di Floriana Barone
A Roma la pizza di Edoardo Papa non ha paragoni: è un piatto su cui adagiare ricette di alta cucina. Dietro ai fornelli da oltre trent’anni, Edoardo studia e cura ogni aspetto della ristorazione: dalla selezione dei produttori al servizio in sala. E, soprattutto, nel suo lavoro, non scende mai a compromessi.
A chi lo accusa di avere prezzi troppo alti, Edoardo Papa risponde sottolineando l’assoluta qualità delle materie prime utilizzate e ricordando che, alla fine, “l’importante non è quanto si paga, ma quanto ci si emoziona davanti ad un piatto ben fatto”.
Anche quest’anno In Fucina ha raggiunto importanti traguardi, aggiudicandosi la 30° posizione nella Guida 50 Top Pizza e, poche settimane fa, un’altra conferma: i Tre Spicchi del Gambero Rosso.
In Fucina è “un ristorante che ama la pizza”. Questa filosofia è stata compresa dalla clientela romana?
Roma è una città particolare: è molto difficile affermare la qualità senza essere criticati per i prezzi, se poi parliamo di una “pizzeria” lo è ancora di più. Ciò nonostante, il nostro lavoro contempla una sola frase: qualità senza compromessi.
Che tipo di farina utilizzate?
Tutte farine italiane biologiche macinate a pietra di tipo 2, tipo 1 integrali e semintegrali di piccoli mulini artigianali. Cambio molto spesso le farine che uso e non lo strombazzo ai quattro venti: in questo periodo sto usando tutte farine siciliane.
Come descriverebbe la sua pizza?
Un piatto sul quale adagiare le ricette di alta cucina, visto che noi italiani siamo abituati a mangiare quasi tutto con il pane e la pizza lo sostituisce in modo straordinario.
Uno dei punti di forza del suo locale è da sempre l’accoglienza in sala. Cosa rende questa ospitalità così speciale?
Una serie di fattori, tutti complementari l’uno all’altro: l’arredamento del locale, i colori delle pareti, i tavoli eleganti in legno massello di varie essenze realizzati da un falegname artigiano bravissimo, la mise en place con posate “La Tavola”, i bicchieri di cristallo, la distanza fra i tavoli, per un totale di 48 coperti dentro e 30 fuori in giardino.
La carta delle bevande, inoltre, è di 8 pagine, di cui 7,5 dedicate al vino (tutte piccole realtà italiane, francesi, tedesche, austriache, slovene, spagnole etc) e mezza pagina alle birre con l’obiettivo di affermare sempre di più che questi piatti sono da abbinare con il vino.
L’elemento più importante è ovviamente mia moglie Emanuela, senza la quale non starei qui a raccontarmi: una donna con una capacità mnemonica impressionante. Emanuela ricorda ogni cosa, anche a distanza di molto tempo, caratteristica fondamentale nell’ambito ristorativo.
Poi c’è la parte professionale: la presenza di Luca Cuozzo in sala: insieme a lui e al personale di cucina e pizzeria ogni settimana organizziamo una riunione di aggiornamento sulle tematiche relative alla sala, conoscenza dei prodotti, studio del menu e training comportamentale etc. Insomma, nulla è lasciato al caso.
Spesso lei parla di In Fucina come di una “rivoluzione del mondo della pizza”. Cosa risponde a chi giudica il suo ristorante eccessivamente caro?
La rivoluzione è iniziata con Simone Padoan più di 15 anni fa ed è proseguita con me, fino a quando nel 2013 siamo stati premiati entrambi dal Gambero Rosso come le migliori pizzerie italiane (insieme a Franco Pepe e Stefano Callegari). Da quell’anno è nata la “pizzeria gourmet”, con uno scopiazzamento generale che ha portato alla situazione attuale dove non esiste una pizzeria che non abbia la parola “gourmet” nel suo menu, propinandoci le stesse “ciofeche inenarrabili” di prima, ma vestite e presentate in modo diverso e più accattivante e, soprattutto, più “care”, così da ingannare il cliente per indurlo a credere che si stia mangiando qualcosa di più buono e migliore. Ma la realtà non è questa, la realtà è ben altro e voi lo sapete bene.
In merito all’accusa che il nostro ristorante sia caro, tutto è relativo. Una cosa è certa la qualità della nostra materia prima è assoluta e non si può certo dire che sia cara: è sicuramente “costosa”. Quanti ristoranti cambiano menu anche due o tre volte a settimana e possono permettersi di avere questi prezzi “bassi” come noi, usando ad esempio pesce fresco (ho una barca che esce la mattina e torna nel primo pomeriggio, portando pesce del Tirreno appena pescato), allora ne riparliamo. Una provocazione sul prezzo: prendiamo una mia pizza che costa 30€. Se la dividiamo in 6 spicchi, il costo a spicchio è di 5€: quando si va in autostrada e si mangia in autogrill quei “meravigliosi” panini o quei triangoli di pizza surgelata e riscaldata a “quei prezzi” nessuno si scandalizza.
L’importante non è quanto si paga, ma quanto ci si emoziona davanti ad un piatto ben fatto, pieno di profumi e sapori, in quel caso non si pensa al prezzo ma quanto siamo stati bene. Purtroppo a Roma, la città più bella del mondo, la cultura del cibo non è tra i primi pensieri per una sana e buona alimentazione, ma, più grossolanamente, una questione di “prezzo”.
A suo parere, quali caratteristiche dovrebbe avere oggi una pizzeria per essere di buon livello in Italia?
Bisogna sdoganare il concetto che la pizzeria sia una tipologia di locale di serie B, ma ne dobbiamo fare di strada se continuiamo ad incensare chi ha mantenuto questa caratteristica per oltre cent’anni e che guarda con perplessità e cecità tutto il bene e bello che noi, pochissimi chef-pizzaioli italiani, abbiamo fatto negli ultimi anni.
In Fucina – Il ristorante che ama la pizza
Via Giuseppe Lunati, 27 – Roma
Tel. 06/5593368
Aperti dal martedì alla domenica
dalle 19.45 alle 23.00
Lunedì chiusi per riposo settimanale
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