” differente basato sulla terra, sull’uomo, sulla pazienza di ottenere risultati, sul lavoro vero, sulla sensibilità, sull’attenzione all’altro e al mondo che ci circonda; è sicuramente un lavoro faticoso ma l’unica strada percorribile. Ma forse anche noi, in Italia, non sentendo nessuna voce in questo senso, e non vedendo nesun tipo di spiraglio dobiamo sperare in Obama?
*Podere Veneri Vecchio, Castelvenere
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